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mercoledì 13 aprile 2016

Educare a pensare

EDUCARE A PENSARE


Educare i propri figli non è facile, e ancora più difficile è insegnare loro a pensare. Entrambi questi insegnamenti implicano sforzo e dedizione e, nella maggior parte dei casi, a noi non è stato insegnato fin da piccoli, il che significa che ora non sappiamo come trasmettere questi valori ai nostri figli.
Per insegnare loro a pensare, la prima cosa da prendere in considerazione è il fatto che i nostri figli sono in grado di farlo poiché, nonostante la loro tenera età, hanno l’abilità di sviluppare una logica propria, un proprio ragionamento e delle strategie, che sono tanto utili nella vita quanto l’imparare a prendere le proprie decisioni.

 

Ubbidire non è educativo

Diversamente da ciò che siamo abituati a sentire, ubbidire non serve ad educare o ad insegnare, ma è utile solo a stabilire un legame di sottomissione e ad assicurarsi che tutto sia sotto il proprio controllo quando i più piccoli ci ubbidiscono.

Ubbidire si può usare con un animale, poiché non pensa, e il suo addestramento si basa sull’ubbidire in cambio di un premio o di un riconoscimento.
Tuttavia, i bambini, come esseri umani, anche se sono piccoli, hanno la facoltà di pensare, di capire e di ragionare e, ovviamente, hanno il diritto di essere se stessi, con le proprie idee, convinzioni e ragionamenti, anche quando noi non siamo d’accordo con loro.

“L’educazione consiste nell’aiutare un bambino a rendere reali i propri talenti”
-Erich Fromm-

La difficoltà di ubbidire senza sottomettere

Se assumiamo il punto di vista dell’educatore adulto, è normale che sia molto più difficile educare i bambini senza richiedere loro di essere ubbidienti, ma facendolo attraverso il rispetto, insegnando loro a pensare e valorizzandoli.
Durante l’infanzia, abbiamo la capacità di assorbire tutto ciò che ci circonda, sviluppando così un’idea del mondo che viene adattata alla nostra età. Ciò significa che,se insegniamo ai bambini a ubbidire e a rimanere all’interno di certe restrizioni, è normale che, anche con un bambino disubbidiente, per l’adulto il compito da educatore sia abbastanza facile, poiché potrà gestire queste situazioni con autorità, imponendosi, mettendo paura e facendo uso di punizioni. Tuttavia, in questo modo, il messaggio che arriva al bambino è di non essere importante per il mondo, il che sarà poi fonte di insicurezze.
Ciò significa che, senza dubbio, l’educazione diventa complicata quando vogliamo insegnare ai più piccoli a pensare, a capire, a trarre le proprie conclusioni e a riflettere.

 

Dedizione, tempo e motivazione

Insegnare a pensare richiede dedizione, tempo, pazienza e sapere come fare, facendo uso delle strategie giuste. Per questo, è necessario un atteggiamento riflessivo, rispettoso e che nasca dall’amore, perché l’impegno porti a risultati soddisfacenti.
Senza dubbio, raggiungere quei risultati significa permettere al bambino di crescere in salute dal punto di vista emotivo, sentendosi amato, rispettato e ascoltato. Crescerà, quindi, forte e sicuro di sé, pronto ad affrontare, una volta adulto, le avversità della vita, sapendo come riflettere su questioni diverse e come prendere le decisioni migliori.

Come si insegna a pensare?

Per insegnare a pensare, è importante adottare una serie di strategie a livello educativoche, giorno dopo giorno, permetteranno al piccolo di crescere, definendo se stesso di fronte alla vita e di fronte a noi, imparando e capendo il mondo e ciò che è meglio per lui e per la strada che dovrà percorrere, potendo contare sempre sul nostro amore, sul nostro sostegno e sulla nostra vicinanza. Ecco quali sono queste strategie:
·        Prima di tutto, bisogna dimostrare e spiegare al bambino che è la persona più importante della nostra vita, donandogli l’affetto, l’amore e il riconoscimento che si merita in questo momento in cui sta superando se stesso, sta imparando e sta crescendo.
·        Bisogna dargli la possibilità di trovare la sua strada, ovvero non dargli tutto già fatto, risolto o finito. Con il sostegno e il nostro aiuto, dobbiamo permettergli di fare le cose da solo, anche se corre il rischio di sbagliare e anche se dovrà correggersi più tardi.
·        La comunicazione e il linguaggio sono fondamentali, e parliamo sia di quello verbale sia di quello corporeo e di quello emotivo. È molto importante parlagli in modo chiaro, semplice e affettuoso.
·        Di fronte ai suoi ragionamenti e alle sue piccole decisioni, bisogna ascoltare, spiegargli le conseguenze che avranno e, in alcuni casi, lasciare che le viva da solo, così che possa trarre le proprie riflessioni e i propri apprendimenti dalle sue esperienze.
·        Bisogna spronarlo, essere positivi quando raggiunge piccoli traguardi e scoperte, e motivarlo a imparare ciò che, come adulti, consideriamo importante; per esempio, abitudini d’igiene personale, studi, comportamenti, ecc…
È importante giungere a degli accordi, a delle conseguenze concordi, in modo che, a partire dalla comunicazione, dalla comprensione e dalla negoziazione, i bambini facciano parte delle decisioni, delle regole e dei valori che vogliamo insegnare loro e, in generale, della loro vita, riflettendo da soli su cosa li spinge ad andare avanti e cosa li rende felici.

“Non nascondete ai vostri figli le difficoltà della vita, piuttosto insegnate loro a superarle”.
-Louis Pasteur-

In questo modo, i nostri figli cresceranno sani a livello emotivo, sicuri di sé e capaci di prendere le proprie decisioni.

Fonte: www.lamenteemeravigliosa.it
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