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mercoledì 17 ottobre 2018

6 ingredienti fondamentali per formare un “uomo”: l'autocontrollo

I 6 ingredienti fondamentali per formare un “uomo”

5 L'autocontrollo

Il nome moderno della temperanza

L'arte di avere cura di se stessi e degli altri.

Un tempo, questa essenziale qualità umana si chiamava “temperanza”. Un nome triste, che richiama alla mente altri verbi sgradevoli: rinunciare, mortificarsi, castigare tutti i desideri.
In realtà temperanza significa invece l'inebriante gioia di essere padroni di se stessi. È l'equilibrio, la saggezza pratica, la libertà autentica, che non va oltre i limiti, ma li rispetta. È l'arte di avere cura di se stessi e degli altri.

È forse la virtù più difficile in questo mondo che premia l'esagerazione. Lo spreco e l'eccesso hanno causato al pianeta problemi analoghi a quelli di un individuo, le cui abitudini sono eccessive e smodate. I risultati tangibili sono malattie, esaurimento delle risorse e povertà, egocentrismo, avidità e divisioni. La vecchia virtù della temperanza si rivela invece un baluardo contro la marea del comprare, possedere e sprecare che caratterizza le nostre società sviluppate.

La nostra società soffre di più per il troppo mangiare, correre, agitarsi che per la mancanza di qualcosa di vitale. La temperanza è una forza contro avarizia, lussuria, gola e accidia; direi anche contro la rabbia e l'orgoglio. È come una guida saggia che mette a tacere le voci strepitanti che chiedono tutto ciò che è eccessivo e superfluo, ed è una guida affidabile alle buone maniere spirituali.
C'è un luogo in cui è sempre più urgente imparare l'autocontrollo: la famiglia.

In famiglia
Nella maggioranza delle famiglie, si litiga sempre per gli stessi motivi, trasformando la vita familiare in un fragile armistizio tra un litigio e l'altro.
• È così facile farsi trascinare quotidianamente in conflitti familiari!
• Perché? Semplice, è sempre difficile amare.
Il rischio è che tutta l'impostazione familiare finisca per essere basata sulla legge del più forte. Una grande percentuale di persone è ancora convinta che le sberle siano una punizione accettabile. Dicono: «I miei genitori mi hanno dato qualche schiaffo e ha funzionato benissimo». La sculacciata è un sistema che serve a scaricare le frustrazioni e la rabbia, mascherando il fatto che i genitori non riescono ad affrontare la situazione. Dopo tutto non è difficile picchiare un bambino. È molto più difficile spiegargli le cose...

Autocontrollo per grandi e piccoli
1. Addomesticare la collera.
Ecco alcune tecniche che permettono di identificare la propria collera e reagire senza peggiorare la situazione. La prima è riconoscere e dare un nome ai sentimenti di rabbia, utilissima per l'alfabetizzazione emotiva. Anche i bambini comprendono espressioni come “ribollire di rabbia”, “sto per scoppiare”, “sono esploso”. Quando il bambino è consapevole di essere arrabbiato, ha la possibilità di farlo sapere agli altri. I genitori hanno difficoltà a comprendere che l'ira in qualche modo non può essere completamente repressa. La seconda è concentrarsi sulle cause della rabbia e non sulla rabbia. L'ira è come una di quelle spie intermittenti sul cruscotto dell'automobile che ci avvertono che qualcosa ha bisogno di particolare attenzione. L'esplosione rabbiosa è il sintomo, non la malattia. È essenziale eliminare le cause ma anche agire sui sintomi, soprattutto per far capire che la rabbia non è mai una soluzione, ma che di solito peggiora la situazione.

2. Fermarsi. Purtroppo la causa più comune è che la rabbia si prende come il morbillo: per i virus che circolano nell'ambiente dove si vive. E il nostro è un mondo di arrabbiati. Vivere in un'atmosfera aggressiva fa sentire i bambini vulnerabili. Perdiamo la calma e spesso siamo più nervosi proprio quando la famiglia si riunisce la sera, stanca e affamata. Altre cause comuni sono le ingiustizie, le frustrazioni, gli insuccessi, le vergogne, le umiliazioni, i sentimenti feriti.
Per fermare l'aggressore interrompendone il comportamento con decisione e fermezza è bene stabilire alcune regole ferree:
• «Usare le parole, non le mani».
• Le prime volte si possono aiutare i bambini con delle domande: Sei arrabbiato con qualcuno? Ti senti così perché non vuoi fare qualcosa? Come ti senti? Trattato ingiustamente? Triste?
• Esporre con energia i principi che si vogliono insegnare, anche se il bambino li conosce già: «Non si devono picchiare gli altri». «Dobbiamo trattare gli altri nello stesso modo in cui vogliamo che gli altri trattino noi».

3. Perdonarsi. Quando torna la calma si deve aiutare il bambino a esaminare ciò che è accaduto, che cosa è andato storto. Come si può evitare che la stessa cosa si ripeta in futuro? Aiutatelo a comprendere la propria responsabilità e a credere nella sua capacità di controllarsi, dicendogli che siete convinti che ce la farà. Stabilite delle conseguenze adatte al “reato”, ma costruite un clima di perdono: accettare le scuse del bambino è un modo per ridargli la convinzione nella sua “bontà”.

4. La lotta per l'autocontrollo. Si tratta di una lotta, e la forza di volontà è un muscolo: si può potenziare con l'esercizio quotidiano. Si tratta quindi di insegnare ai bambini le “buone abitudini”, quelle del tipo «conta fino a venti prima di arrabbiarti, non si mangia fuori pasto, alle ventuno si va a dormire, ecc.».
• Costruire un'architettura della scelta. Questo dipende dalla “visione”: l'autocontrollo consiste nel riuscire a guardare oltre l'oggi, a rinviare, se necessario, la gratificazione istantanea per perseguire la realizzazione di obiettivi più importanti.

Autore: B.F.
Fonte:www.biesseonline.sdb.org

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