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mercoledì 10 ottobre 2018

6 ingredienti fondamentali per formare un “uomo”: la responsabilità

I 6 ingredienti fondamentali per formare un “uomo”

Con il primo ingrediente, la saggezza, abbiamo guardato in faccia il “punto di partenza”. Questa umile rubrica proporrà sei obiettivi essenziali (uno per puntata: La saggezza, Il coraggio, L'amore, La responsabilità, La temperanza, La trascendenza), a loro volta suddivisi in tante altre “potenzialità”, da educare.

4 La responsabilità

Come succede nella scuola-guida, quando l'allievo è pronto, l'istruttore gli deve cedere il volante e lasciare che prenda il controllo della propria vita.

Educare la responsabilità è la vera sfida educativa del secolo. Un sociologo da tutti citato definisce “liquida” la nostra società. Sono tentato di aggiungere “e anche un po' paludosa”. Sappiamo tutti che un fiume senza argini diventa una palude. Parlare di educazione della responsabilità significa parlare di “argini”, o anche delle “impalcature” necessarie per costruire una vita bella, utile, orientata e forte.

Gli Indiani Cherokee del Nord America hanno un magnifico “rito” per significare il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
Quando un ragazzo compie gli anni prescritti per dimostrarsi adulto, il padre lo porta nel folto della foresta e gli benda strettamente gli occhi, poi lo lascia da solo seduto su un tronco.
Il ragazzo deve stare sul tronco tutta la notte e non togliersi la benda fino al mattino. Non può chiedere aiuto a nessuno. Se resiste, al sorgere del sole sarà proclamato uomo.
Di solito, la notte è paurosa: ci sono rumori strani, sibili e scricchiolii, animali che strisciano, lupi che ululano, fruscii e grugniti, combattimenti feroci tra i cespugli.
Il ragazzo è armato solo del suo coraggio. Stringe i pugni e resiste, seduto sul tronco, con il cuore che batte all'impazzata.
Finalmente, dopo quella notte orribile, il sole appare e il ragazzo si toglie la benda.
Allora scopre suo padre poco lontano, seduto su un tronco accanto al suo.
Il padre non se n'è andato, è rimasto tutta la notte in silenzio, per proteggere il figlio da ogni possibile pericolo, senza che il ragazzo potesse accorgersene.

Ecco alcune semplici considerazioni:
Il punto di partenza è essere responsabili di se stessi. Troppi adulti tra i venti e i quarant'anni non sono veramente in grado di prendersi la responsabilità della propria vita. La maggioranza dei conflitti tra figli e adulti, come tra gli adulti stessi, si sviluppa in modo distruttivo proprio perché le parti non sono capaci, o non vogliono, prendersi la responsabilità di se stessi e sprecano energie incolpandosi l'un l'altro.

Esistono due forme di responsabilità:
• La responsabilità sociale è quella che abbiamo l'uno verso l'altro: in famiglia, nelle comunità, nella società e nel mondo. È una qualità che permette alla società o a gruppi costituiti da un certo numero di persone di funzionare correttamente. La responsabilità sociale si può imparare solo dai genitori e dagli insegnanti.
• La responsabilità personale è quella che ciascuno di noi ha per la propria vita, per la propria salute e lo sviluppo fisico, psicologico e mentale. I figli devono vivere con adulti che salvaguardino la loro integrità personale e intervengano quando i figli dimostrano comportamenti autodistruttivi. 

L'intervento dei genitori deve essere fatto in modo da assicurare ai figli lo sviluppo di una sana autostima e un alto grado di autonomia.

I genitori devono abbandonare il “risponditore automatico”, lo strumento che, appena i figli sono a portata di orecchio, attacca con i soliti commenti educativi, di aiuto o di consiglio. È evidente che la maggior parte dei figli già all'età di tre anni smette di ascoltare la macchina parlante. Il messaggio sottostante è distruttivo: «Tu non sei in grado di funzionare come un figlio decente, responsabile, beneducato e collaborativo se io non ti metto in testa ogni minuto quello che devi fare!». E quanto più il nastro lo ripete, tanto più il messaggio viene registrato.

I genitori devono esprimere chiaramente “quello che pensano” ed aiutare i figli a fare altrettanto. Ricordandosi sempre che i bambini hanno il diritto di essere bambini.
Per esempio, il perenne conflitto “svegliarsi in tempo al mattino” dovrebbe essere risolto con un discorso affettuoso ma fermo del tipo: «Ascoltate, ragazzi. Quando eravate più piccoli, ci piaceva svegliarvi la mattina, dato che la responsabilità che vi preparaste per la scuola era nostra. Ma ora pensiamo che non sia più necessario, anche perché con questa storia finisce che bisticciamo quasi ogni giorno. Quindi abbiamo deciso di lasciare a voi questa responsabilità. Se poi vi capiterà troppo spesso di andare a letto tardi, e avrete paura di non sentire la sveglia, basta che ce lo diciate e vedremo di aiutarvi. A parte questo, d'ora in poi dovrete pensare voi ad alzarvi ogni mattina».
I bambini sanno quello che vogliono, ma non sanno quello che è necessario per loro. I figli che ricevono tutto quello che vogliono non sono amati, ma trascurati.

Se i bambini hanno tutto quello che chiedono o devono solo “ubbidire” non saranno mai responsabili. L'ubbidienza pura e semplice non è la responsabilità! Responsabilità significa passare dall'essere controllati dall'esterno a un controllo interiore. Un bambino semplicemente ubbidiente si abitua ad una forma di controllo esterno. Questo può danneggiare la sua autostima e lo sviluppo della sua responsabilità personale e genera sensazioni di isolamento, inferiorità o vergogna. Con il tempo si metterà in qualche compagnia che assumerà potere su di lui come hanno fatto i suoi genitori: «Se fai come noi, sei dei nostri, altrimenti sei fuori!»

I genitori devono dimostrare, non insegnare. A questo scopo devono modificare e rendere più autentico il loro modo di essere.

I figli devono avere qualche “dovere” e qualche compito pratico in casa. Negli ultimi dieci o quindici anni è aumentato il numero di genitori che invece di chiedere ai figli di fare qualcosa, li servono docilmente. Sono nati così quelli che vengono chiamati “i piccoli tiranni”. I genitori dovrebbero definire la situazione all'incirca in questi termini: «Siamo tutti sulla stessa barca e l'equipaggio è composto da quattro membri. Su questa barca tutti sono bene accetti. Ma non abbiamo nessuna intenzione di tenere a bordo un clandestino».

I ragazzi che vivono in casa devono sapere esattamente cosa ci si aspetta da loro. E i genitori devono continuare a tenere saldamente in mano la guida della famiglia.
Autore: B.F.
Fonte:www.biesseonline.sdb.org

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