Paidos Onlus

Paidos Onlus
Paidos Onlus dalla parte dei bambini,SEMPRE

martedì 30 aprile 2019

E' giusto parlare della morte ai bambini?

E’ GIUSTO PARLARE DELLA MORTE AI BAMBINI?

Oggi non si 'muore' più, oggi si 'scompare', si 'viene a mancare', ci 'si spegne', si 'passa dal letto al cielo'... 
Oggi si può dire tutto, tranne 'è morto'. La parola 'morte' disturba. No, così non va!

Don Bosco aveva inventato un bell'esercizio per i suoi ragazzi: una giornata di riflessione, di gioco e di festa chiamata “Esercizio della Buona Morte”. Era un momento molto bello in cui i ragazzi pensavano soprattutto alla vita! 
Le domande sulla morte e il lutto, su Dio e il Paradiso sono normali per i bambini. Gli adulti spesso hanno difficoltà a rispondere perché quelle domande toccano temi repressi, negati. Quanto più la morte è cancellata dalla quotidianità, dalla vita degli adulti, quanto più questi si sentono impotenti di fronte a tali esperienze limite, tanto più i bambini si sentono lasciati soli, nelle esperienze che li opprimono, dalle persone di riferimento più vicine. Avvertono la mancanza di sostegno e orientamento. E poi le domande dei bambini sulla morte non riguardano soltanto la fine. I loro interrogativi contengono anche dei desideri; il desiderio di risposte a domande fondamentali circa il senso della vita. 
La parola morte è tra le più intelligenti del vocabolario. Porta in sé due pensieri che toccano il vertice della saggezza. 

Il primo pensiero che ci arriva alla mente riflettendo sulla morte è quello del crollo di tutte le montature. 
• Prima di tutto la montatura di chi imposta la sua via esclusivamente sulla carriera. 
Il pensiero della morte ci fa ridere della feroce serietà con cui alcuni si attaccano alla propria posizione. Anche senza di noi, il mondo va avanti benissimo! Eppure i cimiteri sono pieni di persone che si ritenevano indispensabili! È vero che le persone non sono intercambiabili, ma i ruoli sì. Il pensiero della morte ce lo ricorda: è il suo primo grande servizio di igiene mentale. 
• La seconda montatura che crolla davanti al pensiero della morte è l'impostazione della vita sulla fama. Facciamo un ragionamento quasi banale, tanto è ovvio. Tra qualche anno moriremo. Passerà un po' di tempo e moriranno pure i nostri compagni, gli abitanti del paese, della città, della regione. Chi si ricorderà ancora di noi? 
Perché, dunque, far ruotare la vita sugli altri, su quello che possono dire o pensare di noi? 
Ecco: il pensiero della morte mi affranca dall'opinione. Passa il giudizio degli altri, passa il loro ricordo, passa la fama: solo la mia coscienza non passa. Solo di essa è da intelligente interessarmi. 
• La terza montatura che crolla davanti a tale pensiero è l'impostazione della vita sulla ricchezza, sull'“avere”. Ha senso vivere per diventare l'uomo più ricco del cimitero? Se vi è cosa perfettamente inutile negli abiti dei defunti sono le tasche!

Tutti più buoni 
Il pensiero della morte è positivo per una seconda ragione: perché ci fa diventare tutti più buoni! 
È impossibile parlare della morte senza parlare di Dio. 
Quando arriva il pensiero della morte, anche il più satanico aguzzino davanti al quale tremò tutta la terra, si ferma e medita. Il pensiero della morte impedisce d'esser distratti, ci concentra; fa entrare in noi stessi, crea silenzio e ci spinge a guardare in alto. 
Dicono che, quando gli esseri umani si trovino appesi alla vita per un filo, sentano scaturire in fondo al cuore la volontà di «agire per gli altri». È la volontà di compiere la «missione» di realizzare la felicità di tutti, senza preoccuparsi dei propri desideri. 
Quando al signor Son, fondatore di un impero bancario mondiale, fu annunciato che gli sarebbero rimasti 5 anni di vita, capì qual era lo «scopo della sua vita»: avrebbe, cioè, voluto vivere non per ottenere fama, né ricchezza, bensì per far sorridere le persone a lui care. 
Esiste un istinto particolare che è tipicamente umano: quello di «essere felici rendendo felici gli altri». 
Ciascuno di noi è costretto a rispondere ad alcune domande: Di recente, per che cosa sei stato ringraziato? Ti è stato detto «grazie»? La tua vita, finora, ha reso felici gli altri? C'è qualcuno che è felice grazie a te? Qual è la cosa più importante per te? Perché allora non la fai? Chi vorresti far sorridere? Quando ti si accende il cuore al pensiero di far sorridere qualcuno, a chi stai pensando? Quale tipo di felicità, per quante sono le tue possibilità, saresti in grado di far provare agli altri?

HANNO DETTO 
• “Bisogna parlare della morte ai piccoli, certo. Se qualcuno della famiglia muore, è importante non privare mai il bambino della notizia di questa morte. Non dirglielo vuol dire trattarlo come un gatto o un cane, escluderlo dalla comunità degli esseri parlanti”. (Françoise Dolto, psicanalista) 
• “Non sono d'accordo con chi pensa che i bambini sono da tener lontani e all'oscuro del pensiero della morte”. (Marcello Bernardi, pediatra) 
• “Ritengo giusto parlare di morte ai bambini. Parlare con calma e dolcezza”. (Tilde Giani Gallino, psicologa) 
• “Penso alla possibilità della morte ogni giorno, è un buon esercizio”. (Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi)

Fonte: www.biesseonline.org

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con il tuo 5 X Mille
ASSICURI UN’INFANZIA
SERENA A TANTI BAMBINI
scrivi 030 59 04 07 11
sul tuo 730/CU/UNICO

mercoledì 3 aprile 2019

Genitori come buoni giardinieri

GENITORI COME BUONI GIARDINIERI

Dedicarsi al giardinaggio significa apprendere l'arte di coltivare la vita. Non solo quella delle piante, ma anche e soprattutto quella della nostra famiglia e dei nostri figli, che può sbocciare come un fiore nutrito dalle cure amorevoli e dal grande fertilizzante della consapevolezza e della riflessione.

Dedicarsi al giardinaggio Concretamente significa:

Avere un progetto. Non c'è niente di meglio che contribuire allo sbocciare della vita. “Donare la vita” è qualcosa che riempie la vita di soddisfazione e felicità. Una pianta non è né buona né cattiva: vuole appassionatamente e soprattutto vivere! Ma senza un progetto preciso nulla succede. Nell'esistenza, come nel giardinaggio, abbiamo bisogno di sapere quale direzione vogliamo seguire. In pratica, per essere felici bisogna innanzitutto volerlo e questo deve diventare un obiettivo prioritario e consapevole. Solo quando stabiliamo gli obiettivi e diciamo di sì a ciò che il loro perseguimento comporta ci accorgiamo che le nostre esistenze si trasformano. Una volta stabiliti gli obiettivi, fatene una lista mettendoli nero su bianco e riuscirete a portarli a termine positivamente.

Prendere decisioni. Far crescere qualcosa di vivo, significa prendersi una gran bella responsabilità. Un essere vivente ha enormi capacità di sviluppo. Ogni organismo vivente è unico e cresce secondo dinamiche personali. Il rispetto dell’altro è essenziale. Per progredire bisogna imparare a concentrarsi sulla situazione, e poi non esitare, ma agire. Una pianta è un “oggetto” in corso d’opera per sempre, sia pure con fasi diverse. Abbandonata a se stessa, muore.

Preparare il terreno. Bisogna offrirgli uno spazio dove può essere se stesso. Per ogni pianta occorre il posto giusto: la famiglia è il luogo dei sentimenti, il posto dove si sta bene insieme, “la nostra casa”. Per crescere, un figlio ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo hanno voluto, lo amano così com’è, l’accettano con le sue qualità e i suoi difetti, che sono presenti, che l’accompagnano, che lo rispettano e che lo “inquadrano”. Un bambino che ha un padre incapace di spedirlo a dormire la sera non pensa che suo padre possa proteggerlo. È impossibile. «Se mio padre non è neppure capace di farsi obbedire da me, che ho cinque anni, come potrà difendermi dai ladri di cui ho tanta paura di notte?». Una pianta cresce bene se è “disciplinata”, sostenuta, puntellata, diretta. Un bambino ha bisogno di essere “recintato”, rassicurato, protetto e puntellato. Qualche volta “potato”: chi non impara a sopportare i piccoli “no” e le modeste frustrazioni familiari non sarà mai in grado di sopportare quelle serie della vita. E appassirà.

Provvedere l'acqua. Il terreno può essere fertile, ma se non viene innaffia­to nulla può crescere e prosperare. La comunicazione è per gli esseri umani ciò che l'acqua è per i vegetali. Alcuni genitori sot­tovalutano l'importanza della comunicazione e non vi prestano una attenzione sufficiente. Comunicare con i figli significa in primo luogo ascoltarli: sforzarsi cioè di capire che cosa intendo­no dire realmente senza interpretare le loro parole a proprio van­taggio, secondo i nostri schemi e pregiudizi o per dimostrare di avere ragione.

Preoccuparsi della luce. Per poter crescere in tutta la loro forza e bellezza le piante hanno bisogno di luce. Ogni pianta va alla ricerca di una fonte luminosa e se questa è insufficiente, la pianta cresce sclerotica. La luce che serve alla mente e al cuore degli esseri umani è un insieme di cultura, apprendimenti, senso morale, arte, virtù, sensibilità, intelligenza, sentimenti. E senso religioso. Certo, si può vivere anche con poca luce, ma in questo caso la "pianta" avrà uno sviluppo stentato, al di sotto delle sue potenzialità.

Lavorare con entusiasmo. L’arte del giardinaggio è gioia pura e l’entusiasmo è il nutrimento della gioia perché porta l'energia che fa stare bene. La vera felicità non è vincere, ma agire, progredire. «Bisogna stare attenti, tuttavia, a non limitarci al generare; educare è altrettanto bello: un processo in cui si apprende molto, in cui si sperimentano nuove dimensioni della propria umanità. Si cresce l’altro crescendo se stessi» scrive Vittorino Andreoli. Ogni giardiniere è fiero delle sue piante. «Sono stato veramente contento ieri sera: per la prima volta sono uscito con mio padre. Mi ha presentato agli amici ed ha detto di me che ero un bravo figliolo» (Andrea, anni 17).

Liberarsi dalle erbacce. Terreno, acqua e luce sono elementi essenziali ma non sufficienti. Il bravo giardiniere sa di dover difendere le piantine tenere dalle erbacce che rischiano di soffocarle. I bravi genitori cercano di proteggere i figli dalle cattive influenze. La crescita è un processo graduale. L'autonomia si acquisisce passo dopo passo. Il che non significa però che si debba esse­re iperprotettivi. Come succede nei giardini, una volta eliminate le erbacce si rimane stupiti da come tutto il resto venga di conseguenza: la bellezza è lì, pronta a espandersi in un attimo!

Esercitare la pazienza. Il giardinaggio insegna a rispettare le tabelle di marcia, a trasformare un'idea in un progetto con obiettivi chiari, ad analizzare il terreno per capirne le caratteristiche, a utilizzare gli attrezzi giusti, a nutrire con cura le piante e ad aspettare con calma il momento della fioritura. Se rispettiamo questa tabella di marcia anche negli altri ambiti della vita vedremo finalmente sbocciare. Non posso obbligare il mio giardino a crescere più velocemente. Allo stesso modo, anche l'evoluzione di ogni persona ha i suoi tempi. Da rispettare. E monitoriamo la nostra energia per comprendere che cosa ci fa passare dallo svegliarci ogni mattina con il sorriso al desiderare che la settimana sia finita già al martedì.

Fonte: www.biesseonline.org

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con il tuo 5 X Mille
ASSICURI UN’INFANZIA
SERENA A TANTI BAMBINI
scrivi 030 59 04 07 11
sul tuo 730/CU/UNICO