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mercoledì 18 settembre 2019

Sei consigli per l'ascolto attivo

SEI CONSIGLI PER L'ASCOLTO ATTIVO

Spesso sentiamo dire che la chiave di una buona relazione è la comunicazione, ma non dimentichiamo che il segreto della comunicazione è l'ascolto.

Ecco 6 consigli per praticarlo e quindi capire meglio gli altri.

1. CREA IL CLIMA ADATTO

Le parole non sono l'unico elemento. Spesso non sono neanche il più importante. L'atmosfera, l'ambiente, i gesti, l'affettuosità, il silenzio, gli occhi, il viso non sono una semplice cornice. In un colloquio di lavoro, per esempio, l'aspetto esterno del candidato decide quasi sempre il risultato dell'incontro.

La maggior parte dei genitori crede di ascoltare i propri figli. Sembra un'attività semplice e scontata. Eppure quante volte mamma e papà ascoltano veramente e sinceramente, con piena attenzione ciò che i figli dicono o cercano di dire?

2. CONCENTRATI SULLE PAROLE DELL'ALTRO

Essere concentrati sulle parole dell'altro senza fare altro o pensare a un altro argomento è il modo migliore per ascoltare.

Uno dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando del contatto più semplice: il contatto visivo. Fondamentale è il modo di guardare, che deve comunicare: «Tu mi interessi davvero. Meriti tutta la mia attenzione».

3. SEI LÌ PER ASCOLTARE E NON PER RISPONDERE

Ascoltare attivamente significa anche imparare a tacere sul proprio discorso e concentrarsi sull'attenzione dell'altra persona e fare attenzione a non dare consigli o soluzioni quando lui o lei ha la parola.

Immagina un insegnante che deve rimotivare uno studente che ha abbandonato la lezione. Il consiglio di classe arriva e l'allievo in questione tenta di spiegare (con difficoltà) che cosa sta succedendo in lui. Ma gli insegnanti lo interrompono dandogli consigli a turno su che cosa avrebbe dovuto fare. In realtà lo studente vorrebbe semplicemente essere compreso in ciò che sta cercando di dire.

«Io parlo, parlo, ma nessuno mi ascolta» brontola Corinna (8 anni). E Giuditta (7 anni): «Allora, la sera, a letto, giro le spalle a tutti quanti, mi metto contro il muro e mi parlo, perché almeno io mi ascolto». Nella sala-colloqui di un istituto correzionale, un giovane disse amaramente al padre: «Papà, ti rendi conto che in vent'anni è la prima volta che mi stai ad ascoltare?».

4. ELIMINA I FILTRI PERCETTIVI

Significa mettere da parte emozioni e desideri personali. Il pericolo più grande è pensare di sapere già tutto. Per esempio: «È solo pigrizia... Ecco, sta mentendo... È pauroso...» Se siete arrabbiati, calmatevi. Se non vi stringe il cuore ciò che ascoltate, rimanete lucidi e mettete da parte delusione o preoccupazione.

5. RIFORMULA LE FRASI PIÙ IMPORTANTI DEL TUO INTERLOCUTORE

Resistete alla tentazione di essere rassicuranti, di ragionare, giustificare o fare prediche. Provate, invece, a immaginare le emozioni che il bambino sente in quel momento.

Non ripetete alla lettera le sue parole. Per esempio, se vostra figlia vi grida che siete la mamma più cattiva del mondo, non servirà a niente constatare: «Pensi che io sia la mamma più cattiva del mondo». Non lo crede veramente, lo dice per scatenare una reazione. Una risposta adatta potrebbe essere: «Forse ti sei arrabbiata perché non voglio farti mettere il vestito nuovo per andare a scuola». Non minimizzate. Non insistete. A volte, nonostante abbiate colto nel segno, il bambino non vuole ammettere una particolare emozione. Non vi intestardite. Non fa niente se è d'accordo con voi o no. Lo scopo dell'ascolto riflessivo non è strappare una confessione, ma aiutare l'altro a sentirsi ascoltato, compreso e accettato, a convivere con le emozioni e a esprimerle verbalmente, anziché con le azioni.

6. METTITI DALLA SUA PARTE E SE C'È UN PROBLEMA AFFRONTATELO INSIEME

È un passo prezioso. L'ascolto attivo consente di chiarire la situazione. L'interlocutore si sente capito e rassicurato. Di solito risponde positivamente alla domanda: «Che cosa pensi di fare?»

Fonte: www.biesseonline.org

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