EDUCARE NON E’ DARE ORDINI, MA RICHIEDERE IMPRESE
Alcuni semplici consigli per genitori ed
educatori
«Tutti i grandi sono stati
bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano». È la dedica de Il piccolo
principe dello scrittore francese Antoine De Saint-Exupéry.
Ricordarsi d'essere stati
bambini anche noi è una potente medicina alle nostre pretese nei confronti dei
piccoli. Significa essere più pazienti; non strattonare il bambino che ha
voglia di fermarsi per assaggiare il mondo che ancora non conosce; non perdere
le staffe quando si sporca, o quando fa schizzare l'acqua delle pozzanghere.
Ricordarsi d'essere stati
bambini è pensare che la nostra è una società adulto-centrica: centrata sugli
adulti, fatta per gli adulti.
Che guaio nascere piccoli,
oggi!
I pavimenti si sporcano, i
porta-cenere si rompono, le pareti si rigano... per non combinarne una delle
sue, il bambino dovrebbe nascere “mummia”! È un'immensa fatica per il piccolo
uscire vivo da certi genitori che non si ricordano d'essere stati, un tempo,
anche loro, bambini.
Il benessere
«A mio figlio non deve
mancare niente...» È, ormai, una specie di ritornello di tanti genitori. E così
la distanza tra il desiderio e la sua realizzazione è diventata, via via,
sempre più breve fino ad azzerarsi.
Sono scomparse l'attesa e la
conquista che erano stati efficaci ormoni di crescita psicologica.
Il desiderio ha perso la sua
spinta creativa. Tutto è lì pronto. L'uomo trova tutto, meno lo sforzo.
Il che vuol dire: l'uomo non
trova più l'uomo.
Quando la persona umana non
ha più da faticare, da combattere, da raggiungere, da costruire, da battersi
per qualcosa o per qualcuno, è come se fosse morta.
Il troppo benessere non è una
meta: è una trappola.
Parole-perle
Il simpatico scrittore
italoamericano Leo Buscaglia termina il suo libro Papà con alcune frasi che il
padre, di tanto in tanto, lasciava cadere a tavola oppure nei momenti più
impensati.
Quelle frasi hanno costruito
nel figlio uno schema morale tale da reggerlo per tutta la vita.
Il papà gli diceva:
«È fondamentale amare».
«Le persone sono buone se si
dà loro la possibilità di esserlo».
«La dignità è essenziale per
vivere».
«Non tradire mai te stesso!».
«Canta, balla, e ridi quanto
puoi!».
«Resta vicino a Dio!».
«La crudeltà è segno di
debolezza».
«La gente che crede di saper
tutto può essere pericolosa».
«Non costa niente essere
gentili».
Parole-perle che hanno
bussato e sono entrate nell'anima del figlio.
Ha ragione il poeta tedesco
J.P.F. Richter a dire che «le parole che un padre dice ai figli nell'intimità
della casa nessuno le sente al momento, ma alla fine la loro eco raggiungerà i
posteri».
Lanciare sfide
Un grande maestro di
chitarra, Doc Watson, divenne cieco quando aveva appena due anni. I suoi
famigliari, però, non gli diedero mai la sensazione di considerarlo un
minorato.
«I miei fratelli, mi
portavano fuori a giocare con loro» ricorda. «Io mi arrampicavo sugli alberi e
cadevo come tutti gli altri. Imparai così il concetto di spazio e a trovare le
cose orientandomi sull'eco dei suoni».
Suo padre ebbe un'importanza
speciale nell'aiutarlo ad aumentare la fiducia in se stesso.
«Avevo undici anni» ricorda
Watson, «poco prima che la chitarra entrasse nella mia vita, papà mi porse un
piccolo 'banjo' e mi disse: “Prendi, figliolo! Se imparerai a suonare bene
questo strumento, potrà aiutarti ad affrontare il mondo!” Invece di relegarmi
in un angolino dicendomi: “Figlio mio, sei un povero cieco” mi lanciava sfide!»
Quante ali tarpate per
mancanza di proposte! Educare non è dare ordini, ma chiedere “imprese”.
Autore: Pino Pellegrino
Fonte: biesseonline.sdb.org
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parte dei bambini, SEMPRE
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