LA VIOLENZA
E’ VIOLENZA, E NON VA MAI GIUSTIFICATA
I fatti di Palermo stanno facendo molto discutere, ma gli stupri non hanno necessità di essere parafrasati, filtrati o attutiti da motivazioni cuscinetto. Affrontare e discutere la gravità di quanto è accaduto "evita" che accadano in futuro altri avvenimenti come questi. Normalizzare, banalizzando l'accaduto, non fa che spalancare le porte ad altri episodi di violenza in quanto non percepiti come gravi, orripilanti, fautori di traumi che non guariranno mai.
Sto leggendo tante o forse troppe opinioni su quanto è accaduto a Palermo. La visione delle cose è talmente complessa quanto semplice.
<<Una ragazza è stata stuprata,
PUNTO>>.
Non ci sono scusanti; non esiste il "era ubriaca", non
esiste era "una poco di buono", non esiste un "creiamo un gruppo
Telegram per trovare il video dello stupro" così come non esiste "è
una cosa da animali" e non esiste: "è una ragazzata".
Gli stupri non hanno necessità di essere parafrasati, filtrati o
attutiti da motivazioni cuscinetto.
Sono tali in quanto violenti, in quanto umani e non animaleschi ed in
quanto orripilanti.
La violenza da sempre appartiene alla "non cultura totalmente
umana" della sopraffazione, della semplificazione, della mercificazione.
Un evento così grave che viene spettacolarizzato è il frutto della
normalizzazione della violenza che passa attraverso le frasi "banali"
con cui vengono nutriti i figli:
<<Sei un uomo perciò
comportati come tale! Non fare la femminuccia>>.
<< Prenditi quello che devi, non piagnucolare come una
femmina>>.
<<Un uomo non deve chiedere mai nulla>>.
<<Gli uomini non piangono e non hanno paura>>
La normalizzazione di un evento grave, che viene ricercato sui canali
social in quanto spettacolo sollecitatore di curiosità e non come evento
traumatico verso il quale provare disgusto e rabbia è indice di quanto un
telefono, un social ai quali non si è stati "Educati" rendano
commerciabile, fruibile e "normale" qualunque contenuto seppur
aberrante.
La prima agenzia educativa è la famiglia, ed è lì che vanno educati i
figli alla loro fragilità, alla NON onnipotenza, ai sentimenti ed alle
emozioni.
La seconda agenzia educativa è la scuola che attraverso l'educazione
civica, la storia, la letteratura e le scienze che rendono "umani"
gli uomini e le donne. La storia educa ad avere paura della violenza,
l'educazione civica e la letteratura educano alla differenza ed alla
responsabilità civile e morale verso sé stessi e verso gli altri.
L'educazione sessuale educa a scoprire il sesso attraverso altri
filtri forse un po' meglio del porno. Il sesso, è una tematica articolata e
difficile e va spiegato, non può essere il porno a fare da insegnante.
Il porno fornisce una sola e "facile" interpretazione di
quanto accade e mi chiedo se forse queste tematiche verso i quali gli adulti
"moralmente sani e pudici" ( che sono forse gli stessi che si
scandalizzano di un docente che parla di sesso e di differenza di genere, e che
al contempo definiscono una vittima di violenza una "donnaccia che se l'è
cercata") non debbano essere affrontate in classe ed in famiglia.
La terza agenzia è il gruppo dei pari e quest'ultimo è il prodotto del
funzionamento in positivo o in negativo delle prime due ed è il riflesso di una
società immensa che riflette in grande le proiezioni dei singoli. Se è andata
bene nelle prime agenzie un ragazzo violento che cerca di istigare i compagni
al compiere atti violenti viene lasciato da solo, viene allontanato, viene
aiutato alla comprensione della gravità di quella idea. Se invece il branco è
il prodotto del "posso fare quello che voglio perché IO comando"
accade che di 7 ragazzi nessuno avrà lo scrupolo di pensare che quella è
un'azione grave, schifosa e che non PUÒ e non DEVE essere compiuta. Accade che
fra quei 7 ragazzi vi è anche chi penserà di riprendere quanto accade perché
tanto è NORMALE.
Di questo episodio che se ne parli con i ragazzi, con gli adolescenti
e soprattutto con gli adulti perché BISOGNA parlarne. Affrontare e discutere la
gravità di quanto è accaduto "evita" che accadano in futuro altri
avvenimenti come questi. Normalizzare, banalizzando l'accaduto, non fa che
spalancare le porte ad altri episodi di violenza in quanto non percepiti come
gravi, orripilanti, fautori di traumi che non guariranno mai e di gravi
conseguenze giuridiche e morali
(<<Mi sono rovinato la vita>> ho letto; non ho letto però
"ho rovinato una vita").
Se una ragazza violata, distrutta e sfinita che chiede aiuto non
smuove la coscienza e l'emozione di un ragazzo dal fermarsi, dal soccorrere...
Io ho paura.
<< Ieri sera niente, se ci penso un po' mi viene lo schifo
perché eravamo 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l'avevo vista solo
nei video porno. Eravamo troppi, sinceramente mi sono schifato un po', ma che
dovevo fare?>>.
I ragazzi sono il prodotto delle nostre parole, dei nostri modi di
esprimere o reprimere le emozioni ed i sentimenti, del nostro modo di guardare
in maniera complessa o "semplice " le situazioni e le persone.
Se "abituiamo" i ragazzi alla logica della normalità della
violenza, poniamoci due domande su
quello che può accadere.
<<La carne è carne>>. Perciò ogni cosa è lecita.
Non c'è niente di NORMALE nel banalizzare o giustificare la violenza.
Dott.ssa
Pittari Chiara
(Pedagogista,
Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)
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