mercoledì 11 dicembre 2024

A modo tuo

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

A MODO TUO

È arrivata da noi che era uno scricciolo e le sue notti erano piene di incubi, ora sorride, gioca e sa che non è mai sola e che c’è sempre qualcuno che ‘veglia’ su di lei.

Ero seduta dietro la scrivania.

Capita spesso che durante la settimana vi siano degli incontri dei nostri ragazzi con i propri genitori. Durante questi incontri, quando possibile, tendo a portarmi avanti con i lavori burocratici; segnare gli appuntamenti della settimana successiva, aggiornare il calendario. Ero intenta nel mio lavoro precisino mentre, di tanto, osservavo l'incontro.

La bimba che aveva l'incontro dialogava con i suoi genitori ed in quel momento si stava improvvisando maestra di musica. Chiedeva ai suoi genitori di tacere affinché potesse spiegare loro cosa fare e cantare la canzone che poi gli avrebbe insegnato.

Mentre agitava le manine muoveva una bacchetta immaginaria quasi stesse dirigendo un'intera orchestra fantastica.

Il padre aveva realizzato una sorta di cono di carta per ampliare la voce a mo' di megafono e lei divertita lo aveva preso fra le mani e ridendo gridava attraverso di esso. Rideva e rideva nel sentire la sua voce propagarsi attraverso il foglio. Nel mentre delle sue risate iniziava a cantare:

<<A modo tuo, andrai a modo tuo, camminerai e cadrai, ti alzerai sempre a modo tuo>>.

I miei occhi si spostano su di lei. I suoi occhi sono posati su di me nel contatto più profondo che ci possa essere fra due esseri umani. I battiti nel mio petto rallentano. La sua vocina echeggia in quella stanza che da arancione sembra essere diventata blu. C'era solo lei inquadrata da una luce calda che le dava la giusta teatrale importanza...

I suoi occhietti mi sorridono e lei continua a cantare.

<< A modo tuo, A modo tuo vedrai a modo tuo, dondolerai, salterai, cambierai sempre a modo tuo>>

Si mette a ridere e mi viene ad abbracciare.

...È arrivata da noi che era uno scricciolo e le sue notti erano piene di incubi. Una notte di quelle che le facevano paura, la stavo cullando. La calda coperta celeste la avvolgeva e quelle manine erano strette attorno alle mie.

Iniziai a cantare la canzone di Elisa. La cantai per più di un'ora.

Vidi i suoi occhietti chiudersi finalmente e la manina che stringeva la mia diventare morbida ed abbandonarsi alla coperta soffice.

Il suo respiro era calmo, non era più agitato.

La misi nella culla continuando a cantare.

Anni dopo quella canzone la cantavamo io e lei in cucina con altre bambine mentre preparavamo una torta. La dedicavo alla loro paura di crescere ed alla mia di lasciarle andare un giorno.

Cantavamo in cucina mentre una buffa torta con gli occhi di caramelle prendeva forma...

La stanza ritornava arancione e quella bimba era diventata più grande rispetto al mio ricordo o forse anche più della sua esatta età; ora sorride, gioca e chiede al mondo i perché del suo essere a quel modo, chiede i perché dei perché.

Gira le manine mentre danza, saltella facendo sobbalzare quei bei capelli ricci che si muovono leggeri al di fuori dell'elastico, ribelli a ciò che stringe, ribelli e unici.

<<Questa è la canzone di Chiaranetta>> spiegava alla mamma.

Non c'erano calendari o appuntamenti da segnare, non c'era più una scrivania, forse non c'ero più neanche io... C'era una bimba che cresceva e donava a me il momento più dolce della giornata o forse dell'anno o forse di sempre.

<<Sarà difficile diventar grande

prima che lo diventi anche tu;

tu che farai tutte quelle domande,

io fingerò di saperne di più.

Sarà difficile

ma sarà come deve essere...

metterò via i giochi;

proverò a crescere.

Sarà difficile chiederti scusa

per un mondo che è quel che è;

Io nel mio piccolo tento qualcosa

ma cambiarlo è difficile.

Sarà difficile...

Dire "Tanti auguri a te"

a ogni compleanno,

vai un po' più via da me>>

Quante volte le ho pensate queste frasi...

Quante volte le penso...

Torniamo a casa, lei corre e saltella.

Prima aveva il bisogno di stringere la mano sempre, aveva bisogno della certa presenza dell'adulto ora invece per lei è tutto un gioco. Corre sicura, si gira, fa la linguaccia, sa che l'adulto è dietro di lei anche se lei non guarda. C'è quella sicurezza che le consente di muoversi libera. La guardo con immenso orgoglio e credo che tutto questo sia la benedizione che ogni tanto cerca una ragazza che non crede a nulla e a nessuno a questo mondo...tranne che nella bellezza di una bimba che canta la sua ninna nanna ricordandomi quanto stia crescendo e quante cose belle vorrei il mondo avesse in serbo per lei, per le altre ragazze, per tutti i ribelli di questa casa.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

martedì 26 novembre 2024

Ho dovuto difendere quella bambina

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

HO DOVUTO DIFENDERE QUELLA BAMBINA

‘’Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità’’

 

<<Ti DEVO dire una cosa che mi è successa in circolare!!!>>.

Così spesso iniziano i turni di un educatore. Alle volte iniziano con i silenzi altre volte con parole dalla pronuncia più veloce che si possa immaginare.

Quando questo è l'esordio di un turno so, in partenza, che la pasta nella pentola che attende di essere scolata dovrà aspettare... E anche tanto.

I bei capelli castani si muovono fluidi attorno al suo viso lungo e sottile. Il suo volto è compiaciuto ed il petto si gonfia fiero delle frasi che quella bocca, in un frenetico vociare, sta per proferire.

<<In circolare c'era una bimba di colore, piccola come quella che abbiamo qui. Alcuni bambini hanno iniziato a prenderla in giro per il colore della sua pelle. Le dicevano cose stupide e ingiuste. Non ce l'ho fatta PIÙ! Sono intervenuta e l'ho difesa. La guardavo e mi ricordavo quando a me dicevano "Marocchina, tu puzzi, sei scura". Che gliene importa a loro del colore?! Mi sono arrabbiata così tanto quando ho sentito quelle cose!!! Sono ingiuste! Ma che gliene importa a loro??!>>

Nell'intermezzo una serie infinita di parole italiane, marocchine e dialettali avverse, vengono sparate nell'aria come proiettili quasi volessero colpirla nella speranza di raggiungere quell'ingiustizia e distruggerla. Temevo quasi scalfissero i mobili della cucina per la veemenza con cui venivano pronunciate: proiettili di parole volanti e ribelli; ecco cos'erano.

Gli occhi grandi dalle sfumature terrene e dei prati assolati si muovono frenetici accompagnando il movimento delle mani che rendevano giustizia, attraverso i gesti, al contenuto del suo discorso.

<<Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che con lei nessuno vuole mai giocare, che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità>>.

Mentre racconta tutto questo prende in braccio la piccola, le accarezza i capelli e le sistema con cura la felpa smossa dalle braccine che si muovono allegre.

Nelle sue parole ed in quella scena riconosco la bontà di quella voce ed al contempo la nostalgica volontà di sentirsi dire (da quel mondo di adulti che fin troppo spesso le attribuisce "lo status" di ribelle, nullafacente, drogata, fumata) un: "brava", un "sei una brava ragazza", "sei una bella persona".

Le accarezzo il volto affinché la bimba nascosta in quel corpo di ragazza che non ha ricevuto al momento giusto le carezze giuste, o le giuste tenerezze sappia che qualcuno è fiero, immensamente fiero, di chi è diventata; con tutte le difficoltà che il mondo ha previsto per lei e per la sua crescita.

Rimane sempre stranita quando vi sono questi gesti sebbene ne abbia così voglia... Ma è cosi poco abituata a tutto questo.

Una ragazza oggi, una di quelle che di solito viene definita "perdente, straniera, al limite" era fiera del sorriso di una bimba; era offesa dalle parole che spesso vengono usate in una normalità (così la chiamano o la banalizzano) in cui spesso non si tiene conto delle ferite, delle delicatezze trattate da mani sprezzanti, del peso incombente e grave delle parole.

Li chiamano ragazzi "difficili", "diversi", "inappropriati".

Spesso sento l'appellativo "irrecuperabili".

(...)

Ore dopo, io e la piccina (quella dell'età della bimba insultata in circolare) camminiamo per strada, la sua mano stringe la mia ed alcune gocce lentamente iniziano a cadere lasciando i segni sul suo giubbino rosso e sul mio cappotto verde. Apro l'ombrello trasparente sulle nostre teste. Le farfalle ed i fiori si illuminano riflettendo le luci delle macchine che passano; quasi avessero preso vita. Lei guardandolo estasiato mentre le gocce di pioggia cascano oltre il suo bordo esclama << WOW è bellissimo Chiaranetta! Lo compriamo a tutte così si divertono sotto la pioggia???!!>>

Fra loro non ce n'è una che, a modo suo e con i propri limiti, non si prenda cura dell'altra.

Che sia il pensiero di un ombrello, di una stretta di mano, di un'associazione di pensiero. Mi chiedo se a lei avessero detto quelle cose... Lei con quel sorriso così dolce che si stupisce per così poco.

Mi chiedo se esista un appellativo per descrivere tutto questo, poi mi dico che già c'è:

Casa famiglia...

Irrecuperabile Casa Famiglia; questo è il suo nome.

Ho sempre adorato questo ombrello... Ma ora, che racchiude le parole della mia piccola compagna di viaggio, lo adoro ancora di più.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

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giovedì 21 novembre 2024

Una storia di rinascita

UNA STORIA DI RINASCITA

‘Nonostante le violenze e i maltrattamenti, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza’. 

“Sono stata abbandonata da mia madre all'età di sette mesi, lasciandomi con mio padre e la mia matrigna. Purtroppo, la mia matrigna non era una persona gentile. Ho sopportato molte difficoltà e maltrattamenti da parte sua. Spesso rimanevo senza cibo per giorni, e la fame era così intensa che mi sentivo vicino alla disperazione.

Ricordo un episodio in particolare: ero così affamata che ho dovuto mangiare gli avanzi del nostro cane. Il figlio del vicino mi ha visto e lo ha raccontato a sua madre. Quella sera, la donna mi ha invitato a casa sua e mi ha chiesto se fosse vero quello che suo figlio aveva detto. Ero spaventata all'idea che la mia matrigna potesse scoprirlo, così l'ho pregata di mantenere il segreto. La vicina, commossa, mi ha promesso di darmi da mangiare ogni giorno senza che la mia matrigna lo sapesse, e ha mantenuto la sua promessa fino a quando abbiamo lasciato quella casa.

Come se lasciarmi senza cibo non fosse abbastanza, la mia matrigna mi picchiava spesso durante il giorno. In più, mi legava e mi lasciava nel bagno per ore senza cibo. Nonostante tutte queste esperienze difficili, ho continuato a lottare e a non perdermi d'animo.

Nonostante tutto, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Ero brillante a scuola, e questo mi dava la forza di andare avanti.

Con tutte le difficoltà che ho affrontato, sarebbe stato facile per me diventare piena di rabbia e risentimento. Ma ho scelto un'altra strada. Ho scelto di non lasciare che il mio passato definisse chi sono oggi. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza. Ho imparato a vedere la vita con gratitudine, a perdonare e a guardare al futuro con speranza.

Oggi, posso dire con orgoglio che, nonostante tutto, ho scelto di essere una persona positiva, capace di amare e di vedere la bellezza anche nei momenti più difficili. La mia storia non è una storia di sofferenza, ma di superamento e di rinascita.”

 

Enea Gonzales Awele Ideal- un'avvocatessa nigeriana che ha deciso di raccontare la sua storia perché una ragazza concorrente del Grande Fratello in Nigeria aveva dato problemi e si era giustificata dicendo che il suo comportamento era causato dal fatto di essere orfana.

 

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mercoledì 13 novembre 2024

Genitori come giardinieri

 GENITORI COME GIARDINIEIRI

Dedicarsi al giardinaggio significa apprendere l'arte di coltivare la vita. Non solo quella delle piante, ma anche e soprattutto quella della nostra famiglia e dei nostri figli, che può sbocciare come un fiore nutrito dalle cure amorevoli e dal grande fertilizzante della consapevolezza e della riflessione.

Dedicarsi al giardinaggio Concretamente significa:


Avere un progetto. Non c'è niente di meglio che contribuire allo sbocciare della vita. “Donare la vita” è qualcosa che riempie la vita di soddisfazione e felicità. Una pianta non è né buona né cattiva: vuole appassionatamente e soprattutto vivere! Ma senza un progetto preciso nulla succede. Nell'esistenza, come nel giardinaggio, abbiamo bisogno di sapere quale direzione vogliamo seguire. In pratica, per essere felici bisogna innanzitutto volerlo e questo deve diventare un obiettivo prioritario e consapevole. Solo quando stabiliamo gli obiettivi e diciamo di sì a ciò che il loro perseguimento comporta ci accorgiamo che le nostre esistenze si trasformano. Una volta stabiliti gli obiettivi, fatene una lista mettendoli nero su bianco e riuscirete a portarli a termine positivamente.


Prendere decisioni. Far crescere qualcosa di vivo, significa prendersi una gran bella responsabilità. Un essere vivente ha enormi capacità di sviluppo. Ogni organismo vivente è unico e cresce secondo dinamiche personali. Il rispetto dell’altro è essenziale. Per progredire bisogna imparare a concentrarsi sulla situazione, e poi non esitare, ma agire. Una pianta è un “oggetto” in corso d’opera per sempre, sia pure con fasi diverse. Abbandonata a se stessa, muore.


Preparare il terreno. Bisogna offrirgli uno spazio dove può essere se stesso. Per ogni pianta occorre il posto giusto: la famiglia è il luogo dei sentimenti, il posto dove si sta bene insieme, “la nostra casa”. Per crescere, un figlio ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo hanno voluto, lo amano così com’è, l’accettano con le sue qualità e i suoi difetti, che sono presenti, che l’accompagnano, che lo rispettano e che lo “inquadrano”. Un bambino che ha un padre incapace di spedirlo a dormire la sera non pensa che suo padre possa proteggerlo. È impossibile. «Se mio padre non è neppure capace di farsi obbedire da me, che ho cinque anni, come potrà difendermi dai ladri di cui ho tanta paura di notte?». Una pianta cresce bene se è “disciplinata”, sostenuta, puntellata, diretta. Un bambino ha bisogno di essere “recintato”, rassicurato, protetto e puntellato. Qualche volta “potato”: chi non impara a sopportare i piccoli “no” e le modeste frustrazioni familiari non sarà mai in grado di sopportare quelle serie della vita. E appassirà.


Provvedere l'acqua. Il terreno può essere fertile, ma se non viene innaffia­to nulla può crescere e prosperare. La comunicazione è per gli esseri umani ciò che l'acqua è per i vegetali. Alcuni genitori sot­tovalutano l'importanza della comunicazione e non vi prestano una attenzione sufficiente. Comunicare con i figli significa in primo luogo ascoltarli: sforzarsi cioè di capire che cosa intendo­no dire realmente senza interpretare le loro parole a proprio van­taggio, secondo i nostri schemi e pregiudizi o per dimostrare di avere ragione.


Preoccuparsi della luce. Per poter crescere in tutta la loro forza e bellezza le piante hanno bisogno di luce. Ogni pianta va alla ricerca di una fonte luminosa e se questa è insufficiente, la pianta cresce sclerotica. La luce che serve alla mente e al cuore degli esseri umani è un insieme di cultura, apprendimenti, senso morale, arte, virtù, sensibilità, intelligenza, sentimenti. E senso religioso. Certo, si può vivere anche con poca luce, ma in questo caso la "pianta" avrà uno sviluppo stentato, al di sotto delle sue potenzialità.


Lavorare con entusiasmo. L’arte del giardinaggio è gioia pura e l’entusiasmo è il nutrimento della gioia perché porta l'energia che fa stare bene. La vera felicità non è vincere, ma agire, progredire. «Bisogna stare attenti, tuttavia, a non limitarci al generare; educare è altrettanto bello: un processo in cui si apprende molto, in cui si sperimentano nuove dimensioni della propria umanità. Si cresce l’altro crescendo se stessi» scrive Vittorino Andreoli. Ogni giardiniere è fiero delle sue piante. «Sono stato veramente contento ieri sera: per la prima volta sono uscito con mio padre. Mi ha presentato agli amici ed ha detto di me che ero un bravo figliolo» (Andrea, anni 17).


Liberarsi dalle erbacce. Terreno, acqua e luce sono elementi essenziali ma non sufficienti. Il bravo giardiniere sa di dover difendere le piantine tenere dalle erbacce che rischiano di soffocarle. I bravi genitori cercano di proteggere i figli dalle cattive influenze. La crescita è un processo graduale. L'autonomia si acquisisce passo dopo passo. Il che non significa però che si debba esse­re iperprotettivi. Come succede nei giardini, una volta eliminate le erbacce si rimane stupiti da come tutto il resto venga di conseguenza: la bellezza è lì, pronta a espandersi in un attimo!


Esercitare la pazienza. Il giardinaggio insegna a rispettare le tabelle di marcia, a trasformare un'idea in un progetto con obiettivi chiari, ad analizzare il terreno per capirne le caratteristiche, a utilizzare gli attrezzi giusti, a nutrire con cura le piante e ad aspettare con calma il momento della fioritura. Se rispettiamo questa tabella di marcia anche negli altri ambiti della vita vedremo finalmente sbocciare. Non posso obbligare il mio giardino a crescere più velocemente. Allo stesso modo, anche l'evoluzione di ogni persona ha i suoi tempi. Da rispettare. E monitoriamo la nostra energia per comprendere che cosa ci fa passare dallo svegliarci ogni mattina con il sorriso al desiderare che la settimana sia finita già al martedì.

 

Fonte: www.biesseonline.org

 

 

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mercoledì 6 novembre 2024

Questa casa è diventata parte di me

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

QUESTA CASA E’ DIVENTATA PARTE DI ME

Vorrei riuscire a spiegare cosa significhi lavorare in un contesto come il nostro. 

Spesso scrivo dei post perché vorrei si capisse cosa vi è effettivamente dietro i termini: "Educatore" , "Comunità", ‘’Casa Famiglia’’, non in quanto dotta ma in quanto spettatrice di giornate che mi insegnano a riflettere e a...mutare forma.

Scrivo perché così posso trasformare i miei ricordi in racconti sulle storie di una casa speciale; di una famiglia speciale.

Scrivo perché un domani voglio rileggere le mie giornate e ricordare.

Scrivo perché, rileggendomi, in un tempo lontano, il naso mi si riempirà del profumo dei biscotti che inondò la casa per giorni e giorni; scrivo perché un domani potrei avere il bisogno di sentir riecheggiare nella mia mente le risate della mia collega mentre intrecciava sapiente e dolcemente le sue brioches e mentre raccontava dei giorni passati. Scrivo perché così potrò ricordare il rumore dei pennarelli che coloravano e adornavano i bigliettini sovrastato dal chiacchiericcio di cinque pasticcioni che prendevano in giro le loro educatrici imitandole, facendo ridere tutti in cucina.

..Scrivo nella speranza di ricordare il calore di una casa viva giorno e notte perché così al mattino svegliarsi è più bello se la tavola è piena di cose buone da mangiare.

Scrivo perché così ricordo il movimento delle manine lente sulla frolla, o del cucchiaino colmo di composta di mele che non appena sfiorò la bocca della più piccina fra tutte le smosse le labbra facendola sorridere. Certe volte scrivo perché così ricorderò un domani, l'ufficio acceso fino a sera tardi per pensare e progettare nuove attività e nuove idee.

Scrivo perché così ricordo il sole della domenica mattina, ricordo gli scalini della chiesa smossi dai passetti di ragazzi che spostano tavoli e dolci mentre corrono e si rincorrono giocando.

Spesso scrivo perché non voglio MAI dimenticare il perché rispetto così tanto questo lavoro.

Spesso scrivo perché alle volte i pensieri sono pesanti, alle volte le vite di questi ragazzi che incrociano la mia e le nostre lasciano profondi segni sulla loro e sulla nostra pelle e ho bisogno di ricordare giorni piacevoli.

Scrivo perché le luci, i suoni, i profumi di questa casa nel tempo stanno scuotendo le fondamenta stesse del mio essere.

Scrivo perché al cospetto dei ragazzi che di giorno in giorno rendono migliori i loro educatori, bisogna imparare a rileggersi per capire quanto questo mestiere renda consapevoli dell'importanza del punto di vista di un bambino e di un ragazzo.

Scrivo perché così vedo "Chiaranetta" (questo è il nome che le bambine mi hanno donato in questi anni) prendere forma ed essere grata al cospetto di tanta dolce... Bellezza.

Scrivo perché questa "Casanetta" è diventata parte di me così come questi ragazzi e questi pochi educatori che credono ancora nel potere di una comunità che si prende cura dell'oggi e del domani, a partire dai propri bambini e ragazzi.

Dice Marco: "Dalla parte dei bambini."

Aggiungo io: "Perché rendono migliori gli adulti."

 

Dott.ssa Pittari Chiara

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mercoledì 30 ottobre 2024

La notte ha qualcosa di speciale

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LA NOTTE HA QUALCOSA DI SPECIALE

Ai bambini della Casa piace addormentarsi sapendo che qualcosa viene preparato per loro. Gli piace sbirciare la ciotola per vedere come procede la lievitazione prima di andare a dormire. Gli piace quando si risvegliano e la casa profuma di "casa".   

La notte ha un qualcosa di speciale…In tutti questi anni però ancora non so dire esattamente cosa sia.

Quando il turno inizia a sera, di solito vi è una fame da lupi e allora bisogna darsi una mossa per preparare una cena sostanziosa. All'improvviso prendono vita frittate di pasta, panzerotti e focacce, pizze rustiche, brodini e pastine, crepes e polpette nonché contorni di ogni colore e sapore.

Spesso ci scappa lo spaghetto al volo e magari lo si arricchisce con la mozzarella ed il parmigiano e lo si ripassa in forno così che la crosticina profumata richiami a tavola velocemente palato e olfatto di questi lupi affamati.

La tavola della sera si colora di quei racconti che non hanno a che fare con la scuola o con gli impegni di ogni giorni; no, a sera si raccontano episodi divertenti e ricordi e programmi per le vacanze o per Halloween.

La tavola della sera spesso crea un contesto caldo e sereno perché i commensali indossano pigiamini poco seri e pantofole buffe; specie poi quando fuori il tempo è uggioso ed è ancora più piacevole quella voglia di comode e rassicuranti coccole culinarie. Una delle cose che principalmente preoccupa le nostre ospiti per la cena è la merenda dell'indomani; ah quella è l'unica parte seria della nostra cena.

È da qualche tempo che abbiamo coltivato la passione per la lievitazione; sarà per quel bel profumo di farina e di olio che pervade la cucina, sarà per la curiosità di toccare l'impasto morbidoso o forse sarà per l'idea di sbirciare di tanto in tanto per vedere se questo viene su bene... O Magari sarà un po' per tutto.

Fatto sta che ci piace quando si addormentano sapendo che qualcosa viene preparato per loro e per la loro insaziabile fame. Ci piace l'idea che prima di andare a dormire qualcuno sbirci la ciotola per vedere come e se procede la lievitazione.

Ci piace quando si risvegliano e la casa profuma di "casa".

Ci piace quando cercano l'oggetto del proprio lavoro tanto atteso nei loro portamerende e ci piace quando sorridono mentre, rassicurate dalla sua presenza, lo scrutano.

Il potere delle cose buone è racchiuso in questo semplice concetto:

"Qualcosa di buono fa sorridere per pochi secondi e rende invitante l'ora della merenda, della colazione o di quel che sia. Il potere delle cose buone è racchiuso nell'idea che ci vuole un po' di pazienza, una buona capacità di unire le proprietà degli ingredienti; la creatività di personalizzarli di nuove sfumature di sapore e di profumi... Il resto lo fa l'impasto e nulla e nessuno più; se esso avrà la possibilità, l'impegno e la voglia di crescere nonché la gioia di vedere chi lo attende con tanta trepidazione lo farà a dismisura diventando ciò che per sua natura è: qualcosa di unico ed irripetibile."

Questo è un po' quello che fanno i ragazzi; mescolano e scoprono i propri ingredienti, Lievitano nella speranza delle cose belle di questo mondo.

I panini sono pronti...

Dott.ssa Pittari Chiara

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mercoledì 23 ottobre 2024

Le nuove occasioni

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LE NUOVE OCCASIONI

Dietro l'apparente rabbia di un'adolescente o di un bambino, c'è spesso un'infinita paura di sbagliare e di non essere all'altezza delle cose. Dobbiamo imparare a capire cosa c'è dietro una espressione, un'emozione o dietro la apparente voglia di mollare. E' importante per un ragazzo avere qualcuno che creda nel possibile e che non si arrabbi per le loro rabbie o tristezze. 

La vedo arrivare da lontano, visibilmente contrariata; la sto aspettando per correre assieme a prendere le bambine a scuola. 

Lei ha finito prima le sue lezioni e malvolentieri avanza a passi pesanti verso di me, le gambe si muovono dando la parvenza di un cingolato della grande guerra in preparazione per la posizione di attacco.

Stamattina alle 8:00 la ho accompagnata al suo corso di formazione; oggi per lei era il primo giorno. Era allegra, emozionata ed incredibilmente divertita da ogni cosa.

Sorrideva e muoveva lenta la mano fuori dal finestrino accarezzando il vento; scriveva messaggi all'amica e visibilmente entusiasta scendeva dalla macchina per correre al cancello, mi salutava allegra mentre io mi volgevo sulla via del ritorno.

Adesso quel volto è totalmente differente; le sue espressioni sono severe e contrariate; i suoi gesti sono netti e impostati.

La faccia è imbronciata e indispettita persino dal mio "Ciao".

<<Mi hanno detto che devo andare anche il pomeriggio! Quindi ora MI devo organizzare! Non posso PIÙ andare a pallavolo! te lo dico da mo!>>

...

Abbastanza perplessa le chiedo la cosa più stupida che potessi chiederle: <<Allora com'è andata??!>>

Due occhi di fuoco mi fulminano.

<< È andata BENE! Ma mi devo dare da fare sennò NON ce la faccio e devo mollare pallavolo perché non posso fare anche quello. Io POI NON CI RIESCO. E poi Ve lo dico da mo! non insistete perché ho già DECISO>>.

Sempre in balia dalla mia crescente stupidità le chiedo se le piace la sua classe.

Normalmente è già una ragazza alta, ma dopo la mia domanda mi sembra quasi che lo sia diventata ancora di più: mi sovrasta dall'alto della sua incredula rabbia guardandomi torva.

<<Te l'ho DETTO! Siamo 15. Ma tu non ascolti!!!>>

(Non ha detto ASSOLUTAMENTE NULLA sulla sua giornata, io però intanto ho iniziato a presumere di perdere memoria a breve termine.)

Rischiando per la mia incolumità, le dico di non preoccuparsi della pallavolo e che quando avrebbe avuto informazioni sull'organizzazione pomeridiana ci saremmo preoccupati del da farsi. A quella mia semplificazione della gravità della sua situazione vedo il suo sguardo contorcersi, le sue braccia si muovono veloci e gesticolando inizia a gridare: <<So IO cosa fare! Non me lo dovete dire voi! Lo so io e so che non avrò tempo perché sennò poi MI VIENE DA MOLLARE perché non ce la faccio a gestire tutto!>>

Premessa: lei adora la pallavolo.

Intanto che rifletto sulle mie capacità mentali lei continua a sbraitare contro la mia adulta incapacità di comprenderla. Così, per tutto il tragitto continua a fare monologhi sulla completa incompetenza degli adulti nel comprendere la gravità delle cose.

Sedute a tavola per il pranzo cambia totalmente atteggiamento; da circa 3 minuti è silenziosa e in attesa. I suoi occhioni mi guardano di tanto in tanto, muovendosi dal piatto e arrivando fino a me; credo stia riflettendo sul quanto potrei avercela con lei per quello che è successo prima.

( Nella mia testa rifletto su una frase lungimirante che la collega ha scritto poco fa: "E' spaventata dalle cose nuove ed è per questo che va nel panico; non è rabbia la sua: è paura.")

Rifletto più e più volte prima di parlare.

<<Sai, siamo tutti spaventati dalle cose nuove; fanno paura proprio perché sono ignote e sconosciute. Per affrontare le paure dobbiamo dar loro un nome o spesso dobbiamo buttarci nella mischia a capofitto per capire se sappiamo mantenerci a galla. Non toglierti cose che ti piacciono semplicemente perché PENSI di non farcela. Non ti dico MINIMAMENTE di NON avere ansia, ti dico al contrario di sfruttarla per dirti che ce la puoi fare, che puoi imparare a programmare, che puoi immaginare cose che potresti raggiungere invece che cose in cui potresti fallire... O ancora scenari in cui potresti sbagliare e a cui potresti rimediare. La paura di fallire può servire a cercare rimedi e strategie e nel caso rende i piccoli successi inaspettati e straordinari.>>

Le sue guance si colorano leggermente, riprendendo vita.

Dopo qualche istante di (spettacolare) silenzio inizia a parlare e a parlare del suo corso, delle materie, delle cose che si fanno in classe, delle sue compagne. Parla, parla e parla... Parla così tanto al punto che fa infuriare la bambina che voleva raccontare tutta eccitata del suo "Brava" in italiano e che per questo motivo si imbroncia. Le due iniziano a battibeccare per avere l'egemonia del discorso. Ovviamente la grande tenta di avere la meglio data l'IMPORTANZA del SUO racconto; conclude pertanto la sua arringa finale, alzandosi dalla sedia a torreggiando sulle nostre teste esordisce dicendo:

<<TANTO LO SAI CHE CHIARA È CONTENTA DEL VOTO! Ti dirà che si parte dal 6 per arrivare chissà dove! E POI NON È CHE PUOI PARLARE "SEMPRE" TU!>>

Considerando che lei sta parlando da circa un'ora interrottamente, e che fra alti e bassi ha monopolizzato anzi INVASO qualsiasi tentativo di discorso; dopo le sue parole ci guardiamo tutte negli occhi per pochi istanti prima di scoppiare a ridere a crepapelle.

Persino lei cede finalmente e si mette a ridere risiedendosi a tavola.

Quel momento è durato pochi istanti ma credo sia stato meraviglioso.

Certe volte mi dico che dietro la apparente rabbia di un'adolescente o di un bambino, c'è una infinita paura di sbagliare e di non essere all'altezza delle cose. Certe volte dobbiamo imparare a capire cosa c'è dietro una espressione, un'emozione o dietro la apparente voglia di mollare.

Certe volte mi dico che questi episodi rendono l'idea di quanto sia importante avere qualcuno, a questa età, che creda nel possibile e che non si arrabbi per le loro rabbie o tristezze.

Un ragazzo forse a questa età ha bisogno di chi veda nella tempesta le possibilità di un'avventura alla ricerca di giorni di sole.

Questo non vale solo per i ragazzi delle comunità...

Abbiamo, pensando agli adolescenti e ai bambini, fra le mani il nostro futuro fragilissimo che un domani dovrà imparare ad affrontare le difficoltà che NOI adulti stiamo lasciando loro in eredità. Abbiamo fra le mani una parte fragile ed in evoluzione del nostro mondo che dovrebbe crescere imparando a credere nelle proprie e nelle altrui capacità, che non sia stato avvolto e protetto dai dorati fili dell'onnipotenza, cullati dall'idea comoda dell'abbandono delle idee o nutriti dai golosi incentivi al lassismo.

Abbiamo, in quanto adulti, il peso di dare ai ragazzi gli strumenti più validi per le loro scalate, per le loro navigazioni, per i loro voli verso il futuro. Il viaggio spetta a loro e a loro soltanto ma certe volte mi dico che il sapere che alle spalle che c'è sempre il porto sicuro a cui fare ritorno o la voce che sussurra di non arrendersi o di ricalcolare il percorso beh allora quel viaggio fa un po' meno paura. Le tempeste sono pericolose si... Ma nella vita arrivano per tutti, sotto forma di una fine di una relazione, di un nuovo lavoro, di una perdita, di un insuccesso...

Educare un ragazzo ad affrontare e conoscere le proprie paure significa educarlo alla vita che è in perenne fase ciclica di sole e pioggia. Imparo a affrontare piccole cose che mi insegneranno ad affrontare pian piano quelle più grandi...

Nella mente mentre sparecchiamola tavola penso alla canzone di Jovanotti.

<<Ah beh sì beh vacci a credere te

Che è tutto sempre relativo come piace a me

Non sono qui per il gusto, per la ricompensa

Ma per tuffarmi da uno scoglio dentro all'esistenza

Non ho radici, ma piedi per camminare

Oh vita... Oh vita...

Nel tempo della paura, aspetto la fioritura.

Come posso io? Non celebrarti... Oh vita, oh vita.>>

Iniziamo i compiti va... Che il pomeriggio è lungo ancora.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia