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martedì 26 novembre 2024

Ho dovuto difendere quella bambina

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

HO DOVUTO DIFENDERE QUELLA BAMBINA

‘’Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità’’

 

<<Ti DEVO dire una cosa che mi è successa in circolare!!!>>.

Così spesso iniziano i turni di un educatore. Alle volte iniziano con i silenzi altre volte con parole dalla pronuncia più veloce che si possa immaginare.

Quando questo è l'esordio di un turno so, in partenza, che la pasta nella pentola che attende di essere scolata dovrà aspettare... E anche tanto.

I bei capelli castani si muovono fluidi attorno al suo viso lungo e sottile. Il suo volto è compiaciuto ed il petto si gonfia fiero delle frasi che quella bocca, in un frenetico vociare, sta per proferire.

<<In circolare c'era una bimba di colore, piccola come quella che abbiamo qui. Alcuni bambini hanno iniziato a prenderla in giro per il colore della sua pelle. Le dicevano cose stupide e ingiuste. Non ce l'ho fatta PIÙ! Sono intervenuta e l'ho difesa. La guardavo e mi ricordavo quando a me dicevano "Marocchina, tu puzzi, sei scura". Che gliene importa a loro del colore?! Mi sono arrabbiata così tanto quando ho sentito quelle cose!!! Sono ingiuste! Ma che gliene importa a loro??!>>

Nell'intermezzo una serie infinita di parole italiane, marocchine e dialettali avverse, vengono sparate nell'aria come proiettili quasi volessero colpirla nella speranza di raggiungere quell'ingiustizia e distruggerla. Temevo quasi scalfissero i mobili della cucina per la veemenza con cui venivano pronunciate: proiettili di parole volanti e ribelli; ecco cos'erano.

Gli occhi grandi dalle sfumature terrene e dei prati assolati si muovono frenetici accompagnando il movimento delle mani che rendevano giustizia, attraverso i gesti, al contenuto del suo discorso.

<<Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che con lei nessuno vuole mai giocare, che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità>>.

Mentre racconta tutto questo prende in braccio la piccola, le accarezza i capelli e le sistema con cura la felpa smossa dalle braccine che si muovono allegre.

Nelle sue parole ed in quella scena riconosco la bontà di quella voce ed al contempo la nostalgica volontà di sentirsi dire (da quel mondo di adulti che fin troppo spesso le attribuisce "lo status" di ribelle, nullafacente, drogata, fumata) un: "brava", un "sei una brava ragazza", "sei una bella persona".

Le accarezzo il volto affinché la bimba nascosta in quel corpo di ragazza che non ha ricevuto al momento giusto le carezze giuste, o le giuste tenerezze sappia che qualcuno è fiero, immensamente fiero, di chi è diventata; con tutte le difficoltà che il mondo ha previsto per lei e per la sua crescita.

Rimane sempre stranita quando vi sono questi gesti sebbene ne abbia così voglia... Ma è cosi poco abituata a tutto questo.

Una ragazza oggi, una di quelle che di solito viene definita "perdente, straniera, al limite" era fiera del sorriso di una bimba; era offesa dalle parole che spesso vengono usate in una normalità (così la chiamano o la banalizzano) in cui spesso non si tiene conto delle ferite, delle delicatezze trattate da mani sprezzanti, del peso incombente e grave delle parole.

Li chiamano ragazzi "difficili", "diversi", "inappropriati".

Spesso sento l'appellativo "irrecuperabili".

(...)

Ore dopo, io e la piccina (quella dell'età della bimba insultata in circolare) camminiamo per strada, la sua mano stringe la mia ed alcune gocce lentamente iniziano a cadere lasciando i segni sul suo giubbino rosso e sul mio cappotto verde. Apro l'ombrello trasparente sulle nostre teste. Le farfalle ed i fiori si illuminano riflettendo le luci delle macchine che passano; quasi avessero preso vita. Lei guardandolo estasiato mentre le gocce di pioggia cascano oltre il suo bordo esclama << WOW è bellissimo Chiaranetta! Lo compriamo a tutte così si divertono sotto la pioggia???!!>>

Fra loro non ce n'è una che, a modo suo e con i propri limiti, non si prenda cura dell'altra.

Che sia il pensiero di un ombrello, di una stretta di mano, di un'associazione di pensiero. Mi chiedo se a lei avessero detto quelle cose... Lei con quel sorriso così dolce che si stupisce per così poco.

Mi chiedo se esista un appellativo per descrivere tutto questo, poi mi dico che già c'è:

Casa famiglia...

Irrecuperabile Casa Famiglia; questo è il suo nome.

Ho sempre adorato questo ombrello... Ma ora, che racchiude le parole della mia piccola compagna di viaggio, lo adoro ancora di più.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

giovedì 21 novembre 2024

Una storia di rinascita

UNA STORIA DI RINASCITA

‘Nonostante le violenze e i maltrattamenti, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza’. 

“Sono stata abbandonata da mia madre all'età di sette mesi, lasciandomi con mio padre e la mia matrigna. Purtroppo, la mia matrigna non era una persona gentile. Ho sopportato molte difficoltà e maltrattamenti da parte sua. Spesso rimanevo senza cibo per giorni, e la fame era così intensa che mi sentivo vicino alla disperazione.

Ricordo un episodio in particolare: ero così affamata che ho dovuto mangiare gli avanzi del nostro cane. Il figlio del vicino mi ha visto e lo ha raccontato a sua madre. Quella sera, la donna mi ha invitato a casa sua e mi ha chiesto se fosse vero quello che suo figlio aveva detto. Ero spaventata all'idea che la mia matrigna potesse scoprirlo, così l'ho pregata di mantenere il segreto. La vicina, commossa, mi ha promesso di darmi da mangiare ogni giorno senza che la mia matrigna lo sapesse, e ha mantenuto la sua promessa fino a quando abbiamo lasciato quella casa.

Come se lasciarmi senza cibo non fosse abbastanza, la mia matrigna mi picchiava spesso durante il giorno. In più, mi legava e mi lasciava nel bagno per ore senza cibo. Nonostante tutte queste esperienze difficili, ho continuato a lottare e a non perdermi d'animo.

Nonostante tutto, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Ero brillante a scuola, e questo mi dava la forza di andare avanti.

Con tutte le difficoltà che ho affrontato, sarebbe stato facile per me diventare piena di rabbia e risentimento. Ma ho scelto un'altra strada. Ho scelto di non lasciare che il mio passato definisse chi sono oggi. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza. Ho imparato a vedere la vita con gratitudine, a perdonare e a guardare al futuro con speranza.

Oggi, posso dire con orgoglio che, nonostante tutto, ho scelto di essere una persona positiva, capace di amare e di vedere la bellezza anche nei momenti più difficili. La mia storia non è una storia di sofferenza, ma di superamento e di rinascita.”

 

Enea Gonzales Awele Ideal- un'avvocatessa nigeriana che ha deciso di raccontare la sua storia perché una ragazza concorrente del Grande Fratello in Nigeria aveva dato problemi e si era giustificata dicendo che il suo comportamento era causato dal fatto di essere orfana.

 

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mercoledì 13 novembre 2024

Genitori come giardinieri

 GENITORI COME GIARDINIEIRI

Dedicarsi al giardinaggio significa apprendere l'arte di coltivare la vita. Non solo quella delle piante, ma anche e soprattutto quella della nostra famiglia e dei nostri figli, che può sbocciare come un fiore nutrito dalle cure amorevoli e dal grande fertilizzante della consapevolezza e della riflessione.

Dedicarsi al giardinaggio Concretamente significa:


Avere un progetto. Non c'è niente di meglio che contribuire allo sbocciare della vita. “Donare la vita” è qualcosa che riempie la vita di soddisfazione e felicità. Una pianta non è né buona né cattiva: vuole appassionatamente e soprattutto vivere! Ma senza un progetto preciso nulla succede. Nell'esistenza, come nel giardinaggio, abbiamo bisogno di sapere quale direzione vogliamo seguire. In pratica, per essere felici bisogna innanzitutto volerlo e questo deve diventare un obiettivo prioritario e consapevole. Solo quando stabiliamo gli obiettivi e diciamo di sì a ciò che il loro perseguimento comporta ci accorgiamo che le nostre esistenze si trasformano. Una volta stabiliti gli obiettivi, fatene una lista mettendoli nero su bianco e riuscirete a portarli a termine positivamente.


Prendere decisioni. Far crescere qualcosa di vivo, significa prendersi una gran bella responsabilità. Un essere vivente ha enormi capacità di sviluppo. Ogni organismo vivente è unico e cresce secondo dinamiche personali. Il rispetto dell’altro è essenziale. Per progredire bisogna imparare a concentrarsi sulla situazione, e poi non esitare, ma agire. Una pianta è un “oggetto” in corso d’opera per sempre, sia pure con fasi diverse. Abbandonata a se stessa, muore.


Preparare il terreno. Bisogna offrirgli uno spazio dove può essere se stesso. Per ogni pianta occorre il posto giusto: la famiglia è il luogo dei sentimenti, il posto dove si sta bene insieme, “la nostra casa”. Per crescere, un figlio ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo hanno voluto, lo amano così com’è, l’accettano con le sue qualità e i suoi difetti, che sono presenti, che l’accompagnano, che lo rispettano e che lo “inquadrano”. Un bambino che ha un padre incapace di spedirlo a dormire la sera non pensa che suo padre possa proteggerlo. È impossibile. «Se mio padre non è neppure capace di farsi obbedire da me, che ho cinque anni, come potrà difendermi dai ladri di cui ho tanta paura di notte?». Una pianta cresce bene se è “disciplinata”, sostenuta, puntellata, diretta. Un bambino ha bisogno di essere “recintato”, rassicurato, protetto e puntellato. Qualche volta “potato”: chi non impara a sopportare i piccoli “no” e le modeste frustrazioni familiari non sarà mai in grado di sopportare quelle serie della vita. E appassirà.


Provvedere l'acqua. Il terreno può essere fertile, ma se non viene innaffia­to nulla può crescere e prosperare. La comunicazione è per gli esseri umani ciò che l'acqua è per i vegetali. Alcuni genitori sot­tovalutano l'importanza della comunicazione e non vi prestano una attenzione sufficiente. Comunicare con i figli significa in primo luogo ascoltarli: sforzarsi cioè di capire che cosa intendo­no dire realmente senza interpretare le loro parole a proprio van­taggio, secondo i nostri schemi e pregiudizi o per dimostrare di avere ragione.


Preoccuparsi della luce. Per poter crescere in tutta la loro forza e bellezza le piante hanno bisogno di luce. Ogni pianta va alla ricerca di una fonte luminosa e se questa è insufficiente, la pianta cresce sclerotica. La luce che serve alla mente e al cuore degli esseri umani è un insieme di cultura, apprendimenti, senso morale, arte, virtù, sensibilità, intelligenza, sentimenti. E senso religioso. Certo, si può vivere anche con poca luce, ma in questo caso la "pianta" avrà uno sviluppo stentato, al di sotto delle sue potenzialità.


Lavorare con entusiasmo. L’arte del giardinaggio è gioia pura e l’entusiasmo è il nutrimento della gioia perché porta l'energia che fa stare bene. La vera felicità non è vincere, ma agire, progredire. «Bisogna stare attenti, tuttavia, a non limitarci al generare; educare è altrettanto bello: un processo in cui si apprende molto, in cui si sperimentano nuove dimensioni della propria umanità. Si cresce l’altro crescendo se stessi» scrive Vittorino Andreoli. Ogni giardiniere è fiero delle sue piante. «Sono stato veramente contento ieri sera: per la prima volta sono uscito con mio padre. Mi ha presentato agli amici ed ha detto di me che ero un bravo figliolo» (Andrea, anni 17).


Liberarsi dalle erbacce. Terreno, acqua e luce sono elementi essenziali ma non sufficienti. Il bravo giardiniere sa di dover difendere le piantine tenere dalle erbacce che rischiano di soffocarle. I bravi genitori cercano di proteggere i figli dalle cattive influenze. La crescita è un processo graduale. L'autonomia si acquisisce passo dopo passo. Il che non significa però che si debba esse­re iperprotettivi. Come succede nei giardini, una volta eliminate le erbacce si rimane stupiti da come tutto il resto venga di conseguenza: la bellezza è lì, pronta a espandersi in un attimo!


Esercitare la pazienza. Il giardinaggio insegna a rispettare le tabelle di marcia, a trasformare un'idea in un progetto con obiettivi chiari, ad analizzare il terreno per capirne le caratteristiche, a utilizzare gli attrezzi giusti, a nutrire con cura le piante e ad aspettare con calma il momento della fioritura. Se rispettiamo questa tabella di marcia anche negli altri ambiti della vita vedremo finalmente sbocciare. Non posso obbligare il mio giardino a crescere più velocemente. Allo stesso modo, anche l'evoluzione di ogni persona ha i suoi tempi. Da rispettare. E monitoriamo la nostra energia per comprendere che cosa ci fa passare dallo svegliarci ogni mattina con il sorriso al desiderare che la settimana sia finita già al martedì.

 

Fonte: www.biesseonline.org

 

 

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mercoledì 6 novembre 2024

Questa casa è diventata parte di me

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

QUESTA CASA E’ DIVENTATA PARTE DI ME

Vorrei riuscire a spiegare cosa significhi lavorare in un contesto come il nostro. 

Spesso scrivo dei post perché vorrei si capisse cosa vi è effettivamente dietro i termini: "Educatore" , "Comunità", ‘’Casa Famiglia’’, non in quanto dotta ma in quanto spettatrice di giornate che mi insegnano a riflettere e a...mutare forma.

Scrivo perché così posso trasformare i miei ricordi in racconti sulle storie di una casa speciale; di una famiglia speciale.

Scrivo perché un domani voglio rileggere le mie giornate e ricordare.

Scrivo perché, rileggendomi, in un tempo lontano, il naso mi si riempirà del profumo dei biscotti che inondò la casa per giorni e giorni; scrivo perché un domani potrei avere il bisogno di sentir riecheggiare nella mia mente le risate della mia collega mentre intrecciava sapiente e dolcemente le sue brioches e mentre raccontava dei giorni passati. Scrivo perché così potrò ricordare il rumore dei pennarelli che coloravano e adornavano i bigliettini sovrastato dal chiacchiericcio di cinque pasticcioni che prendevano in giro le loro educatrici imitandole, facendo ridere tutti in cucina.

..Scrivo nella speranza di ricordare il calore di una casa viva giorno e notte perché così al mattino svegliarsi è più bello se la tavola è piena di cose buone da mangiare.

Scrivo perché così ricordo il movimento delle manine lente sulla frolla, o del cucchiaino colmo di composta di mele che non appena sfiorò la bocca della più piccina fra tutte le smosse le labbra facendola sorridere. Certe volte scrivo perché così ricorderò un domani, l'ufficio acceso fino a sera tardi per pensare e progettare nuove attività e nuove idee.

Scrivo perché così ricordo il sole della domenica mattina, ricordo gli scalini della chiesa smossi dai passetti di ragazzi che spostano tavoli e dolci mentre corrono e si rincorrono giocando.

Spesso scrivo perché non voglio MAI dimenticare il perché rispetto così tanto questo lavoro.

Spesso scrivo perché alle volte i pensieri sono pesanti, alle volte le vite di questi ragazzi che incrociano la mia e le nostre lasciano profondi segni sulla loro e sulla nostra pelle e ho bisogno di ricordare giorni piacevoli.

Scrivo perché le luci, i suoni, i profumi di questa casa nel tempo stanno scuotendo le fondamenta stesse del mio essere.

Scrivo perché al cospetto dei ragazzi che di giorno in giorno rendono migliori i loro educatori, bisogna imparare a rileggersi per capire quanto questo mestiere renda consapevoli dell'importanza del punto di vista di un bambino e di un ragazzo.

Scrivo perché così vedo "Chiaranetta" (questo è il nome che le bambine mi hanno donato in questi anni) prendere forma ed essere grata al cospetto di tanta dolce... Bellezza.

Scrivo perché questa "Casanetta" è diventata parte di me così come questi ragazzi e questi pochi educatori che credono ancora nel potere di una comunità che si prende cura dell'oggi e del domani, a partire dai propri bambini e ragazzi.

Dice Marco: "Dalla parte dei bambini."

Aggiungo io: "Perché rendono migliori gli adulti."

 

Dott.ssa Pittari Chiara

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