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giovedì 23 gennaio 2025

Le creature fantastiche della casa

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LE CREATURE FANTASTICHE DELLA CASA

Talvolta la Casa Famiglia mi sembra una fabbrica di dolci, altre volte un castello di ghiaccio, altre volte il fondo dell'oceano per quanto è silenziosa. Altre volte ancora rumorosa come Milano nel traffico nell'ora di punta. Oggi mi sembra una jungla meravigliosamente bizzarra.

Certe volte penso che questa casa sia un insieme di creature curiose. Alle volte mi dico che quando inizio il turno ed oltrepasso la porta di ingresso, mi trasformo all'istante in una cornacchia nera dal becco lungo. Mi aggiro, muovendomi veloce per gracchiare alle altre creaturine di mettere in ordine le stanze, di finire i compiti, di raccogliere i loro infiniti cimeli sparsi per la casa. Nel mentre della mia veloce corsa mi trovo dinnanzi un bradipo minuscolo che mangia lentamente la sua zuppa; ogni cucchiaio viene mosso con una lentezza estrema dal piatto alla bocca. È lenta, lenta, lenta; posa la testolina sulla mano e mangia lenta mentre naviga nel suo mondo immaginario. Sorride quando mi vede osservarla, sapendo che gracchierò a breve per la sua lentezza: <<e dai Chiaranetta non mi fissare>> e ritorna rapita nel suo mondo incantato. 

Agile come una leonessa, lei si muove per la casa con la calma che la contraddistingue; il suo sguardo è fiero, nobile. Adora che ogni sua cosa sia in ordine, secondo il SUO ordine. Si aggira fiera e di tanto in tanto scatta su di me, povera cornacchia, per prendermi in giro. La sua risata è delicata, sinuosa ed il suo animo è avventuroso e assolato come la savana.

Un piccolo panda esce da una delle camere da letto, si muove ondeggiando allegro spostando di stanza in stanza penne colorate, evidenziatori di ogni tipo e fogli su fogli. Lascia bigliettini che raccontano di cuori e di stelle in giro e di tanto in tanto lascia sorprese sul tavolo delle cornacchie, sorprese ornate con cura da nastri colorati e adesivi scintillanti. Il suo passare lo si riconosce dal disordine estremo che resta al muoversi di ogni singolo passo. Sa spostare le montagne con la sua meravigliosa fantasia ma non sia mai che sposti un suo calzino.

Una volpe saltella per il corridoio avvolta da una coperta gialla. I profondi occhi verdi squadrano la situazione per capire se il tempo è giusto per sgraffignare qualche biscotto dalla dispensa. È dispettosa questa volpe ma immensamente bisognosa di carezze. Si aggira guardinga e golosa alla ricerca di una nuova preda cioccolatosa.

All'improvviso su di me plana, in tutta la sua altezza, un'aquila reale. Il suo temperamento è selvaggio come il vento del nord; non permette a nessuno di ribattere a quanto detto, muove lo sguardo sbattendo velocemente le palpebre pesanti. La sua deve essere sempre l'ultima parola, e vola nobile e tranquilla ma bisogna fare attenzione perché non appena qualcosa non le torna sa tramutarsi nella creatura più irritante del mondo. Le si potrà parlare a lungo ma tanto alla fine, su qualsiasi argomento, avrà ragione lei.

Mentre osservo questa casa colma di creature buffe e affascinanti penso a tutte le sembianze che queste mura sanno acquisire. Talvolta la casa è una fabbrica di dolci, altre volte un castello di ghiaccio, altre volte il fondo dell'oceano per quanto è silenziosa. Altre volte ancora rumorosa come Milano nel traffico nell'ora di punta. Altre volte seria e pesantissima come gli attrezzi della palestra più severa.

Questa sera la Casa Famiglia è una jungla bizzarra.

Ogni singola fra queste creature rende la mia giornata immensamente differente rispetto al giorno precedente. Due creature sono entrate nella nostra stanza; il bradipino e il piccolo panda, le sento ridacchiare e quando si accorgono di me fuggono veloci ridendo come matte.

So che non dormiranno finché non leggeremo la storia eppure sorrido nel sentire echeggiare la loro risata ed il loro passi oltre le pareti della camera.

Quelle due buffe creaturine hanno lasciato le tracce della loro unicità ad una petulante e grata cornacchia che sorride di quanto, alle volte, sia tenero questo mondo.

Stasera va così.

Animali per un giorno.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 15 gennaio 2025

Grazie

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

GRAZIE!

Ritrovo questa scritta su una decorazione dell’albero di Natale. Non so di preciso cosa ci sia in quel "Grazie". So solo che, ancora oggi, quell'oggetto è la testimonianza del passaggio di una persona pura, dolce e buona come poche. Una persona di cui essere immensamente fieri. Il suo fu un dono in onore del Natale che ha amato e ama, spero ancora così tanto.

Smontare l'albero è un rito tanto quanto montarlo.

L'albero della Casa Famiglia è colmo dei nostri lavoretti, dei pensieri e dei ricordi di ogni singola bimba o ragazza che abbia avuto modo di soggiornare in questa casa nel periodo di Natale.

Ciascun oggetto viene rimosso con la massima cautela e deposto nelle scatole quasi fosse un reperto fondamentale per la storia dell'umanità.

Mentre penso, seccata, alla velocità con la quale questo Natale sia già andato via, mi ritrovo fra le mani un piccolo oggetto bianco...

Deve essermi sfuggito al montaggio dell'albero o forse qualche altra bimba l'aveva posto fra i suoi rami senza che me ne accorgessi.

Lo giro e lo rigiro fra le mani osservandolo, vi si legge ancora la scritta: "Grazie".

Risale ad uno dei miei primi Natale in comunità... Ed anche il SUO Natale in comunità...

...Anni addietro eravamo sedute al tavolo della cucina che era strapieno di cuori bianchi da decorare, metri di adesivi e nastri erano sparpagliati sulla tovaglia. L'aria era pervasa dall'odore della colla a caldo.

Lei era china lì su quel cuore da diversi minuti. Osservava quel piccolo oggetto, le pupille si muovevano nonostante lo sguardo fosse fisso su quella superficie bianca e piana. La cucina, come sempre, era rumorosa; risuonava di voci e casino. Lei era silenziosa sebbene di solito parlasse molto e volentieri; il mio sguardo indugiò su di lei. Era così intenta; qualche giorno prima mi aveva raccontato della sua passione per il Natale, dei suoi nonni che adorava e di quanto le piacesse decorare e cimentarsi in presepi e decori. Eppure, sebbene fosse entusiasta fino a qualche secondo prima, pareva che il mondo e con esso i suoi rumori natalizi si fossero fermati.

Un'altra ragazza, nel mentre, aveva attaccato tutti gli stickers possibili e immaginabili su un altro decoro; un'altra ancora cercava le musiche sul telefono mentre raccontava da ore del suo ragazzo. Una bimba minuscola dai capelli biondi giocava mentre un'altra ragazza si nascondeva sotto il tavolo imitando il verso del Lupo per farla ridere come una matta, un'altra guardava la tv. In tutto quel delirio lei scriveva... Lentamente: solo - quella - parola.

Ultimata la sua opera alzò lo sguardo cercando il mio che era già ed inesorabilmente fisso su di lei. Fece un breve sorriso non appena si accorse che i miei occhi indugiavano da un po' su di lei; le sue guance divennero paonazze.  Strinse le spalle e timidamente disse: <<Così un domani ti ricorderai di me e chissà qualche altra ragazza lo vedrà e si sentirà meglio>>.

Da allora mi promisi che quel decoro sarebbe rimasto parte integrante dell'albero di Natale della casa famiglia e così gli altri delle altre ragazze.

Ricambiai quel dolce sorriso mentre la osservavo cimentarsi sognante nel decoro successivo.

L'aria sognante era una sua particolarità. La si vedeva spesso guardare fuori dalla finestra malinconica o canticchiare a bocca chiusa.

Quando guardava un film si stringeva sempre teneramente al braccio della sua amica preferita della casa famiglia.

Una domenica mentre preparavamo assieme il pranzo, ascoltavamo "Che tesoro che sei" di Venditti. Cantavo mentre cucinavamo assieme, (ricordo ancora nitidamente quel pranzo: orecchiette fatte da noi, cotolette, patatine e torta di fragole) lei mi disse che le piacevano quelle canzoni perché le ricordavano la parte più bella della sua infanzia...la parte felice; quella che poi fu minacciata dall'orrore e dalle brutture di un mondo che fu per lei ingrato e spietato.

A sua volta mi fece innamorare delle canzoni di Ultimo; lei era la "Farfalla Bianca" di Ultimo, l'ho sempre pensato o forse la ragazza dai "Sogni appesi".

Non so di preciso cosa ci sia in quel "Grazie". So solo che, ancora oggi, quell'oggetto è la testimonianza del passaggio su questa Terra di una persona pura, dolce e buona come poche. Una persona di cui essere immensamente fieri. Il suo fu un dono in onore del Natale che ha amato e ama, spero ancora così tanto.

Ricordo ancora lei e un'altra ragazza che ridevano come matte mentre trasportavano l'albero di natale nuovo fino a casa senza dar conto minimamente al suo enorme peso. Erano felici perché in casa c'era un albero grande, ridevano e si divertivano mentre lo trasportavamo sulle spalle velocemente... Anzi il più velocemente possibile per portarlo a casa e decorarlo.

Lo stesso albero diversi anni dopo fu ribattezzato: "Signora Meraviglia" da due bambine che mi fecero odiare ed amare immensamente questo lavoro. Insegnarono tanto alla mia indegna ed adulta consapevolezza sulla vita.

Ogni anno appongo i nomi e i decori delle nostre ragazze fra i rami della nostra "Signora Meraviglia". Ogni singolo nome o decoro di ogni singola ragazza o bambina che sia passata o sia qui merita un posto d'onore fra le luci e i rami di quell'amato albero. Anche quando vanno via non li rimuovo e credo che così farò finché questa casa non si stancherà di me e delle mie lunghe ed infinite parole.

Prima di chiudere la scatola osservo, per l'ultima volta quest'anno, quel piccolo oggetto. Istintivamente scrivo in nero la parola "FRAGILE" sul foglio che indica il contenuto di quella scatola per renderla riconoscibile.

Fragile come la mia dolce "Farfalla bianca".

<<Si posa una farfalla sulla spalla ed io

non posso darle altro se non un addio

che il suo destino è fragile come la forza

ma dice che oggi vola ed è li la ricchezza.

Rinchiude in un minuto vent'anni di cose..

Il tempo in fondo è quello che noi gli affidiamo; di quelle ali tra cent'anni chissà che rimane.

Mi dice, "Lascio ai bimbi il sogno di volare"

ma ora ti prego mi porti al mare?

Qualsiasi posto purché sia altrove

dove non servono più le parole>>.

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 11 dicembre 2024

A modo tuo

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

A MODO TUO

È arrivata da noi che era uno scricciolo e le sue notti erano piene di incubi, ora sorride, gioca e sa che non è mai sola e che c’è sempre qualcuno che ‘veglia’ su di lei.

Ero seduta dietro la scrivania.

Capita spesso che durante la settimana vi siano degli incontri dei nostri ragazzi con i propri genitori. Durante questi incontri, quando possibile, tendo a portarmi avanti con i lavori burocratici; segnare gli appuntamenti della settimana successiva, aggiornare il calendario. Ero intenta nel mio lavoro precisino mentre, di tanto, osservavo l'incontro.

La bimba che aveva l'incontro dialogava con i suoi genitori ed in quel momento si stava improvvisando maestra di musica. Chiedeva ai suoi genitori di tacere affinché potesse spiegare loro cosa fare e cantare la canzone che poi gli avrebbe insegnato.

Mentre agitava le manine muoveva una bacchetta immaginaria quasi stesse dirigendo un'intera orchestra fantastica.

Il padre aveva realizzato una sorta di cono di carta per ampliare la voce a mo' di megafono e lei divertita lo aveva preso fra le mani e ridendo gridava attraverso di esso. Rideva e rideva nel sentire la sua voce propagarsi attraverso il foglio. Nel mentre delle sue risate iniziava a cantare:

<<A modo tuo, andrai a modo tuo, camminerai e cadrai, ti alzerai sempre a modo tuo>>.

I miei occhi si spostano su di lei. I suoi occhi sono posati su di me nel contatto più profondo che ci possa essere fra due esseri umani. I battiti nel mio petto rallentano. La sua vocina echeggia in quella stanza che da arancione sembra essere diventata blu. C'era solo lei inquadrata da una luce calda che le dava la giusta teatrale importanza...

I suoi occhietti mi sorridono e lei continua a cantare.

<< A modo tuo, A modo tuo vedrai a modo tuo, dondolerai, salterai, cambierai sempre a modo tuo>>

Si mette a ridere e mi viene ad abbracciare.

...È arrivata da noi che era uno scricciolo e le sue notti erano piene di incubi. Una notte di quelle che le facevano paura, la stavo cullando. La calda coperta celeste la avvolgeva e quelle manine erano strette attorno alle mie.

Iniziai a cantare la canzone di Elisa. La cantai per più di un'ora.

Vidi i suoi occhietti chiudersi finalmente e la manina che stringeva la mia diventare morbida ed abbandonarsi alla coperta soffice.

Il suo respiro era calmo, non era più agitato.

La misi nella culla continuando a cantare.

Anni dopo quella canzone la cantavamo io e lei in cucina con altre bambine mentre preparavamo una torta. La dedicavo alla loro paura di crescere ed alla mia di lasciarle andare un giorno.

Cantavamo in cucina mentre una buffa torta con gli occhi di caramelle prendeva forma...

La stanza ritornava arancione e quella bimba era diventata più grande rispetto al mio ricordo o forse anche più della sua esatta età; ora sorride, gioca e chiede al mondo i perché del suo essere a quel modo, chiede i perché dei perché.

Gira le manine mentre danza, saltella facendo sobbalzare quei bei capelli ricci che si muovono leggeri al di fuori dell'elastico, ribelli a ciò che stringe, ribelli e unici.

<<Questa è la canzone di Chiaranetta>> spiegava alla mamma.

Non c'erano calendari o appuntamenti da segnare, non c'era più una scrivania, forse non c'ero più neanche io... C'era una bimba che cresceva e donava a me il momento più dolce della giornata o forse dell'anno o forse di sempre.

<<Sarà difficile diventar grande

prima che lo diventi anche tu;

tu che farai tutte quelle domande,

io fingerò di saperne di più.

Sarà difficile

ma sarà come deve essere...

metterò via i giochi;

proverò a crescere.

Sarà difficile chiederti scusa

per un mondo che è quel che è;

Io nel mio piccolo tento qualcosa

ma cambiarlo è difficile.

Sarà difficile...

Dire "Tanti auguri a te"

a ogni compleanno,

vai un po' più via da me>>

Quante volte le ho pensate queste frasi...

Quante volte le penso...

Torniamo a casa, lei corre e saltella.

Prima aveva il bisogno di stringere la mano sempre, aveva bisogno della certa presenza dell'adulto ora invece per lei è tutto un gioco. Corre sicura, si gira, fa la linguaccia, sa che l'adulto è dietro di lei anche se lei non guarda. C'è quella sicurezza che le consente di muoversi libera. La guardo con immenso orgoglio e credo che tutto questo sia la benedizione che ogni tanto cerca una ragazza che non crede a nulla e a nessuno a questo mondo...tranne che nella bellezza di una bimba che canta la sua ninna nanna ricordandomi quanto stia crescendo e quante cose belle vorrei il mondo avesse in serbo per lei, per le altre ragazze, per tutti i ribelli di questa casa.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

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martedì 26 novembre 2024

Ho dovuto difendere quella bambina

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

HO DOVUTO DIFENDERE QUELLA BAMBINA

‘’Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità’’

 

<<Ti DEVO dire una cosa che mi è successa in circolare!!!>>.

Così spesso iniziano i turni di un educatore. Alle volte iniziano con i silenzi altre volte con parole dalla pronuncia più veloce che si possa immaginare.

Quando questo è l'esordio di un turno so, in partenza, che la pasta nella pentola che attende di essere scolata dovrà aspettare... E anche tanto.

I bei capelli castani si muovono fluidi attorno al suo viso lungo e sottile. Il suo volto è compiaciuto ed il petto si gonfia fiero delle frasi che quella bocca, in un frenetico vociare, sta per proferire.

<<In circolare c'era una bimba di colore, piccola come quella che abbiamo qui. Alcuni bambini hanno iniziato a prenderla in giro per il colore della sua pelle. Le dicevano cose stupide e ingiuste. Non ce l'ho fatta PIÙ! Sono intervenuta e l'ho difesa. La guardavo e mi ricordavo quando a me dicevano "Marocchina, tu puzzi, sei scura". Che gliene importa a loro del colore?! Mi sono arrabbiata così tanto quando ho sentito quelle cose!!! Sono ingiuste! Ma che gliene importa a loro??!>>

Nell'intermezzo una serie infinita di parole italiane, marocchine e dialettali avverse, vengono sparate nell'aria come proiettili quasi volessero colpirla nella speranza di raggiungere quell'ingiustizia e distruggerla. Temevo quasi scalfissero i mobili della cucina per la veemenza con cui venivano pronunciate: proiettili di parole volanti e ribelli; ecco cos'erano.

Gli occhi grandi dalle sfumature terrene e dei prati assolati si muovono frenetici accompagnando il movimento delle mani che rendevano giustizia, attraverso i gesti, al contenuto del suo discorso.

<<Oggi una bambina mi ha fatto il complimento più bello di TUTTA la mia vita: mi ha ringraziato e mi ha detto che con lei nessuno vuole mai giocare, che io sono stata la PRIMA ad averla MAI  difesa... Non mi sono mai sentita COSÌ! I complimenti di un bambino contano molto più di quelli dei grandi...almeno loro dicono SEMPRE la verità>>.

Mentre racconta tutto questo prende in braccio la piccola, le accarezza i capelli e le sistema con cura la felpa smossa dalle braccine che si muovono allegre.

Nelle sue parole ed in quella scena riconosco la bontà di quella voce ed al contempo la nostalgica volontà di sentirsi dire (da quel mondo di adulti che fin troppo spesso le attribuisce "lo status" di ribelle, nullafacente, drogata, fumata) un: "brava", un "sei una brava ragazza", "sei una bella persona".

Le accarezzo il volto affinché la bimba nascosta in quel corpo di ragazza che non ha ricevuto al momento giusto le carezze giuste, o le giuste tenerezze sappia che qualcuno è fiero, immensamente fiero, di chi è diventata; con tutte le difficoltà che il mondo ha previsto per lei e per la sua crescita.

Rimane sempre stranita quando vi sono questi gesti sebbene ne abbia così voglia... Ma è cosi poco abituata a tutto questo.

Una ragazza oggi, una di quelle che di solito viene definita "perdente, straniera, al limite" era fiera del sorriso di una bimba; era offesa dalle parole che spesso vengono usate in una normalità (così la chiamano o la banalizzano) in cui spesso non si tiene conto delle ferite, delle delicatezze trattate da mani sprezzanti, del peso incombente e grave delle parole.

Li chiamano ragazzi "difficili", "diversi", "inappropriati".

Spesso sento l'appellativo "irrecuperabili".

(...)

Ore dopo, io e la piccina (quella dell'età della bimba insultata in circolare) camminiamo per strada, la sua mano stringe la mia ed alcune gocce lentamente iniziano a cadere lasciando i segni sul suo giubbino rosso e sul mio cappotto verde. Apro l'ombrello trasparente sulle nostre teste. Le farfalle ed i fiori si illuminano riflettendo le luci delle macchine che passano; quasi avessero preso vita. Lei guardandolo estasiato mentre le gocce di pioggia cascano oltre il suo bordo esclama << WOW è bellissimo Chiaranetta! Lo compriamo a tutte così si divertono sotto la pioggia???!!>>

Fra loro non ce n'è una che, a modo suo e con i propri limiti, non si prenda cura dell'altra.

Che sia il pensiero di un ombrello, di una stretta di mano, di un'associazione di pensiero. Mi chiedo se a lei avessero detto quelle cose... Lei con quel sorriso così dolce che si stupisce per così poco.

Mi chiedo se esista un appellativo per descrivere tutto questo, poi mi dico che già c'è:

Casa famiglia...

Irrecuperabile Casa Famiglia; questo è il suo nome.

Ho sempre adorato questo ombrello... Ma ora, che racchiude le parole della mia piccola compagna di viaggio, lo adoro ancora di più.

 

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giovedì 21 novembre 2024

Una storia di rinascita

UNA STORIA DI RINASCITA

‘Nonostante le violenze e i maltrattamenti, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza’. 

“Sono stata abbandonata da mia madre all'età di sette mesi, lasciandomi con mio padre e la mia matrigna. Purtroppo, la mia matrigna non era una persona gentile. Ho sopportato molte difficoltà e maltrattamenti da parte sua. Spesso rimanevo senza cibo per giorni, e la fame era così intensa che mi sentivo vicino alla disperazione.

Ricordo un episodio in particolare: ero così affamata che ho dovuto mangiare gli avanzi del nostro cane. Il figlio del vicino mi ha visto e lo ha raccontato a sua madre. Quella sera, la donna mi ha invitato a casa sua e mi ha chiesto se fosse vero quello che suo figlio aveva detto. Ero spaventata all'idea che la mia matrigna potesse scoprirlo, così l'ho pregata di mantenere il segreto. La vicina, commossa, mi ha promesso di darmi da mangiare ogni giorno senza che la mia matrigna lo sapesse, e ha mantenuto la sua promessa fino a quando abbiamo lasciato quella casa.

Come se lasciarmi senza cibo non fosse abbastanza, la mia matrigna mi picchiava spesso durante il giorno. In più, mi legava e mi lasciava nel bagno per ore senza cibo. Nonostante tutte queste esperienze difficili, ho continuato a lottare e a non perdermi d'animo.

Nonostante tutto, ero determinata a non farmi abbattere. Continuavo a studiare con impegno, sapendo che l'istruzione era la mia via di fuga. Ero brillante a scuola, e questo mi dava la forza di andare avanti.

Con tutte le difficoltà che ho affrontato, sarebbe stato facile per me diventare piena di rabbia e risentimento. Ma ho scelto un'altra strada. Ho scelto di non lasciare che il mio passato definisse chi sono oggi. Invece di cedere alla negatività, ho deciso di trasformare le mie esperienze in una fonte di forza. Ho imparato a vedere la vita con gratitudine, a perdonare e a guardare al futuro con speranza.

Oggi, posso dire con orgoglio che, nonostante tutto, ho scelto di essere una persona positiva, capace di amare e di vedere la bellezza anche nei momenti più difficili. La mia storia non è una storia di sofferenza, ma di superamento e di rinascita.”

 

Enea Gonzales Awele Ideal- un'avvocatessa nigeriana che ha deciso di raccontare la sua storia perché una ragazza concorrente del Grande Fratello in Nigeria aveva dato problemi e si era giustificata dicendo che il suo comportamento era causato dal fatto di essere orfana.

 

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mercoledì 13 novembre 2024

Genitori come giardinieri

 GENITORI COME GIARDINIEIRI

Dedicarsi al giardinaggio significa apprendere l'arte di coltivare la vita. Non solo quella delle piante, ma anche e soprattutto quella della nostra famiglia e dei nostri figli, che può sbocciare come un fiore nutrito dalle cure amorevoli e dal grande fertilizzante della consapevolezza e della riflessione.

Dedicarsi al giardinaggio Concretamente significa:


Avere un progetto. Non c'è niente di meglio che contribuire allo sbocciare della vita. “Donare la vita” è qualcosa che riempie la vita di soddisfazione e felicità. Una pianta non è né buona né cattiva: vuole appassionatamente e soprattutto vivere! Ma senza un progetto preciso nulla succede. Nell'esistenza, come nel giardinaggio, abbiamo bisogno di sapere quale direzione vogliamo seguire. In pratica, per essere felici bisogna innanzitutto volerlo e questo deve diventare un obiettivo prioritario e consapevole. Solo quando stabiliamo gli obiettivi e diciamo di sì a ciò che il loro perseguimento comporta ci accorgiamo che le nostre esistenze si trasformano. Una volta stabiliti gli obiettivi, fatene una lista mettendoli nero su bianco e riuscirete a portarli a termine positivamente.


Prendere decisioni. Far crescere qualcosa di vivo, significa prendersi una gran bella responsabilità. Un essere vivente ha enormi capacità di sviluppo. Ogni organismo vivente è unico e cresce secondo dinamiche personali. Il rispetto dell’altro è essenziale. Per progredire bisogna imparare a concentrarsi sulla situazione, e poi non esitare, ma agire. Una pianta è un “oggetto” in corso d’opera per sempre, sia pure con fasi diverse. Abbandonata a se stessa, muore.


Preparare il terreno. Bisogna offrirgli uno spazio dove può essere se stesso. Per ogni pianta occorre il posto giusto: la famiglia è il luogo dei sentimenti, il posto dove si sta bene insieme, “la nostra casa”. Per crescere, un figlio ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo hanno voluto, lo amano così com’è, l’accettano con le sue qualità e i suoi difetti, che sono presenti, che l’accompagnano, che lo rispettano e che lo “inquadrano”. Un bambino che ha un padre incapace di spedirlo a dormire la sera non pensa che suo padre possa proteggerlo. È impossibile. «Se mio padre non è neppure capace di farsi obbedire da me, che ho cinque anni, come potrà difendermi dai ladri di cui ho tanta paura di notte?». Una pianta cresce bene se è “disciplinata”, sostenuta, puntellata, diretta. Un bambino ha bisogno di essere “recintato”, rassicurato, protetto e puntellato. Qualche volta “potato”: chi non impara a sopportare i piccoli “no” e le modeste frustrazioni familiari non sarà mai in grado di sopportare quelle serie della vita. E appassirà.


Provvedere l'acqua. Il terreno può essere fertile, ma se non viene innaffia­to nulla può crescere e prosperare. La comunicazione è per gli esseri umani ciò che l'acqua è per i vegetali. Alcuni genitori sot­tovalutano l'importanza della comunicazione e non vi prestano una attenzione sufficiente. Comunicare con i figli significa in primo luogo ascoltarli: sforzarsi cioè di capire che cosa intendo­no dire realmente senza interpretare le loro parole a proprio van­taggio, secondo i nostri schemi e pregiudizi o per dimostrare di avere ragione.


Preoccuparsi della luce. Per poter crescere in tutta la loro forza e bellezza le piante hanno bisogno di luce. Ogni pianta va alla ricerca di una fonte luminosa e se questa è insufficiente, la pianta cresce sclerotica. La luce che serve alla mente e al cuore degli esseri umani è un insieme di cultura, apprendimenti, senso morale, arte, virtù, sensibilità, intelligenza, sentimenti. E senso religioso. Certo, si può vivere anche con poca luce, ma in questo caso la "pianta" avrà uno sviluppo stentato, al di sotto delle sue potenzialità.


Lavorare con entusiasmo. L’arte del giardinaggio è gioia pura e l’entusiasmo è il nutrimento della gioia perché porta l'energia che fa stare bene. La vera felicità non è vincere, ma agire, progredire. «Bisogna stare attenti, tuttavia, a non limitarci al generare; educare è altrettanto bello: un processo in cui si apprende molto, in cui si sperimentano nuove dimensioni della propria umanità. Si cresce l’altro crescendo se stessi» scrive Vittorino Andreoli. Ogni giardiniere è fiero delle sue piante. «Sono stato veramente contento ieri sera: per la prima volta sono uscito con mio padre. Mi ha presentato agli amici ed ha detto di me che ero un bravo figliolo» (Andrea, anni 17).


Liberarsi dalle erbacce. Terreno, acqua e luce sono elementi essenziali ma non sufficienti. Il bravo giardiniere sa di dover difendere le piantine tenere dalle erbacce che rischiano di soffocarle. I bravi genitori cercano di proteggere i figli dalle cattive influenze. La crescita è un processo graduale. L'autonomia si acquisisce passo dopo passo. Il che non significa però che si debba esse­re iperprotettivi. Come succede nei giardini, una volta eliminate le erbacce si rimane stupiti da come tutto il resto venga di conseguenza: la bellezza è lì, pronta a espandersi in un attimo!


Esercitare la pazienza. Il giardinaggio insegna a rispettare le tabelle di marcia, a trasformare un'idea in un progetto con obiettivi chiari, ad analizzare il terreno per capirne le caratteristiche, a utilizzare gli attrezzi giusti, a nutrire con cura le piante e ad aspettare con calma il momento della fioritura. Se rispettiamo questa tabella di marcia anche negli altri ambiti della vita vedremo finalmente sbocciare. Non posso obbligare il mio giardino a crescere più velocemente. Allo stesso modo, anche l'evoluzione di ogni persona ha i suoi tempi. Da rispettare. E monitoriamo la nostra energia per comprendere che cosa ci fa passare dallo svegliarci ogni mattina con il sorriso al desiderare che la settimana sia finita già al martedì.

 

Fonte: www.biesseonline.org

 

 

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mercoledì 6 novembre 2024

Questa casa è diventata parte di me

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

QUESTA CASA E’ DIVENTATA PARTE DI ME

Vorrei riuscire a spiegare cosa significhi lavorare in un contesto come il nostro. 

Spesso scrivo dei post perché vorrei si capisse cosa vi è effettivamente dietro i termini: "Educatore" , "Comunità", ‘’Casa Famiglia’’, non in quanto dotta ma in quanto spettatrice di giornate che mi insegnano a riflettere e a...mutare forma.

Scrivo perché così posso trasformare i miei ricordi in racconti sulle storie di una casa speciale; di una famiglia speciale.

Scrivo perché un domani voglio rileggere le mie giornate e ricordare.

Scrivo perché, rileggendomi, in un tempo lontano, il naso mi si riempirà del profumo dei biscotti che inondò la casa per giorni e giorni; scrivo perché un domani potrei avere il bisogno di sentir riecheggiare nella mia mente le risate della mia collega mentre intrecciava sapiente e dolcemente le sue brioches e mentre raccontava dei giorni passati. Scrivo perché così potrò ricordare il rumore dei pennarelli che coloravano e adornavano i bigliettini sovrastato dal chiacchiericcio di cinque pasticcioni che prendevano in giro le loro educatrici imitandole, facendo ridere tutti in cucina.

..Scrivo nella speranza di ricordare il calore di una casa viva giorno e notte perché così al mattino svegliarsi è più bello se la tavola è piena di cose buone da mangiare.

Scrivo perché così ricordo il movimento delle manine lente sulla frolla, o del cucchiaino colmo di composta di mele che non appena sfiorò la bocca della più piccina fra tutte le smosse le labbra facendola sorridere. Certe volte scrivo perché così ricorderò un domani, l'ufficio acceso fino a sera tardi per pensare e progettare nuove attività e nuove idee.

Scrivo perché così ricordo il sole della domenica mattina, ricordo gli scalini della chiesa smossi dai passetti di ragazzi che spostano tavoli e dolci mentre corrono e si rincorrono giocando.

Spesso scrivo perché non voglio MAI dimenticare il perché rispetto così tanto questo lavoro.

Spesso scrivo perché alle volte i pensieri sono pesanti, alle volte le vite di questi ragazzi che incrociano la mia e le nostre lasciano profondi segni sulla loro e sulla nostra pelle e ho bisogno di ricordare giorni piacevoli.

Scrivo perché le luci, i suoni, i profumi di questa casa nel tempo stanno scuotendo le fondamenta stesse del mio essere.

Scrivo perché al cospetto dei ragazzi che di giorno in giorno rendono migliori i loro educatori, bisogna imparare a rileggersi per capire quanto questo mestiere renda consapevoli dell'importanza del punto di vista di un bambino e di un ragazzo.

Scrivo perché così vedo "Chiaranetta" (questo è il nome che le bambine mi hanno donato in questi anni) prendere forma ed essere grata al cospetto di tanta dolce... Bellezza.

Scrivo perché questa "Casanetta" è diventata parte di me così come questi ragazzi e questi pochi educatori che credono ancora nel potere di una comunità che si prende cura dell'oggi e del domani, a partire dai propri bambini e ragazzi.

Dice Marco: "Dalla parte dei bambini."

Aggiungo io: "Perché rendono migliori gli adulti."

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia