NON ABBIAMO PIU' TEMPO DI GUARDARCI NEGLI OCCHI
Uno dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando del contatto più semplice: il contatto visivo.
In famiglia,
scompaiono le occasioni che consentivano alle persone di “guardarsi”. Una statistica afferma che il tempo medio che un
genitore trascorre con un figlio adolescente è attualmente stimabile in 12
minuti al giorno. Anche il pasto della sera non viene più consumato insieme,
per le troppe attività in cui ciascuno è impegnato e i diversi gusti
televisivi. Dei 12 minuti, almeno 10 vengono impiegati per dare istruzioni o
verificare l'esecuzione di quelle impartite il giorno precedente, gli altri minuti
si esauriscono in questioni poco significative.
È così che
diventa realmente possibile la preghiera ormai classica: «Signore, fammi
diventare un televisore, così la mia mamma e il mio papà mi guarderanno un po'
di più».
Il contatto visivo è guardare direttamente
una persona negli occhi. La maggioranza della gente non capisce quanto questo contatto sia
vitale. Quasi tutti però conoscono il disagio di una conversazione con qualcuno
che guarda costantemente altrove e che è incapace di guardare in faccia l'interlocutore.
Le persone hanno bisogno di essere
guardate. A che cosa
servono le tante cure al vestito, al look, al corpo se non per attirare
l'attenzione e lo sguardo degli altri? Anche il piercing, i tatuaggi e le
spesso sconcertanti originalità degli adolescenti sono l'inquietante
invocazione: «Guardatemi!».
Il contatto visivo è essenziale non solo per comunicare con i
bambini ma per soddisfare i loro bisogni emotivi. Il bambino utilizza il
contatto visivo con i genitori per nutrirsi emotivamente. Con gli occhi si
comunica amore. Lo sanno bene gli innamorati. Tutti sentono la profonda
emotività della frase «Mangiarsi con gli occhi». Anche l'evangelista Marco
nell'episodio dell'incontro tra Gesù e il giovane ricco, afferma: «Gesù,
fissatolo, lo amò...».
Lo sguardo dei genitori significa
amore, attenzione reale, apprezzamento e interesse. Gli occhi dei genitori sono una
fonte di valore e una forma di nutrimento morale ed emotivo. Un figlio
moltiplica il proprio impegno se si sente guardato dai genitori. Purtroppo
molti genitori sono occupati a far tante cose per i propri figli e poi si
dimenticano di “guardarli”.
Ormai è
provato: lo sguardo caldo e incoraggiante dell'insegnante aumenta l'impegno
dell'alunno, lo aiuta a capire meglio ciò che gli viene detto. Così pure è
certo che i bambini memorizzano meglio le fiabe raccontate guardandoli negli
occhi.
Insomma, la mancanza del contatto visivo è un
danno umano di non poco conto e non utilizzarlo sarebbe da irresponsabili.
Anche perché esiste il pericolo della sua scomparsa (o quasi) a causa della
inarrestabile e sempre più invadente comunicazione digitale! L'insidia è
davvero alta. Il cellulare, il tablet, lo smartphone connettono, ma non mettono
in relazione.
• I
“connessi” non sentono la vibrazione dello stare vicino l'uno all'altro, del
guardarsi, dello sfiorarsi.
• Si è
scoperto che i ragazzi che chattano molto non arrossiscono più ed hanno
difficoltà a fissarsi negli occhi. Questa è povertà umana!
• Nei campi
di concentramento tedeschi era severamente proibito ai prigionieri guardare
negli occhi le guardie di sorveglianza, per timore che queste avrebbero potuto
intenerirsi ed essere meno dure.
I contatti sbagliati
Fin qui
tutto pare correre liscio. In realtà non è così. Non tutti i contatti visivi,
infatti, hanno valenza umanizzante.
Vi sono
contatti sbagliati che danneggiano la nostra crescita umana ed altri che la
favoriscono.
• Quello dell'occhio poliziesco dei genitori
che controllano ogni mossa del figlio, lo pedinano tutto il giorno, gli
soffiano continuamente sul collo, gli razionano i metri di libertà. L'occhio
poliziesco non è fattore di crescita: potrà fare un disciplinato, ma non un
educato. “Mai la catena ha fatto buon cane”, recita l'indovinato proverbio.
• Un secondo
tipo di contatto visivo sbagliato è quello dell'occhio
minaccioso, fulminante. “Guardami negli occhi!”, urlano alcuni genitori che
si dimenticano che la paura non ha mai innalzato alcuno, ma ha sempre solo
formato nani.
• Terzo tipo
di contatto visivo sbagliato (il peggiore tra tutti!) è quello dell'occhio indifferente. L'indifferenza è sempre
insopportabile: ti gela l'anima, ti fa perdere la voglia d'essere al mondo.
L'indifferenza è la sorella gemella della crudeltà!
I contatti buoni
Passiamo ai
contatti buoni.
• Contatto
buono è quello dell'occhio generoso
che vede ciò che nessuno vede.
Un tale si
era innamorato della celebre cantante e ballerina Elena Sontag che vedeva
stupenda.
Un giorno un
amico gli disse: “Ma non hai notato che la signorina ha un occhio più piccolo
dell'altro?”.
“Macché -
ribatté il convinto ammiratore - “ha un occhio più grande dell'altro!”.
A questi
livelli di generosità (di umanità) possono arrivare gli occhi generosi, i più
apprezzati dai pedagogisti che sono d'accordo con la magnifica intuizione dello
scrittore francese François Mauriac: “Amare qualcuno significa essere l'unico
a vedere un miracolo che per tutti è invisibile”.
• Buono è il contatto visivo incoraggiante che dà
la spinta e fa volare alto.
• Buono è il contatto visivo accogliente che ti
avvolge come un manto ripieno d'amore e di empatia. Un contatto visivo con tali
caratteri ha più valenza umanizzante di tutti i milioni di contatti digitali
del mondo messi insieme
Autore:
Pino Pellegrino
Fonte:
www.biesseonline.sdb.org
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