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mercoledì 27 giugno 2018

Insegniamo l’importanza di ‘Essere’ più che ‘Apparire’

INSEGNIAMO L'IMPORTANZA DI 'ESSERE' PIU' CHE 'APPARIRE'

Lo scrittore Michele Serra (1954) ha fatto centro: “Oggi si può essere mascalzoni, mediocri, anche scemi, ma la cravatta giusta al momento giusto, aggiusta tutto. Chi non si firma è perduto!”. 
Ormai tutto è spettacolo, tutto è look! “Appaio, dunque sono!”. “Luccico, dunque esisto!”. 
La mania esibizionistica è arrivata persino nella scuola. Ormai la cartella è scomparsa: ora c'è lo zainetto con tutto il seguito di astucci profumati, colori, penne, quaderni griffati da uno stilista di fama. 
Non è tempo di salvarci (siamo in tema!) dalla civiltà del guscio, del lustrismo? 
Siamo arrivati a leggere sui giornali fatti come questo: a Genova Pegli una figlia si avventa contro la madre, la strattona e la ferisce. La madre, sbalordita, non capisce il perché di tanta furia. 
Ad un tratto, la figlia le urla: “Perché mi hai fatta brutta!”. È chiaro: oggi è meglio non esserci che apparire brutti. Urge salvarci dalla civiltà del guscio! 


• Salvarci perché lo spostamento dall'interiorità all'esteriorità è una trappola, un inganno, un tranello. L'apparenza può portare a solenni truffe. 
Vesti una colonna e ti parrà una bella donna”, recita il proverbio. 
In Spagna dicono: “Benché di seta la scimmia si vesta, scimmia resta”. 
Noi diciamo: “L'asino non diventa saggio quando porta un carico di libri”. 

Insomma, senza spessore interiore si è di carta pesta, come dice, a tutto tondo, il noto Antonio Mazzi: “I ragazzi d'oggi non hanno dentro niente. Non sono ragazzi cattivi, ma sono fatti di carta pesta”. 

• Salvarci dal look, poi, perché il dominio dell'apparire genera malesseri incalcolabili. 
Qualcuno ha detto che se si dipingessero di verde tutti gli adolescenti ammalati di scontentezza, le nostre città sembrerebbero piene di alberelli che camminano. 
Ammalati di scontentezza! 
Il 73% dei genitori italiani è disposto a sostenere qualsiasi spesa, pur di migliorare l'aspetto del figlio! Almeno ventimila ragazze italiane, ogni anno, si sottopongono alla chirurgia facciale per rifarsi il naso... Davvero: l'apparire messo al vertice della scala dei valori annebbia il cervello: vi sono persone che lavorano anni per appiattirsi la pancia e non fanno niente per imparare ad essere felici! 


• Salvarci dal look, infine, perché vogliamo essere intelligenti: superare lo smalto e andare al cuore. Questo significa esattamente essere intelligenti (da intus legere): oltrepassare la crosta esteriore e arrivare al paese dell'anima! Questo è ciò che conta! 
Socrate era basso di statura, calvo, faccione da rana, naso a palla... e fu un grandissimo filosofo! 
Il caso di Socrate è quello di mille altri. 
Pensiamo a Schubert (154 cm di altezza!), a Andersen, il noto danese, scrittore di fiabe, brutto come l'anatroccolo di una sua famosa fiaba, appunto. 
Pensiamo a san Francesco d'Assisi (uno scricciolo d'uomo: 43-45 chili), a Einstein, a Giotto, anche lui piccolo e grasso (ma quale tavolozza!). 
Insomma, davvero, la forma non fa la salsiccia, il camice non fa il medico... 
Il ricercatissimo Bernardo Provenzale non cessò d'essere un pericoloso mafioso quando si vestì da vescovo per sfuggire alla cattura. 
Abbiamo compreso che sostenere il salvataggio dell'uomo interiore è tifare per la vittoria dell'intelligenza sulla stupidità.


RAPPORTO ALL'AQUILA 
L'aquila, regina degli uccelli, sentiva da tempo magnificare le grandi qualità dell'usignolo. Da brava sovrana, volle rendersi conto se quanto si diceva era vero e, per sincerarsene, mandò a controllare due dei suoi funzionari: il pavone e l'allodola. Avrebbero dovuto valutare la bellezza e il canto dell'usignolo. 
I due adempirono la loro missione e tornarono dall'aquila. 
Il pavone riferì per primo: «L'usignolo ha una livrea così modesta da rasentare il ridicolo: questo fatto mi ha talmente infastidito, che non ho prestato la minima attenzione al suo canto». 
L'allodola disse: «La voce dell'usignolo mi ha letteralmente incantato, tanto che mi sono completamente scordato di badare al suo vestito».

CHI CONTA DI PIÙ 
C'era una volta un bramino buono e pio che viveva con le elemosine che i fedeli gli regalavano. Un giorno pensò: «Andrò a chiedere l'elemosina vestito come un povero intoccabile». 
Così mise uno straccio intorno ai fianchi, come fanno i paria, i più poveri dell'India. 
Quel giorno nessuno lo salutò, nessuno gli diede l'elemosina. 
Andò al mercato, andò al tempio, ma nessuno gli rivolgeva la parola. 
La volta successiva il bramino si vestì secondo la sua casta: si mise un bel vestito bianco, un turbante di seta e una giacchetta ricamata. La gente lo salutava e gli dava denaro per lui e per il tempio. 
Quando tornò a casa, il bramino si tolse gli abiti, li posò su una sedia e si inchinò profondamente. Poi disse: «Oh! Fortunati voi, vestiti! Fortunati! Sulla terra ciò che è certamente più onorato è il vestito, non l'essere umano che vi è sotto».

LE CHICCHE DEL MESE 
• L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sulla statura. 
• Se bastasse la bellezza, la rosa dovrebbe fare la minestra più buona del cavolo. 
• È meglio non avere il pettine che non avere idee. 
• Benché di seta la scimmia si vesta, scimmia resta. 
• La bellezza dura fino alla porta, la bontà fino alla morte. 
• Se fosse sufficiente crescere dal di fuori, un elefante potrebbe essere preside della Facoltà di zoologia. 
• Non è da saggi giudicare un uomo dalla piega dei pantaloni.

Fonte:www.biesseonline.org

 

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mercoledì 20 giugno 2018

Allarme adolescenti: raddoppiano i tentativi di suicidio

ALLARME ADOLESCENTI: RADDOPPIANO I TENTATIVI DI SUICIDIO

“Ho cercato di uccidermi, non ci sono riuscito, penso che lo rifarò, la mia vita non ha senso”: nel migliore dei casi tutta la sofferenza di un ragazzino disorientato, insicuro, incapace di gestire emozioni e conflitti arriva all’orecchio di uno psicologo. Ed è già un grande passo avanti.
In Italia il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani.
Secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza i tentativi di suicidio da parte dei teenager in due anni (dal 2015 al 2017) sono quasi raddoppiati: si è passati dal 3,3% al 5,9%, ovvero 6 su 100 di età tra i 14 e i 19 anni hanno provato a togliersi la vita. Un dramma che riguarda soprattutto le ragazze (71%). Il 24% degli adolescenti ha invece pensato almeno una volta a un gesto estremo.
Una fotografia che mette a nudo un crescente disagio giovanile: ragazzini già stanchi di vivere quando tutto è solo cominciato.
Un giovane si lancia nel vuoto e muore: la notizia, letta su un giornale o passata in tv, è sempre un pugno allo stomaco. Fanno notizia i casi di bullismo, meno quelli i cui contorni restano sfocati. Quando in sostanza è il ‘malessere dell’anima’ a togliere l’ultimo respiro.
“Circa la metà del campione che l’Osservatorio ha intervistato (10.300 adolescenti, ndr) si percepisce depresso: una sensazione di tristezza, di malumore che colpisce oggi il 53% dei ragazzi e delle ragazze, la percentuale nel 2015 era pari al 33%. Inoltre quasi il 36% ha dichiarato di avere frequenti crisi di pianto”, afferma all’Adnkronos la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, premettendo che la depressione nell’adolescente si presenta con caratteristiche ben diverse rispetto all’adulto. E che il fenomeno che porta talvolta a gesti disperati è “spesso sottovalutato”. “Bisogna fare più prevenzione, specie nelle scuole”, è l’invito della psicoterapeuta.
Secondo Manca “ci sono dei campanelli di allarme in famiglia e anche a scuola che non vanno mai sottovalutati: il suicidio non è un raptus ma l’ultimo atto di un percorso di sofferenza in cui matura il disagio esistenziale. Arrivano ad uccidersi perché nel momento in cui decidono di farlo non trovano nessun’altra risorsa interna a cui aggrapparsi. E’ come se fossero in una bolla isolante”.
Ragazzi e ragazze che giorno dopo giorno si sentono sempre più oppressi da un senso di vuoto che difficilmente riescono a comunicare. “Sono sempre più piccoli – riflettiamo! – i ragazzi che tentano il suicidio per una sofferenza che spesso non riescono ad esprimere a casa, ad amici, insegnanti”, riferisce l’esperta. Ecco perché ai primi segnali – isolamento, cambio delle abitudini quotidiane e dell’umore, irritabilità, disinteresse, impulsività – i familiari “hanno il dovere di rivolgersi a uno specialista”, suggerisce la psicoterapeuta. “Per non parlare poi di quando hanno già provato a togliersi la vita, il rischio sale drasticamente. E non può rimanere un fatto privato, bisogna parlarne, confrontarsi, chiedere aiuto”.
“Sia chiaro – insiste Manca – non è un evento stressante, come per esempio la litigata con la fidanzatina o i brutti voti a scuola, la causa del comportamento suicidario. Il rischio è dentro una vulnerabilità già manifesta, che dipende da fattori diversi lungo un ‘vissuto depressivo’ mal gestito”. I più esposti sono gli ipersensibili e“coloro che non hanno strumenti per affrontare le sfide della vita”.
Restano così incastrati in un tunnel che li isola dal mondo esterno. Si sentono incompresi, in realtà non sanno trovare risorse per lottare, per gestire i sentimenti, spesso non hanno direzioni cui guardare.
“La parola ‘solitudine’ – spiega la presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – è quella che sento più spesso da parte di questi ragazzi fragili, si tratta di ‘solitudine emotiva’ non fisica. Il dolore poi cresce quando l’aspettativa di chi dovrebbe comprendere o semplicemente ascoltarli – genitori, amici, amata – va delusa”.
Cosa si può fare? “Primo passo non avere paura di guardarli, di ascoltarli. I genitori non si fermino al rendimento scolastico del figlio ma provino a squarciare silenzi. E in caso vengano colti determinati segnali, rivolgersi subito a centri specializzati, c’è un’ampia rete di accoglienza sul territorio. La scuola, da parte sua, faccia più prevenzione su autolesionismo e suicidio in adolescenza. L’alleanza scuola-famiglia su questi temi è di vitale importanza”, conclude Manca.
Fonte:www.adnkronos.it

 

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mercoledì 13 giugno 2018

L'importanza dei libri per i bambini

L’IMPORTANZA DEI LIBRI PER I BAMBINI

Il libro è palpabile, odoroso, manipolabile. Crea un rapporto affettivo e unico. 
Offre la possibilità di una lettura pacata, 'filosofica', paziente, soggettiva. 
Tutto ciò che neanche il miglior computer può offrire.

Non salvare il libro è un atto che potrebbe configurarsi come un vero e proprio reato: reato pedagogico! Abbiamo tutte le carte in regola per sostenere un'affermazione così grave. 
I libri non sono noccioline, non sono popcorn! I libri sono una miniera di preziosi, di materiale esplosivo. Ecco perché dalla lettura di un libro nessuno esce mai indenne. 
Esempio classico: il radicale cambio di rotta di sant'Ignazio di Loyola dopo la lettura della vita di Cristo e di alcuni santi. È la prova che il libro lavora in profondità. 

Potenza e ricchezza del libro: 
• Il libro è l'antiruggine del cervello, l'autogrill dell'anima. 
• Il libro è una finestra sul mondo. 
• Il libro allena a pensare. 
• Il libro sfama l'anima. 
• Il libro permette di dialogare con chi è assente. 
• Il libro protegge dalla droga delle immagini. 
• Il libro libera dalle manette mentali. 
• Il libro insegna a sfogliare la vita. 
• Il libro abitua ad abitare con se stessi. 
• Il libro permette di viaggiare senza la seccatura del bagaglio. 
• Il libro nuoce gravemente alla noia. 
• Il libro può essere l'auto terapia fatta in poltrona. 
• Il libro è il segreto perché il tempo libero non diventi tempo vuoto. 

Che cosa si può volere di più per giustificare il salvataggio del libro e difenderci, in tal modo, dallo tsunami della comunicazione digitale? 
Ecco: è qui ove volevamo arrivare! Volevamo arrivare a lanciare l'allarme contro l'eliminazione del libro dalle aule scolastiche. Il pericolo non è ipotetico, ma, ormai, una realtà. 
Un Istituto tecnico, in provincia di Bergamo, alcuni anni fa ha acquistato 1500 iPad per studenti e docenti. Obiettivi. Risparmiare, mettere tutti in rete e utilizzare i nuovi mezzi per studiare, fare i compiti e seguire le lezioni. 
La notizia ci è parsa interessante e intrigante. Fatto salvo il problema economico (l'indubbio risparmio), vien da domandarci se sia educativo far sparire il libro, la carta e la penna. 
Il libro è palpabile, odoroso, manipolabile. Crea un rapporto affettivo e unico. Offre la possibilità di una lettura pacata, 'filosofica', paziente, soggettiva. Tutto ciò che anche il miglior computer non può offrire! 
A proposito l'educatore Antonio Mazzi è molto chiaro: «Uno studio con un computer sul tavolo è il cimitero degli affetti. I libri fanno compagnia. Il computer è freddo, anonimo. Il libro è caldo, pieno di colori, titoli. È tuo e ti senti di possederlo. Una casa senza biblioteca è un albero senza frutta, secco, scheletrito!» 
Per non morire idioti, per non morire anoressici 'dentro', non ci resta che leggere!

LEGGERE E GUARDARE LA TELEVISIONE 
Tra il leggere e il guardare la televisione vi sono almeno quattro differenze. 
• Mentre il vedere la televisione non richiede né impegno né sforzo per ricevere il messaggio, la lettura di un libro esige sempre un minimo di impegno ed un certo sforzo per decodificare le parole. In breve: la lettura allena la volontà. 
• Una seconda differenza è questa: nella lettura il ritmo è individuale: ognuno può fermarsi quando decide, può tornare indietro per approfondire... La televisione, invece, impone il suo ritmo dall'esterno, senza che nessuno possa variarlo. La televisione dà per scontato che i fruitori siano tutti uguali, che abbiano tutti lo stesso quoziente volitivo e intellettivo. Per la televisione, gli uomini sono come le melanzane che maturano tutte la stessa settimana. 
 Terza differenza: la lettura dà messaggi a goccia, la televisione, quasi sempre li dà a valanga in modo così rapido da non lasciare il tempo di assimilarli. In altre parole: la televisione fa teste ben piene, non teste ben fatte. 
 Quarta differenza: la lettura stimola la fantasia, la televisione la sotterra.
Un esempio: se leggiamo “Era una notte buia e tempestosa...”, ognuno immagina il temporale a modo suo, se lo vediamo in televisione, il pensiero viene bloccato su quella determinata presentazione: il temporale è così e basta! Addio immaginazione, addio fantasia! Per farla in breve: la lettura batte la televisione per quattro a zero.

IL BOOKCROSSING 
C'è una nuova iniziativa che si diffonde con il solito uso della terminologia americana e con il felice motto: "Se ami il libro, lascialo libero”. 
L'iniziativa è portata avanti da persone che dopo aver letto con gusto un libro, lo lasciano sul tavolo di un bar, in una cabina telefonica, sulla panchina dei giardini pubblici.

LE CHICCHE DEL MESE 
• I libri saranno mattoni, ma sono mattoni che edificano. 
• “Il tempo per amare, come il tempo per leggere dilatano il tempo per vivere” (Daniel Pennac, 1944, scrittore francese). 
• Regalare un libro ad uno è trattarlo da intelligente. 
• “Non ho mai avuto un dispiacere che non sia passato dopo un'ora di lettura” (Montesquieu, 1689-1755, politico francese). 
• La strada più saggia che vi sia è quella che porta in libreria. 
• “Anche Dio si è fatto libro” (Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose). 
Dai genitori impari ad amare, a mettere un piede davanti all'altro, ma quando impari a leggere, ti accorgi d'avere le ali!

Fonte:www.biesseonline.org

 

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