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giovedì 26 aprile 2018

Frasi da dire ai bambini per ottenere ciò che vuoi

7 FRASI DA DIRE AI BAMBINI PER OTTENERE CIO’ CHE VUOI

 

A volte basta la frase giusta e si ottiene più attenzione e più rispetto delle regole da parte dei propri figli di un lunghissimo discorso. Ecco alcuni esempi di 'furbizia' genitoriale ... Dal sito parenting.com.

   
Dare regole ai bambini non è facile. E soprattutto alcune sono irrealistiche, come ad esempio la regola "non litigare con tua sorella".  Barbara Rowley, del sito americano parenting.com ha invece identificato 7 regole fattibili e che sembrano davvero efficaci.

1) "Fai pure chiasso o i capricci ma ... da un'altra parte"
Urla, canti a squarciagola, giochi ad alta voce... sono i rumori normali dove ci sono bambini sani e vivaci. Ma in certi momenti il frastuono può diventare insopportabile, oppure dovete fare una telefonata o state parlando con qualcuno... Ma è inutile vietargli di far rumore, meglio suggeritegli di andare a cantare, urlare, miagolare da un'altra parte. 

Lo stesso vale per capricci, pianti e brontolii. Quando un bambino urla perché arrabbiato ditegli  che lo ascolterete solo quando avrà finito di urlare e sarà disposto a parlare.
Questa regola funziona perché non si dà ai bambini un divieto, ma semplicemente una scelta: se volete continuare a urlare, va bene, ma da un'altra parte.

2) "Me lo compri?" Risposta: "Hai dei soldi tuoi da parte?"
Questa regola per funzionare deve essere applicata con forza e coerenza. Voi potete dire a vostro figlio sì o no riguardo qualsiasi acquisto che vi chiede. Ma la vostra decisione non si discute. Se il bambino continua a protestare perché vuole che gli compriate un gioco o altro, voi  dovete ripetergli, come un mantra, che non spetta a lui decidere come spendere i soldi.

Questa regola funziona perché cambiate il discorso. Non più sul perché non gli comprate un nuovo giocattolo, ma sulle vostre finanze e come voi adulti gestite i soldi. E su questo argomento i piccoli non possono dire nulla. Inoltre inizierete a responsabilizzarli sull'importanza dei soldi.

3) "Riprova a chiedermelo con gentilezza: per favore, grazie ... vorrei"
Molto semplicemente dovete dichiarare la vostra incomprensione quando i vostri figli vi ordinano di fare qualcosa ( e non ve la domandano con cortesia) o quando urlano e piagnucolano in un modo che a voi non piace. Ditelo quasi sussurrando, in modo da abbassare i toni. 

E con calma ripetete la regola e non fatevi tentare ad alzare la voce. Un bambino che fa i capricci, urla e piange, sta cercando di attirare la vostra attenzione, sta a voi non dargli corda finché non cambierà atteggiamento. Questa regola funziona perché si responsabilizza il bambino: lo ascolterete solo se si esprime in modo educato. 


4) "Ti annoi? Impossibile, la noia non esiste. E' solo una tua mancanza di immaginazione"
Ogni volta che i vostri figli vi dicono che si stanno annoiando, dovrete semplicemente negare l'esistenza della noia. Potete dirgli: “Non è noia, ma è mancanza di immaginazione” oppure “La tua non è noia ma pigrizia mentale”. 

Questa regola funziona perché si cambia il tema della discussione: da un disagio che viene rivolto contro di voi: “Mi annoio, quindi fammi vedere la tv, dammi un dolce da mangiare, organizzami un gioco”, a un disagio rivolto a loro,  "il problema è vostro che mancate di immaginazione". E se i vostri figli impareranno a intrattenersi da soli, davvero la noia non esisterà più. E questo sarà per loro un regalo che durerà tutta la vita!

5) "Vuoi stare con la mamma? Aiutami a sistemare in casa, altrimenti gioca in camera tua"
Quando siete alle prese con le faccende domestiche e i  vostri piccoli non vi danno tregua e fanno di tutto per richiamare la vostra attenzione con frasi come: “Mamma giochi con me?”, “Mamma ho fame...”, è il momento di dargli questa regola che li obbligherà a una scelta: 
 “Se volete stare con me va bene, però dovrete aiutarmi.  Altrimenti andate in camera a fare i vostri giochi”.

Questa regola funziona perché non gli si dice di andare via, né li si obbliga a fare un lavoro. Ma si dà ai bambini la possibilità di scegliere e loro sentono di avere il controllo della situazione. Vedrete che sceglieranno di darvi una mano.

6) "Sono le nove! Lo sai che da quest'ora le mamme e i papà non possono più fare nulla ma proprio nulla?"
Annunciare  ai pargoli l'ora in cui devono andare a dormire, può non essere efficace. Ma se girate la regola su di voi, allora il discorso potrebbe cambiare.
Ecco l'idea. Dite ai vostri figli che il ministero del lavoro ha stabilito una nuova legge per le mamme e i papà: dopo le nove (nove e mezza) di sera non devono più far nulla. Non possono più giocare, leggere storie, guardare cartoni alla tv e neanche ... parlare! L'unica cosa che resta da fare è andare a letto. Giocatevela un po' come l'incantesimo di Cenerentola che finisce a  mezzanotte.

Questa regola funziona perché voi non state dicendo ai bambini che cosa devono fare. La regola vale per voi e se non funziona dovete prendervela solo con voi.

7) "Una volta capita a te, una volta a tuo fratello. La vita è così ... a volte è ingiusta"
Può capitare che un figlio abbia una fetta di torta più grande dell'altro, che il latte sia servito in una tazza più colorata rispetto a quella del fratello... La vita non è sempre giusta. Spiegategli che la vita è arbitraria, oggi può capitare a me, domani a te. 

Inaspettatamente i bambini capiranno questa regola per il semplice fatto che è inconfutabile. E' una verità che l'uomo conosce dai tempi della preistoria. E i piccoli sembrano saperlo.

Autrice: Federica Baroni
Fonte: www.nostrofiglio.it
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mercoledì 18 aprile 2018

10 cose da far fare ai bambini

10  COSE DA FAR FARE AI BAMBINI 

Avere la possibilità di fare le loro cose da soli; sperimentare sentimenti come la noia, la rabbia, la paura o la nostalgia; gestire le loro scelte, sugli amichetti o sui vestiti; credere nella magia. Sono piccole tappe e piccole conquiste, indispensabili per accompagnare i bambini a diventare grandi, come ci spiegano le pedagogiste Elisabetta Rossini e Elena Urso, autrici del libro “I bambini devono fare i bambini” (Ed. Rizzoli). 

   
“Ti comporti come un bambino!” Quante volte lo abbiamo detto ai nostri figli senza pensarci? Sarà perché sono davvero dei bambini? Bene, allora lasciamo che si comportino come tali. Perché per diventare grandi i bambini hanno bisogno di vivere tutti i momenti e tutti i sentimenti tipici dell’infanzia; perché ci sono tappe evolutive che devono essere attraversate nell’età giusta e rispettate per quel che sono. Perché per loro sono piccole conquiste che danno gli strumenti necessari per diventare adulti sereni, come ci spiegano le pedagogiste Elisabetta Rossini e Elena Urso, autrici del libro “I bambini devono fare i bambini” (Ed. Rizzoli). 

1.    Fare da soli tutte le volte che possono. 

Mangiare da soli, vestirsi da soli, girare per casa, guardare nei cassetti: la libertà di esplorare i propri spazi e sperimentare le loro possibilità è importantissima per lo sviluppo dell’autonomia. E’ vero, ci si impiega più tempo, si fanno pasticci in più (e bisogna eliminare tutti gli oggetti pericolosi dai mobili bassi!), ma per i bambini sono grandissime conquiste. E appena sono in grado di scendere dal passeggino, dovrebbero avere la possibilità di  camminare il più possibile: non c’è ginnastica migliore per la loro crescita!

2.    Annoiarsi.

Soprattutto in tutte quelle occasioni in cui non c’è niente di interessante per loro. L’esempio classico è quando li portiamo con noi al ristorante e a tavola ci sono solo adulti. A questo punto o partiamo già equipaggiati di fogli, pennarelli o libricini, o mettiamo in conto che ad un certo punto cominceranno a diventare un po’ capricciosi. Non c’è niente di male, la frustrazione è un sentimento sopportabile per loro e la noia è una molla importante per stimolare la creatività e spingerli a cercare alternative. Basta saperlo, armarci di  pazienza e… non pretendere che stiamo seduti a tavola come piccoli lord fino alla fine della cena per il puro piacere della convivialità!

3.    Arrabbiarsi ed esternare la loro rabbia. 

Fa un disegno e poi lo strappa; la torre con le costruzioni non gli riesce bene e butta all’aria tutti i mattoncini: non ci stupiamo quando i bambini si arrabbiano per motivi che a noi sembrano futili. Quando ad esempio fa un disegno, il bambino cerca di riprodurre quel che ha in testa e se il risultato non corrisponde diventa per lui assai frustrante. Lasciamogli sfogare la sua rabbia e lasciamogli decidere da solo se ha voglia di riprovare o di andare a fare un altro gioco.  

4.    Avere paura. 

Mai sminuire le paure dei bambini, anche se a noi sembrano eccessive e anche se fino al giorno prima non le aveva. Con la crescita e con lo sviluppo del linguaggio i bambini cominciano ad elaborare pensieri diversi, a vedere la realtà in modo diverso e ad avere consapevolezza di qualcosa di cui non avevano consapevolezza prima. Se fino a ieri girava per casa quasi al buio, non prendiamolo in giro se accende tutte le luci o vuole la compagnia della mamma. Non stanno facendo i capricci, non è un modo per attirare l’attenzione, ma è una paura reale che, come è arrivata, se ne andrà. Ma nel frattempo assecondiamola.  

5.    Voler scegliere.

Ai bambini piace fare scelte, perché si sentono ‘grandi’ e investiti di responsabilità. Basta che si tratti di scelte adeguate alla loro età e gli si offrano non più di due alternative, altrimenti vanno in confusione. Ok vestirsi da solo, ma scegliendo tra la maglietta rossa o verde, non tra l’intero guardaroba; ok scegliere tra pasta e riso (magari mostrandogli i due pacchi), ma non chiedergli ‘cosa vuoi mangiare stasera’; ok scegliere che libri portare in vacanza, ma non se andare al mare o in montagna. Piccole scelte, su piccole cose comprensibili per loro: così si sentono degni di dire la loro ma in un ambito gestibile.  

6.    Credere nella magia. Finché ci credono.

Fino ai 6-7 anni per i bambini fantasia e realtà si confondono, ecco perché credono davvero a Babbo Natale o alla fatina dei denti. Lasciamo che ci credano e ascoltiamoli quando sono loro a proporci la loro interpretazione fantasiosa su quel che li circonda. Saranno loro stessi, ad un certo punto, ad avanzare dubbi su quella interpretazione. E allora capiremo che è arrivato il momento in cui sono pronti ad abbandonare il pensiero magico ed affacciarsi al pensiero realistico. E questo succede in genere verso gli 8 anni, quando cambia la struttura del pensiero (e non a caso cambiamo anche i programmi scolastici). 
  
7.    Sperimentare la nostalgia o la tristezza. 

Se si hanno persone di fiducia, ad esempio i nonni, a partire dai 3 anni di età possiamo lasciarli una volta ogni tanto a dormire da loro. Proveranno sicuramente nostalgia di mamma e papà, ma sperimenteranno che si possono provare sentimenti negativi e sopravviverci senza problemi. Idem quando litigano con un amico o non trovano un gioco e provano tristezza: lasciamogliela sperimentare, perché si tratta di sentimenti assolutamente alla loro portata.  

8.    Non raccontare sempre tutto. 

Com’è andata a scuola, che hai fatto al corso estivo, con chi hai giocato: è giusto che noi  facciamo domande, ma può capitare che loro non abbiano voglia di raccontarci sempre tutto o che desiderino i loro piccoli ambiti di ‘privacy’. Non facciamoci prendere dal timore che stia succedendo chissà che cosa, ma accettiamo ogni tanto il loro silenzio. Però non smettiamo mai di chiedere, perché, anche se non hanno voglia di raccontare, sono ugualmente contenti che noi facciamo le domande e ci interessiamo a loro.  

9.    Avere simpatie e antipatie.

Non possiamo pretendere che i nostri figli giochino con chiunque solo perché sono bambini: anche loro, come noi adulti, hanno le loro particolari simpatie e le loro particolari intese con qualcuno mentre non ‘si prendono’ con altri. Rispettiamo le loro preferenze e non li forziamo a giocare insieme ad un compagno soltanto perché la sua mamma è nostra amica. E se si incontrano, lasciamo che si gestiscano in autonomia i loro conflitti, perché da soli dopo un po’ trovano sempre il loro equilibrio. 

10.    Essere presi sul serio sempre. 

Se ci raccontano che al parco hanno giocato col dinosauro, ci stanno raccontando la loro realtà; se ci descrivono il loro amico immaginario, per loro è un amico vero; se ci parlano del fidanzatino, la vedono come una cosa seria. Per questo non li prendiamo mai in giro ma mostriamoci realmente interessati, perché per loro sono cose importantissime.

Autrice: Angela Bisceglia
Fonte: www.nostrofiglio.it
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mercoledì 11 aprile 2018

Con i bambini è importante il contatto visivo

CON I BAMBINI E’ IMPORTANTE IL CONTATTO VISIVO

Uno dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando del contatto più semplice: il contatto visivo.

In famiglia, scompaiono le occasioni che consentivano alle persone di “guardarsi”. Una statistica afferma che il tempo medio che un genitore trascorre con un figlio adolescente è attualmente stimabile in 12 minuti al giorno. Anche il pasto della sera non è più consumato insieme, per le troppe attività in cui ciascuno è impegnato e i diversi gusti televisivi. Dei 12 minuti, almeno 10 vengono impiegati per dare istruzioni o verificare l'esecuzione di quelle impartite il giorno precedente, gli altri minuti si esauriscono in questioni poco significative.

«Signore, fammi diventare uno smartphone» 
È così che diventa realmente possibile la preghiera ormai classica: «Signore, fammi diventare uno smartphone, così la mia mamma e il mio papà mi guarderanno un po' di più». 
La comunicazione digitale, vale a dire la connessione tramite il cellulare, il tablet, lo smartphone, è uno dei più grandi successi della mente umana. Su questo non vi possono essere dubbi. I vantaggi del 'digitale' sono sotto gli occhi di tutti. La comunicazione digitale permette d'essere connessi con il mondo intero in tempo reale, offre conoscenze pressoché infinite, rende più facile la vita. 
Però va subito aggiunto che il mondo del web nasconde insidie molto pericolose. Una di queste è l'indebolimento del contatto visivo. I 'connessi' non sentono la vibrazione dello stare vicini, del guardarsi negli occhi. Si è scoperto che i ragazzi che usano costantemente il cellulare non arrossiscono più e hanno difficoltà a fissarsi negli occhi. 
La cosa è molto seria. Il contatto visivo, infatti è una della più potenti vie di comunicazione.
Le persone hanno bisogno di essere guardate. A che cosa servono le tante cure al vestito, al look, al corpo se non per attirare l'attenzione e lo sguardo degli altri? Anche il piercing, i tatuaggi e le spesso sconcertanti originalità degli adolescenti sono l'inquietante invocazione: «Guardatemi!». 
Don Bosco ha sintetizzato uno dei cardini del suo sistema educativo con le parole «Sentano sempre su sé lo sguardo dei superiori». Non intende certo una sorveglianza di tipo poliziesco, ma il modo di guardare che comunica: «Tu mi interessi davvero. Meriti tutta la mia attenzione».

Il contatto visivo è essenziale 
Il bambino utilizza il contatto visivo con i genitori per nutrirsi emotivamente. Con gli occhi si comunica amore. Lo sanno bene gli innamorati. Tutti sentono la profonda emotività della frase «Mangiarsi con gli occhi». Anche l'evangelista Marco nell'episodio dell'incontro tra Gesù e il giovane ricco, afferma: «Gesù, fissatolo, lo amò...». 
Lo sguardo comunica attenzione, interesse, intimità, approvazione, tristezza, rimprovero. 
Ormai è provato: lo sguardo caldo e incoraggiante dell'insegnante aumenta l'impegno dell'alunno, lo aiuta a capire meglio ciò che gli viene detto. 
Così pure è certo che i bambini memorizzano meglio le fiabe se vengono raccontate guardandoli negli occhi.

Occhi buoni, occhi cattivi 
Non è detto, però, che ogni contatto visivo sia automaticamente utile. 
Vi sono occhi pedagogicamente sbagliati e occhi buoni. 
Occhio sbagliato è, ad esempio, l'occhio poliziesco dei genitori che controllano ogni mossa del figlio, lo asfissiano tutto il giorno, gli soffiano continuamente sul collo, gli razionano i metri di libertà. L'occhio poliziesco può fare un figlio disciplinato, ma non un figlio educato! 
Resta valido il proverbio: “Mai la catena ha fatto buon cane”. 
Un secondo tipo di occhio sbagliato è l'occhio minaccioso, fulminante. “Guardami negli occhi!”, urlano alcuni genitori che si dimenticano che la paura non ha mai educato nessuno! 
Terzo tipo di occhio sbagliato (il peggiore tra tutti) è l'occhio indifferente. L'indifferenza è sempre insopportabile al figlio: gli gela l'anima, gli fa perdere la voglia d'essere al mondo. 
Passiamo agli occhi buoni. 
È buono l'occhio generoso che vede nel figlio ciò che nessuno vede. 
Buono è l'occhio incoraggiante. 
Buono è l'occhio caldo, accogliente che ti avvolge come un manto ripieno d'amore e di empatia. 
Un contatto visivo con tali caratteri ha più valenza pedagogica di tutti i milioni di contatti digitali del mondo messi insieme. 
Non sentire mai uno sguardo di autentica amorosa attenzione da parte della mamma e soprattutto del papà è per un ragazzo una ferita mortificante e una spinta alla ribellione. 
È un'abitudine di esito dubbio anche quella di evitare il contatto visivo come forma di punizione. Per un bambino è più difficile da sopportare che una punizione fisica. Significa “abbandono” e disinteresse in un crudele senso affettivo. Lo sguardo serve soprattutto a veicolare amore.

Autore: Pino Pellegrino
Fonte:www.biesseonline.org

 

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