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mercoledì 4 maggio 2016

La buona educazione in famiglia: la tenerezza

LA BUONA EDUCAZIONE IN FAMIGLIA: 
LA TENEREZZA
La tenerezza non è affatto qualcosa di molle e appiccicoso: non è dolcezza svenevole. 

Implica tutti gli altri linguaggi esistenti oltre quelli verbali: il linguaggio dello sguardo, del tatto, dell'odore, della vicinanza fisica, respiro, vibrazione. 
È tutti i “linguaggi dell'attenzione”: ascolto, sorriso, reciprocità, crescita insieme.


La tenerezza è come l'ossigeno
L'uomo ha due specie di esigenze: materiali e spirituali. Le esigenze materiali sono le più facili da soddisfare: cibo, riparo dalle intemperie, vestiti, ecc. Le esigenze spirituali ed emotive sono altrettanto importanti. Se non vengono soddisfatte, possono produrre esiti letali al pari della fame, della mancanza di ricovero, dell'impossibilità di placare la sete.
«Oggigiorno» scrive Leo Buscaglia «ciascuno di noi è troppo indaffarato per indugiare ad ascoltare i suoi interlocutori, per fare mente locale e porger l'orecchio alle istanze altrui, quand'anche si tratti dei suoi familiari. È quella che io definisco la “sindrome dell'uomo invisibile”. Una persona ci è davanti tutti i giorni, a tavola, in salotto, a letto. Ne avvertiamo la presenza fisica, eppure non la vediamo. Ci rifiutiamo, si direbbe, di guardarla». La tenerezza è come l'ossigeno. È presente ovunque allo stato di germe, di fiore e di sole in ognuno di noi. È assolutamente necessaria per vivere. Può nascere in occasione di ogni incontro, in ogni tipo di relazione. Ricevere tenerezza è sentirsi riconosciuto e accettato come un essere prezioso, come un essere eccezionale. Ho visto il corpo di una signora molto anziana raddrizzarsi, divenire più leggero, ignorare tanti suoi reumatismi e ridere di contentezza, quando il figlio grande che l'aveva presa fra le braccia per sollevarla fino al ripiano più alto della credenza ove c'era la marmellata, la poggiò a terra mentre stringeva fra le mani un barattolo di mirtilli dell'anno precedente.

Soprattutto la tenerezza è qualcosa di assolutamente gratuito
Si vive al di fuori di ogni costrizione, non s'inscrive in un rapporto di potere perché è anzitutto abbandono e offerta. La tenerezza è tutto ciò che sarebbe potuto sorgere nell'ottavo giorno della creazione se solo... l'umanità avesse fatto ancora un piccolo sforzo.
Ogni rapporto umano è una sfida. Milioni di uomini e donne si struggono per un amore profondo e non lo trovano. La maggior parte di questi prova un senso di isolamento interiore. Perché, si chiedono, si sentono soli? Perché la vecchia ansia persiste? Le braccia di una madre, la mano calda di un amico possono dare il coraggio necessario a rendere più tollerabile la coscienza della solitudine.

Dinamiche di tenerezza
• Ricevere l'attenzione dell'amore
La stranezza della nostra epoca sta nel fatto che la maggioranza degli uomini dedica quasi tutto il proprio tempo alle necessità materiali (fino ad affogare nel “troppo” di tutto), mentre dimentica le necessità spirituali ed emotive (salvo poi ricorrere a sistemi di sollievo artificiali o chimici). L'uomo necessita di essere veduto, ascoltato, apprezzato, fatto oggetto di tenerezza, sessualmente appagato. L'amore avverte e riconosce queste necessità. La tenerezza è presente ovunque allo stato di seme e di sole in ognuno di noi. Ricevere tenerezza è sentirsi riconosciuto e accettato come un essere prezioso, eccezionale.
• Imparare a ricevere
II primo passo è imparare a ricevere. Accogliere con amore significa rinunciare a certe caratteristiche distruttive come il bisogno di avere sempre ragione; voler essere primi in tutto; sentire il bisogno di possedere e di manipolare gli altri. Quando si prende in esame il proprio comportamento sarebbe bene chiedersi: «Se abitassi con me, vorrei starmi vicino?» Accogliere significa modificare il proprio comportamento, in modo da diventare veramente “amabili”. La tenerezza ha bisogno di tempo e di spazio.
• Inventare nuove forme di relazione
Una giovane donna sola raccontava che, una sera di primavera, era andata a fare una passeggiata in città, poi era entrata in un bar e “contrariamente alle mie abitudini, ho chiesto di potermi sedere ad un tavolo già occupato da qualcuno, e quell'uomo mi ha detto: «Non è la vigilia di Natale, ma che regalo lei mi fa». Abbiamo parlato così più di cinque ore. Non ho mai più rivisto quell'uomo, ma che bella serata ho passato...”. È una singolare contraddizione della nostra epoca detta “della comunicazione” che a mancare sia la forma più semplice e più necessaria dei contatti umani: la conversazione.
Più gente ci circonda, più ci si sente soli. Rivolgere la parola a uno sconosciuto è cosa che non si fa... Anche un sorriso può essere giudicato con sospetto: «Ma che cosa vuole questo?».
• Esprimere tenerezza
Un uomo raccontò agli amici il dono straordinario di sua moglie, un lunedì mattina: «Mi aveva accompagnato fin sul marciapiede della stazione per salutarmi. E pochi istanti dopo la partenza del treno, la vidi sedersi di fronte a me. “Nella emozione, mi disse, avevo dimenticato di dirti quanto fossi importante per me, e avrò bisogno di molto tempo, fino alla prossima stazione... per dirtelo”». Una donna confessava, con tono intriso di sconforto: «Sono dieci anni che è morto mio padre. E sento ancora il rimorso per non avergli mai detto: “Ti voglio bene”».
Quando l'apicoltore raccoglie il miele dalle arnie delle sue api, si muove con cautela, quasi con delicatezza, per non suscitare l'ira delle api che potrebbero ridurlo a mal partito. Non tira calci all'alveare, perché invece del miele rimedierebbe dolorose punture. Ma quanta gente invece affronta le sue giornate “tirando calci all'alveare, con critiche, condanne, giudizi affrettati. Tenerezza è ricordarsi delle feste, dei compleanni e degli onomastici. Tenerezza è scambiarsi regali.
• Tenerezza è responsabilità
Oggi anche la tenerezza è inquinata: molti la intendono come mezzo di seduzione per possedere l'altro, per “conquistarlo”. La tenerezza ama i frutti maturi, non quelli acerbi: ha il senso dell'attesa. Di questo la tenerezza non ha mai paura. Perché, anche se può sembrare un paradosso, la gioia della tenerezza nasce sempre e solo nel sacrificio.

LA TENEREZZA È UNA MADRE
Lui mi diceva che ero carina.
Mia madre mi diceva che puzzavo di roba chimica.
Lui mi diceva “Fuggiremo insieme”.
Mia madre mi diceva “Pulisci la tua stanza”.
Lui mi diceva “Sei la mia amica per sempre”.
Mia madre mi diceva “Lascia libero il telefono”.
Poi lui improvvisamente scomparve.
E fu allora che mia madre, col suo odore di latte caldo, mi disse che ero bella.

Autori: Ferrero B. – Peiretti A.
Fonte: B.S. aprile 2016


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