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mercoledì 30 marzo 2022

Quando ci assale lo sconforto

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

QUANDO CI ASSALE LO SCONFORTO

Cosa si dice ad una ragazza che trema e piange dall'ingiustizia di una vita come quella che le è capitata? Con che coraggio le si parla? Vorrei poter dire tante cose....eppure non ho niente da dire. Questi ragazzi  hanno un cuore, Noi grandi onnipotenti spesso abbiamo una mente ... Ma spesso sappiamo usarla poco e male.

<<Mi manca l'aria...sta andando tutto male, non ce la faccio più... Non ce la faccio più>>.

La linea sempre sottile dell'eyeliner ora è una chiazza nera indistinta che macchia di nero il naso e le sopracciglia del suo bel volto. Gli occhi grandi, di solito pieni di energia, sono spenti. Velano ricordi di un'infanzia defunta e devastata in lei. Nel suo sguardo i ricordi, come cenere, che si sgretolano nell'ormai antico fuoco delle sue speranze che pure emana ancora qualche flebile fiammella. Il fondotinta è ora quasi trasferito interamente sul mio maglione un tempo bianco. Il suo volto si nasconde fra il mio petto e le mani stringono la mia vita.

Le lacrime riscaldano il suo volto, i respiri sembrano privarla dell'aria invece che aiutarla a respirare.

La cucina che di solito trasmette brio e allegria è cupa stanotte, sebbene la luce sia accesa. Sembra quasi che le pareti si stringano attorno alle lacrime di questa giovane donna, nel silenzio più assordante.

Il suo discorso procede a tratti...

<< È passato più di un anno e non è cambiato nulla, io non ci dovrei stare qui. Dovrei stare a casa mia a fare le cose delle ragazze della mia età. Voi mi dite di essere un modo, i miei genitori mi dicono che voi mi ficcate strane cose in testa...che volete tutti da me???...che cosa ho fatto io di male...>>

Credevo di aver intravisto la rabbia divampare nella sua anima, ora vedo solo la supplica di una ragazza stanca della sua famiglia sgretolata, dell'attesa di una magia che risolva tutto, di un mondo che non le appartiene. Stanca dell'attesa che questa calma piatta cessi immediatamente. È una supplica la sua.

Cosa si dice ad una ragazza che trema e piange dall'ingiustizia di una vita come quella che le è capitata? Con che coraggio le si parla?

Ultimamente i suoi insegnanti mi avevano detto che a scuola era assente, sembrava quasi che non ci fosse un classe...

Cosa deve essere la sua mente. Con garbo mi avevano detto che le prestavano un'attenzione particolare...<<sembra così triste>> mi avevano detto. Mi chiedo se quando è seduta al suo banco guarda oltre la finestra, mi chiedo cosa pensi, cosa sogna...se desidera scappare lontano da tutto e da tutti.

Vorrei poter dire di essere diventata grande abbastanza per non provare più lo sconforto dinnanzi a scene simili...

Vorrei poter dire che ne sono immune finalmente...

Vorrei poter dire che una ragazza di 12 anni che si arrende al suo passato è normale per me.

Vorrei poter dire che una ragazza di 16 anni che smette di sognare è un qualcosa di poco conto.

Vorrei poter dire che mi sono arresa alla logica degli adulti che vincono sempre a scapito dei ragazzi.

Vorrei poter dire che spesso che lacrime di una ragazza valgono più di tutte le parole degli adulti.

Vorrei poter dire tante cose....eppure non ho niente da dire.

So di poter dire che una ragazza che piange nelle braccia della sua educatrice (ossia di una sconosciuta), è il fallimento di un mondo di grandi che crede di essere cresciuto al punto della perfezione e dell'onnipotenza

Il mito dell'adultità... La famosa frase: <<Io sono grande e tu sei piccolo>> qui la conoscono bene. In famiglia si diceva spesso.

Il mito del non sbagliare mai. Il mito di essere perfetti, il mito del non chiedere mai scusa, il mito di gridare per avere ragione...questa idea malsana di essere perfetti mentre i ragazzi sono sbagliati spiega la presenza di queste fanciulle e fanciulli in una Casa Famiglia.

Mi fu insegnato che anche gli adulti devono imparare, imparare a capire che forse sono proprio quei fanciulli a cui spesso sottraiamo ogni cosa: un'idea, le foto della propria casa, del primo carnevale, un disegno rimasto piegato nello zainetto senza mai che qualcuno abbia detto che era bello...

Eppure proprio queste ragazze stanno educando noi educatrici. Quel bel voto scritto a penna sul compito lasciato a se stesso, invio ritratto di una bimba felice colorato dai pastelli sul foglio bianco che veniva ricambiato dalla noncuranza mai dalla stima e dall'affetto è lì sul suo tavolino, fra gli oggetti preziosi.

Spesso nel nostro mito di adultità sottraiamo ai ragazzi speranze, ricordi...sogni.

Una ragazzina è triste in questa casa...

Qualche giorno fa lei stessa vedendo le immagini alla tv delle metro gremite di gente che si nasconde dalle bombe aveva gridato con rabbia:.

<<Ci sono bambini li! Ci sono bambini lì>>

...

Questi sono i ragazzi e hanno un cuore.

Noi grandi onnipotenti spesso abbiamo una mente ... Ma spesso sappiamo usarla poco e male

Una ragazzina è andata a dormire ed il mondo con lei era stretto al suo dolore...

Alla sua paura dell'abbandono.

Un peluche la osserva dalla mensola. Lo scelse fra i giocattoli il giorno del suo inserimento. Se lo mise in camera proprio dinnanzi al suo letto.

Non le mancava solo l'aria stasera...credo che le mancasse la terra sicura sotto i suoi piedi.

Sconforto...lo proviamo tutti...

Le ragazze di questa casa .. troppo spesso.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 23 marzo 2022

Il valore dell'ingratitudine

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

IL VALORE DELL’INGRATITUDINE

La tentazione di aspettarci di essere riconosciuti nell’impegno che ci mettiamo con i bambini, è sempre dietro l’angolo, ma niente ha più valore della loro ingratitudine, perché gli permette  di essere se stessi fino in fondo, facendo sperimentare loro il diritto di essere amati e riconosciuti di valore a prescindere dai calci che ci tirano, dalle offese che ci rivolgono, dalle manifestazioni di rifiuto e inimicizia che pure non ci lasciano indifferenti.

La prima volta che mi sono confrontata con il vissuto del lavoro dell’accoglienza ho fatto un pensiero che è parso un po’ cinico ai miei stessi occhi: dietro ad ogni gesto che va verso l’altro c’è un egoismo nascosto. 

No, non sto delirando, e anzi quel pensiero mi ha riportato con i piedi per terra nella mia piccolezza umana e professionale, non perché il gesto sia insincero o opportunista, ma perché è a chi lo compie che “torna”, spesso con un senso di pacificazione e genuina gratificazione .

Ed è qui che ho percepito il pericolo che questo nutrimento personale azionasse poi, come è umanamente comprensibile, la costante aspettativa di ricevere in cambio di ciò che spesso con generosità e passione si dà.

Sia chiaro, questo riguarda tutti noi che operiamo nelle professioni d’aiuto, che ci siamo scelti non a caso per come siamo e per come abbiamo bisogno di essere e di sentirci.

Quando accogliamo i nostri bambini, ragazzi e ragazze, entriamo in contatto con un universo di mancanze, di privazioni, che ci fanno arrabbiare, ci fanno soffrire, ci fanno stare con loro che tanto hanno bisogno, di ciò che non hanno avuto o hanno avuto in modo sbagliato, insano, dannoso. E la tentazione di aspettarci di essere riconosciuti nell’impegno che ci mettiamo, nella pazienza, nella forza spesso indispensabile per esserci, è proprio dietro l’angolo. Quante volte ho colto la frustrazione nel non riuscire a far capire che con noi stanno meglio, che non c’è paragone con le mancanze vissute fino a quel momento, materiali, affettive educative, e nel percepire l’assenza di un grazie nelle varie forme possibili.

Ma io penso che non ci sia niente che ha più valore della loro ingratitudine, perché permette  di essere se stessi fino in fondo, con tutte le macerie che albergano nelle loro anime e nei loro cuori, e siamo noi che possiamo e dobbiamo essere quegli adulti che accolgono incondizionatamente, facendo sperimentare loro il diritto di essere amati e riconosciuti di valore a prescindere dai calci che ci tirano, dalle offese che ci rivolgono, dalle manifestazioni di rifiuto e inimicizia che pure non ci lasciano indifferenti.

E’ proprio in quel momento che posso esserci e condividere con la pelle e non solo con la mente quelle ferite che mi fanno sentire “insieme” a loro e non solo “per” loro. Voglio che i miei ragazzi e le mie ragazze mi mettano in crisi, mi facciano dubitare del mio operato, mi facciano perdere le certezze dietro cui mi nascondo, mettendo in dubbio ciò che so e ciò che credo di sapere e di capire, perché in gioco ci sono delle vite già tanto duramente provate da non aver bisogno di generosi palliativi atti a dare soddisfazioni e gratificare.

E quindi sono io che dico grazie, grazie del valore dell’ingratitudine, che mi riporta alla vera essenza del mio lavoro, che ha bisogno di spogliarsi dell’abito di aiuto per indossare quello di presenza.

Non so a voi ma a me fanno paura le persone piene di certezze: oggi voglio nutrirmi dei miei dubbi che mi permettono, forse, un gioco più sincero.

 

Dott.ssa Roberta Monda

(Psicologa-Psicoterapeuta della Paidòs)

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Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

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mercoledì 16 marzo 2022

Stasera non ci importa di quello che accade fuori

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

STASERA NON CI IMPORTA DI QUELLO CHE ACCADE FUORI

Fuori è freddo...ma non qui. Qui non ci importa di quello che accade oltre le nostre pareti, qui siamo protette. La casa, la nostra casa, è così calda e serena e per una volta non vogliamo pensare a niente. 

Il tempo fuori è cupo, freddo. La pioggia spinge le sue goccioline sui vetri delle finestre che diventano bagnate e gelide. Il tepore della casa riscalda la vetrata interna creando condensa che annebbia la vista sulla strada. La cucina risuona di rumori di stoviglie e pentole. Sulla spianata di legno una delle ragazze crea. Le mani spingono e accarezzano la pasta, la smuovono in serpentelli lunghi che vengo tagliuzzati e lavorati fino a formare buffi cappelletti irregolari in principio ma sempre migliori di volta in volta. Il pranzo di domani già prende la sua golosa forma all'interno di questa cucina. I telefoni sono accesi; chi è in videochiamata e parla, chi ascolta musica mentre si asciuga i capelli dopo la doccia calda. Il forno ospita la pizza il cui profumo inonda la casa alla minima apertura del forno rovente. La tovaglia è posta: bicchieri, posate è tutto pronto.

<<RAGAZZEEEE, a tavola>> grido nella speranza che mi sentano nel vario trambusto tecnologico.

C'è chi aggiunge in coda alla mia frase:

<<Spicciatevi che ho fameeeeeeeee>>

Esseri famelici occupano la cucina un tempo calma e silenziosa.

Le sedie prendono vita, mosse lontane e vicine al tavolo da mani frenetiche. Il banchetto stesso è pieno di vita. I telefoni, pochi attimi prima in piena attività, sono ora posati silenziosi sul mobile vicino alla TV spenta.

Fuori è freddo...ma non qui. Qui non ci importa di quello che accade oltre le nostre pareti, qui siamo protette. La casa è così calda e serena.

A tavola si parla di guerra, si fanno ragionamenti, domande.

La cucina accoglie le opinioni di tutte silenziosa.

Dopo un po' la voce che di solito serpeggia annoiata e lenta fra le stanze della casa risuona, rompendo quella serietà che il racconto bellico esige, come una campanella squillante.

<<Ci vediamo il film horror insieme??! Ma uno da brividi...? Mettiamo le coperte, ci mettiamo tutte vicine. Vedi che è bella la pioggia in fondo>>

C'è sempre qualcosa da fare qui...queste ragazze stasera si sentono a casa...ed io con loro.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 9 marzo 2022

L'importanza di avere una Casa...Famiglia

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

L’IMPORTANZA DI AVERE UNA CASA…FAMIGLIA

‘Ripenso spesso a quanto deve valere il calore di qualcuno che ti protegge...che ti accarezza quando si ha paura... Un folle distrugge case, le stesse case che ci hanno protetti durante la pandemia. Credevo avessimo compreso il valore immane della parola "casa"...le mie ragazze ne hanno contezza. Per loro il termine "casa" vale così tanto...per altri invece così poco...tanto poco da dedicarci fuoco ed esplosioni.’

 

La TV è accesa da stamattina, non ho resistito. In cucina non si sentono le canzoni e la musica che di solito faccio partire quando cucino. La domenica mattina di solito mi piace ascoltare Venditti, mi riporta indietro nell'infanzia; oggi però non mi andava. La TV racconta dell'attacco di questi giorni, di città assediate, di sparatorie e missili lanciati a danno di civili innocenti. Ci sono immagini di metro affollate di persone che non attendono più banalmente il treno che arriva per portarli da una parte all'altra della città come pochi giorni prima. La gente è rintanata lì sotto nell'attesa che finisca quel rumoroso inferno che vi è oltre quelle scale, lì su quella superfice un tempo serena, oberata di gente che si affanna per recarsi a lavoro... a scuola. La TV racconta di paesi che a tentativi avanzano fra colpi di diplomazia fallita e cauta belligeranza, nel terrore dello scoppio di una guerra mondiale...

MONDIALE mi dico....mondiale.

Carrarmati, fucili d'assalto, edifici distrutti dalle traiettorie spietate dei missili. Appartamenti comuni distrutti...

Penso ai proprietari che vedono sul proprio telefono le immagini del proprio edificio ridotto ad un cumulo di macerie, perforato dalla smania omicida di un folle e dei suoi folli progetti. La foto del matrimonio, la coperta del lettino del proprio figlio, il quadretto del diploma o della laurea... chissà cosa c'è rimasto in quello squarcio grigiastro. Una fitta allo stomaco mi pervade, ripenso alla mia casa; al valore immenso che ogni singolo oggetto ha per la mia mamma, per il mio papà. I ricordi e i sacrifici di una vita...cosa proveremmo noi nel riconoscere in quelle macerie la nostra casa?

Sono talmente in sovrappensiero, che non mi accorgo che il polpettone ormai ha preso una forma perfetta a furia di essere sistemato ed avvolto nella sua carta forno. Non mi sono accorta neppure del rumore delle porte delle camere che preannunciano il risveglio delle mie ragazze. Prima entra lei...ha gli occhi un po' gonfi, come se avesse pianto.

<<Ehi...>> Il suo sguardo si muove dalle patate che cuociono nel forno, al polpettone sul tavolo. Si muove lenta, si siede, prende della cioccolata dalla dispensa e la mangia lentamente, quasi stesse nutrendo più l'animo che lo stomaco ( ripenso alla scena di Harry Potter quando il professor Lupin donava del cioccolato a Harry dopo l'incontro con i dissennatori).

Il suo sguardo ora è posato sul televisore e piano piano si muove verso di me.

<<Ho avuto un incubo>>

Cerco attentamente le parole da dire e da NON dire:

<<Di nuovo mamma e papà...?>>

Annuisce debolmente.

<<I litigi...come la guerra>>.

Gli occhioni verdi sbirciano le immagini alla TV.

Man mano racconta il suo sogno. Non è facile per una ragazza così giovane...in fondo non è facile per nessuno fare sogni così paurosi come questi... ahimè così maledettamente veri.

<<I litigi, questo sanno fare i grandi...come qui>> il suo dito indica la presentatrice del telegiornale.

<<Si litiga nel mondo e...dentro me. Sono pazzi questi adulti. Guarda, vedi quei signori nella metro. E se mettono una bomba li? Esplodono...anche i bambini! Come la mia sorellina. Sono PAZZI...come i miei. Andrebbero educati tutti! Tutti!>>

Lei è una giovanissima adolescente e di cose brutte ne ha viste tante...

Qualche giorno fa maneggiava il depliant con i colori della vernice che dobbiamo comprare, sceglieva la sfumatura di colori che vorrebbe per la sua casa. Il dito passava sul lilla, sul rosa, su colori pastello. Sceglieva i colori del suo mondo. Un mondo luminoso, chiaro sereno...dipingeva nella sua mente la sua casa ideale, piena dei suoi affetti, dei suoi vestiti, dei suoi disegni...

<<Questo mondo è nero...>> Finisce così il suo monologo.

Ripenso all'altro turno ancora...quella mattina la piccina aveva avuto un incubo. Era rimasta in braccio per quasi un'ora...

Pensai a quanto deve valere il calore di qualcuno che ti protegge...che ti accarezza quando si ha paura...

Ripenso a quella scena, ai colori di quel depliant, osservo questa casa che ormai è preziosa come un album di ricordi per me.

Un folle distrugge case, le stesse case che ci hanno protetti durante la pandemia. Credevo avessimo compreso il valore immane della parola "casa"...le mie ragazze ne hanno contezza. Per loro il termine "casa" vale così tanto...per altri invece così poco...tanto poco da dedicarci fuoco ed esplosioni.

Spengo la TV, faccio partire la musica. Un po' alla volta entrano in cucina per sbirciare il pranzo, per fare colazione... Parliamo, ridiamo. Ma La guerra è lì, in quel televisore spento.

Chiederei a quei "grandi" piccoli uomini della terra...di ascoltare quello che per le mie ragazze è il valore del calore di una casa.

Gli adulti...si, mi è stato insegnato che anche loro devono essere rieducati.

Nel 2022 si parla di guerra mondiale...come quella dei miei libri ed io ho paura...

Ancora una volta è la casa a proteggerci dal buio...se solo imparassimo a prenderci cura di questo mondo...

Un po' di malinconia mista ad angoscia mi assale. Continuo fra il cambio delle lenzuola...continuo a cucinare...

La chiamavano: "Casa-Famiglia".

Che siano sinonimi in fondo questi due termini?...credo proprio di si.

Qualcuno dovrebbe far capire questo significato a chi pensa solo alla guerra...la supremazia dei folli è pericolosa e fa paura e queste ragazze di folli ne hanno già conosciuti troppi...direi che potrebbe bastare così.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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martedì 1 marzo 2022

La guerra è già arrivata nelle nostre case

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

FORSE LA GUERRA E’ GIA’ ARRIVATA ANCHE NELLE NOSTRE CASE

Fin da piccoli spesso impariamo che la rabbia e la delusione possono passare solo attraverso la violenza fisica. Come insegnare invece il rispetto degli altri, della società e di se stessi? 

Solo qualche giorno fa: “Francy! Ma secondo te scoppierà la guerra? Arriverà anche qui?”…Eravamo sedute a tavola si parlava di quanto stesse succedendo nel mondo o di quello che sarebbe potuto succedere da lì a breve. Pensavo alle conseguenze che una guerra porta con sè, crisi economiche (questa in realtà già c’è), problemi sanitari (anche questa possiamo spuntarla, “ce l’abbiamo”), violenza, separazioni, lutti, traumi, sofferenza…le guerre hanno ripercussioni sugli adulti, ma soprattutto su bambini e ragazzi (mancanze, sofferenze e separazioni i nostri ragazzi le hanno già dovute subire). Alcuni dicono che a volte serve per portare la pace, per liberare…ma quegli ormai impolverati libri di storia mi hanno insegnato altro, la guerra è il fallimento dell’ascolto, del dialogo e della comunicazione a favore del vantaggio di uno o di pochi. Oggi mi ritrovo con una collega davanti ad un gruppo di ragazzi a cercare di mediare un litigio tra adolescenti, cerchiamo di capire le motivazioni, i fatti avvenuti, cerchiamo di creare un clima di ascolto, il rispetto delle regole della comunicazione, ma soprattutto il rispetto di ogni individuo in quanto persona. Arriviamo a sentire la parola “Scusa”, dette con difficoltà e forse non sentite profondamente, nonostante questo vengono pronunciate, forse una piccola parte di loro ha capito che a prescindere da tutto ci sono dei limiti che non vanno superati? Lo spero! Educare significa anche questo, rispondere al bisogno dei limiti che hanno i bambini e i ragazzi. Non è un dovere, è un loro bisogno avere dei limiti.

Ci accorgiamo però che dall’altra parte non si aveva voglia di un chiarimento, di aprire un dialogo, ma c’era voglia di una regolazione di conti, di un occhio per occhio dente per dente. Tu mi hai dato degli appellativi poco carini io te ne do di più, tu mi hai tirato i capelli io te li tiro a mia volta e così via…insomma lì in campo c’era tanta tanta voglia di dar sfogo alla rabbia e FORSE non solo a quella. Ad un certo punto, con calma, sento pronunciare frasi che mi fanno riflettere “Mia madre mi dice sempre: “se fai qualcosa che non devi fare… poi ti prendi pure il resto!”…”Se sai che poi le prendi per paura, poi non le fai più certe cose.”

Quindi il messaggio che passa è che la frustrazione, la rabbia e la delusione possono passare solo attraverso la violenza fisica. Un’azione intenzionata a ledere l’altro non va compiuta perché l’altro comunque va rispettato in quanto persona, ma per paura di avere io stessa il cosiddetto ‘paliatone’. E quando questi nostri figli saranno più alti e più forti di noi genitori, tanto da poter creare un’inversione di ruolo? Quale strategia sarà utile usare per insegnarli il rispetto degli altri, della società e di se stessi?! Forse la guerra è già arrivata! Noi però nell’ascolto, nel rispetto e nella comunicazione ci crediamo e continuiamo a seminarli anche lì dove il terreno sembra arido…anche nel deserto possono nascere fiori. Le luci sono spente…dormono tutte e nel silenzio della casa un ritornello mi risuona nella testa:

…I fiori nel deserto/

 a volte nascono/

pensavo non fosse così/

i fiori nel deserto a volte sbocciano/

sconfiggono sabbia e polvere… (cit. Max Pezzali I fiori nel deserto)

Dott.ssa Russo Francesca

(Psicologa, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.