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mercoledì 10 febbraio 2021

Dilagano le challenge tra i ragazzi, spesso con risultati tragici

 CHALLENGE O SFIDE SOCIAL: COME FUNZIONANO

Le cosiddette sfide o challenge social sono sempre più diffuse sul web e suscitano l’interesse di un gran numero di persone, coinvolgendo soprattutto i bambini e gli adolescenti. Non si tratta di una consuetudine che comporta pericoli di per sé, ma è bene conoscerne le dinamiche e le possibili implicazioni per proteggere i più piccoli. 

Come funzionano le sfide sui social network? È giusto premettere che bambine/i e giovani sfidano se stessi e gli altri da ben prima della diffusione delle tecnologie digitali: non è un fenomeno nuovo, soprattutto in adolescenza, quello di volere dimostrare a se stessi e agli altri di essere coraggiosi in situazioni pericolose, di misurarsi con i propri “limiti”.

Con la diffusione dei social media, la natura di queste sfide è caratterizzata da nuove dinamiche: il pubblico è potenzialmente enorme e coloro che partecipano cercano una visibilità (e accettazione) tramite “like” e commenti. Inoltre ogni sfida online viene “registrata”, produce contenuti e video (a volte di natura violenta) che viaggiano nei e tra i social. Contenuti che diventano virali, raggiungono popolarità e il rischio emulazione è molto forte. La pressione tra pari gioca un ruolo importante: imitare e impressionare i propri amici sancisce o rinforza il senso di appartenenza ad un gruppo.

È importante riconoscere che le sfide online variano enormemente e non sono tutte problematiche: sono una pratica molto diffusa di produzione e condivisione di contenuti, sono diverse tra di loro e hanno diversi intenti. Ci sono challenge a scopo benefico o a scopo creativo. Tik Tok è il social che più di tutti le ha lanciate per alcune funzionalità proprie del social media e dell’interazione tra i profili, ma non è l’unico.

LE CHALLENGE ESTREME

Con challenge estreme si intendono le sfide per compiere atti di “coraggio”: BlackOut Challenge e Hanging Challenge, ad esempio, sono nomi di presunte sfide in cui si prevede che “il partecipante” stringa una cintura attorno al collo e resista il più possibile.

Non ci sono evidenze ancora della presenza in TikTok (o in altri social) di questo fenomeno e quanto sia effettivamente diffusa, ma di challenges estreme si parla da molto (ricordiamo tutti il fenomeno Blue Whale) e con esse si intende una pratica che può suggestionare ragazzi e ragazze ed indurli progressivamente a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose (sporgersi da palazzi, cornicioni, finestre etc), selfie pericolosi, sino ad arrivare ad atti che comportano il suicidio. Questa suggestione può essere operata dalla volontà di un adulto (o gruppi di adulti) che aggancia via social e induce la “vittima” alla progressione nelle “tappe” della pratica oppure sui social o gruppi di messaggeria nei quali i ragazzi stessi si confrontano sulle varie tappe, si incoraggiano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose previste dalla pratica, mantenendo gli adulti significativi ostinatamente all’oscuro. L’effetto emulazione è l’elemento più pericoloso. Per questo occorre parlare di questi fenomeni con attenzione.

Ad oggi si conosce poco della reale correlazione tra casi di suicidio e la partecipazione a una challenge.  Quello che sappiamo è che le fragilità della pre e dell’adolescenza sono tante e, a prescindere dalla tecnologia, gli atti di autolesionismo possono essere molto diffusi.

CHALLENGE SOCIAL: CONSIGLI UTILI PER PROTEGGERE I PIÙ PICCOLI

Per proteggere i più piccoli dai possibili rischi delle sfide social, è importante per gli adulti di riferimento conoscere e indicare a bambini/e e adolescenti gli ambienti digitali che possono frequentare a seconda dell’età e senza dimenticare che è possibile iscriversi ai social network solo dai 13 anni in su, con il consenso dei genitori, oppure dai 14 anni, da soli.

Ecco alcuni consigli utili:

Occorre non dare per scontato il grado di autonomia che possono avere nell’uso delle tecnologie digitali e non avere paura di stabilire regole anche sulla condivisione delle attività e sui tempi di utilizzo.

La gestione della propria identità online va supportata, soprattutto agli inizi della loro vita social, sempre cercando di non risultare invadenti.

Parlare, interessarsi e prevenire sono le parole chiave, dunque, per evitare di trovarsi coinvolti in situazioni rischiose. Sebbene la pratica di verificare i contenuti a cui nostro figlio/figlia ha accesso possa essere un comportamento consigliabile nel caso dei più piccoli, facendone sempre oggetto di dialogo e come pretesto per spunti educativi, ciò potrebbe anche essere inutile e controproducente con gli adolescenti più grandi. Inutile per il moltiplicarsi di spazi, canali e “luoghi” virtuali a cui è possibile accedere con particolari abilità informatiche; controproducente perché allontana, lede la privacy a cui hanno diritto e soprattutto interferisce con una dinamica educativa basata sulla responsabilizzazione, la progressiva autonomia e la fiducia.

Gli adolescenti vanno supportati nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni, nello sviluppo di autonomia, responsabilità e senso etico. Devono imparare ad esercitare il proprio pensiero critico anche quando sono online, quando cioè provare empatia per l’altro è più difficile, perché scatta un meccanismo di de-responsabilizzazione e di distacco. Devono sapere che se si ritrovano in una situazione più grande di loro, possono chiedere aiuto e possono chiederlo e riceverlo anche se si sono messi nei guai.

L’IMPATTO DEL COVID-19 SULLA VITA ONLINE DEI PIÙ PICCOLI

Con la cirsi di Covid-19 abbiamo assistito ad un aumento delle vulnerabilità ed esposizione a possibili rischi online perché si sono ampliati i fattori e le condizioni di rischio: è ampliata la fruizione di ambienti online per soddisfare moltissimi bisogni (esclusivamente online, in assenza di una dimensione della socialità in presenza), ed è aumentata in particolare per una fascia d’età prima relativamente meno esposta (<10 anni).

Ricordiamo che l’età minima per iscriversi a un social network è di 14 anni mentre a 13 anni è concesso con consenso dei genitori, tuttavia nessun social applica attualmente l’age verification, anche per questione di privacy.

La presenza di bambini e bambine nella fascia d’età under 10 negli ambienti digitali, con i relativi profili nei social media è una condizione di particolare criticità, ad esempio la percezione delle conseguenze negative e reali delle proprie azione può essere sottostimata, a causa anche della giovanissima età. Appare ancora più evidente come la mancanza o la debolezza delle competenze digitali espongano a rischi e vulnerabilità, rispetti ai quali il ruolo degli adulti e della comunità educante deve agire con forza.

Fonte: www.savethechildren.it

 

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