COME CONNETTERSI CON UN FIGLIO ADOLESCENTE
Il problema c'è. L'adolescenza è il
periodo che esige un supplemento pedagogico e, nello stesso tempo, è il periodo
della massima opposizione del figlio ad ogni nostra proposta. Connettersi con i
ragazzi adolescenti è un'impresa!
Un rebus con la soluzione
«Proprio ora, quando avrebbe bisogno
d'essere aiutato, disprezza e rigetta con spavalderia ogni nostra parola, anche
quella che ci sembra la più ovvia e la più giusta!»
Sì, avete ragione. L'adolescenza
(11-18 anni) è il periodo della più forte opposizione e, nello stesso tempo,
del massimo bisogno di aiuto.
Incominciamo dal bisogno d'aiuto.
L'adolescente vive un periodo di grande confusione mentale.
Confonde amore con infatuazione,
libertà con arbitrio, critica con criticismo, intimità con mutismo. Insomma,
massimo disordine mentale che, se non viene corretto, può avere in futuro
conseguenze pesantissime. Il guaio è che in nessun altro periodo della vita
troviamo un'opposizione tanto dura e sicura.
Gli psicologi parlano di
autoaffermazione oppositiva per dire che l'adolescente afferma se stesso
opponendosi a tutto e a tutti. L'adolescente si pone in quanto si oppone:
esiste in quanto resiste! Non stiamo gargarizzando parole: stiamo fotografando
le realtà.
Due fatti.
Il padre dice a Richy (13 anni) che
il CD che si è appena comprato, piace anche a lui. Da quel momento Richy smette
di ascoltarlo.
Soraya (15 anni) va a comprarsi un
paio di jeans. Prima di pagarli, domanda alla commessa: «Se decidessi, potrei
cambiarli?». La commessa: «Perché cambiarli?». «Non si sa mai, qualora
piacessero a mia madre».
A questo punto è facile tirare la
somma: da un lato l'urgenza dell'aiuto e dall'altro il totale rifiuto!
In breve: un gran bel rebus
connetterci con i nostri ragazzi, trovare ospitalità nella loro mente e nel
loro cuore. È impossibile intercettare i nostri ragazzi digitali?
Pensiamo di avere la soluzione al
problema in una proposta. Una proposta che ha due momenti.
Il primo, quello della confezione
delle parole in sintonia con il modo di pensare dell'adolescente d'oggi.
Il secondo, quello della
presentazione garbata di tali parole in modo da non urtare la loro
ipersensibilità.
Le parole ridotte all'osso
Per quanto riguarda la confezione
delle parole è presto detto: oggi i ragazzi amano le spremute. È sotto gli
occhi di tutti: i nostri ragazzi twittano, cinguettano. Il loro è un parlare
secco, breve, crocchiante, energico. Andiamo sul sicuro quando diciamo che mai
come dal 1991 (anno dal quale si fa iniziare l'era del Web) gli adolescenti
sono stati così allergici alle “prediche”. Dunque messaggi ridotti all'osso.
Il metodo indiretto
Per quanto riguarda, poi, la loro
presentazione, non pensiamo vi sia altra via più indovinata che quella del
metodo indiretto. Parlare in modo frontale, prendere di petto il ragazzo,
equivale ad ingaggiare una lotta a pugno di ferro, lotta nella quale il
vincitore sarà sempre lui, più giovane di noi e forse anche più dialettico. Il
metodo frontale non solo non approda a nulla, ma aggrava la situazione.
Decisamente meglio è praticare il
metodo indiretto.
Un esempio.
La famiglia è in auto. Il padre
guida, la madre gli è accanto, dietro siede il figlio adolescente. Ad un tratto
il padre (senza coinvolgere il ragazzo!) domanda alla madre: «Che ne dici del
film che abbiamo visto ieri sera alla televisione?» La madre risponde: «Non mi
è spiaciuto, però tutte quelle parolacce! Credono d'essere grandi, in realtà le
parolacce non sono che volgari!»
Il padre conclude: «D'accordo! Hai
tutta la ragione dalla tua parte: le parolacce sono come un raglio d'asino nel
bel mezzo di un concerto!».
Ecco: il figlio non è stato
interpellato, però ha sentito. Ha sentito e, se vuole, apre la sua mente alla
nostra opinione sulle parole grossolane. Questo è il metodo indiretto al quale
va tutta la nostra simpatia. Metodo indiretto è anche, ad esempio, abbandonare
un libro adatto al ragazzo nella cucina, nel salotto, nella camera da letto del
figlio.
Metodo indiretto è parlare del più e
del meno durante il pasto (particolarmente a cena), raccontando come è andata
la giornata, dando un giudizio sulle cose lette sul giornale, sulle cose viste
sul lavoro, il tutto senza salire in cattedra, ma con la massima spontaneità.
Le parole dette senza preavviso
sovente hanno un fortissimo impatto sul figlio perché rivelano senza filtro i
nostri pensieri, le nostre opinioni, i valori che ci portiamo dentro.
Il noto pedagogista italoamericano
Leo Buscaglia era solito dire che a costruirgli il suo codice di vita erano
state le parole che il padre lasciava cadere a tavola durante la cena con una
spontaneità tale che lo rendevano credibile.
Il padre gli diceva: «È fondamentale
amare. Non tradire mai te stesso. Se vinci gli altri sei muscoloso, se vinci te
stesso, sei forte. Il portafoglio non soddisfa tutto. Si può essere imbalsamati
a 16 anni: basta arrendersi».
Una proposta non miracolosa, ma una
proposta alla quale ci pare di dover riconoscere due meriti: non danneggia mai
l'educazione del figlio e (ciò che più conta!) sovente funziona.
Autori: P.Pellegrino
Fonte: B.S. Ottobre
2016
Paidos Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE
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