LETTERA DI UNA MAMMA AI BULLI
CHE PERSEGUITAVANO IL FIGLIO
Luca,
nome di fantasia, ha nove anni. Ama andare a scuola, trascorrere del tempo con
i suoi amici, vivere la vita dei bambini. Poi all'improvviso, tutto cambia.
Luca torna a casa sempre piangendo, dice a sua madre che in quella scuola non
ci vuole più andare. Giorno dopo giorno la situazione peggiore e Luca inizia a
vomitare, non riesce quasi più a camminare. È una vittima di bullismo. «Io
non lo chiamo bullismo. Per me è un male che arriva
all'improvviso e non sai quello che devi fare». A parlare, in occasione della Giornata nazionale contro il
bullismo, è Francesca, 40 anni, mamma di Luca. Un anno fa è corsa a scuola per soccorrere suo figlio. Era
stato pestato da alcuni compagni nel cortile della scuola. Contusioni multiple,
cicatrici, ricovero in ospedale e un bambino che smette di sorridere.
«Avevano
iniziato con prese in giro stupide, come buttargli lo zaino nella spazzatura o
appenderlo a un albero. Poi hanno cercato di gettare mio figlio nei bidoni
dell'immondizia. È stato un aggravarsi di situazioni fino alle botte».
Quando si è trovata davanti a un bambino che non sembrava più suo figlio, Francesca non sapeva cosa fare. «Non sapevo come poterlo aiutare». Luca aveva iniziato a soffrire di bulimia alimentare, vomitava e ogni notte, puntualmente faceva la pipì a letto.
«Porti suo figlio dieci minuti dopo il suono della campanella e lo venga a prendere dieci minuti prima, così non viene esposto nei momenti più problematici dell'entrata e dell'uscita», le aveva consigliato il preside della scuola.
«Presto è successo quello che temevo - scrive Francesca in una lettera indirizzata ai bulli (ma anche ai loro genitori) che hanno distrutto la vita di suo figlio -. Un pestaggio di massa che gli ha procurato botte e contusioni in tutto il corpo, in particolare alla schiena, sul dorso e agli arti. Abbiamo dovuto portarlo al pronto soccorso per essere medicato e ha avuto una prognosi di un mese. Ma le ferite fisiche che gli avete causato sono niente in confronto allo shock.
A quel punto il mio bambino in quella che era la sua scuola non c'è proprio più voluto tornare e ha avuto bisogno di supporto psicologico per affrontare il trauma, che non ha ancora superato: è seguito tuttora da uno psicologo. La nostra famiglia si è trovata di fronte a un muro di gomma e di omertà. Tutti avete visto queste violenze, ma nessuno di voi ha aperto bocca. Ho parlato tante volte con voi genitori, ma la vostra risposta è stata: “Sono bambini”».
Per ottenere il trasferimento in una seconda scuola, Francesca ha dovuto presentare un certificato in cui veniva attestato che suo figlio «soffriva di sindrome ansiosa a seguito di vari episodi di bullismo subiti in classe».
«Ho presentato un esposto ai carabinieri e andrò fino in fondo per ottenere
giustizia, per mio figlio e per tutte le vittime di voi bulli e, soprattutto, di tutti coloro che vi
lasciano agire indisturbati. Perché voi siete dei minori e la colpa di questo stato di cose è
soprattutto vostra, signori adulti: perché i primi difensori dei bulli siete voi genitori, voi
dirigenti scolastici, voi insegnanti che non accettate, non ammettete, e alla fine non muovete
un dito.
E se tali comportamenti vengono giustificati dall'alto, perché un bambino dovrebbe
vergognarsene? Mio figlio è stato costretto a cambiare scuola, abitudini e compagni. Ed è stato un bene, alla fine».
Ma il calvario, come lo definisce Francesca, è ancora lungo, perché quando a Luca capita di ritornare con la mente agli episodi subiti torna a stare male. «In questi mesi è stata dura - continua Francesca - è tuttora in cura da una dottoressa perbulimia alimentare, soffre di mal di testa e vomito. I traumi che ha subito sono ancora presenti, le cicatrici non si rimargineranno facilmente: dovrà conviverci a lungo.
È giusto tutto questo? Bulli, pensateci prima di accanirvi sul prossimo bersaglio; genitori,
parlate con i vostri figli e insegnate loro il rispetto per gli altri. E voi educatori, insegnanti e
presidi, non giratevi dall'altra parte, non vergognatevi di prendere provvedimenti e non lasciate questi episodi impuniti. Creerete altri bulli. E nuove vittime».
Quando si è trovata davanti a un bambino che non sembrava più suo figlio, Francesca non sapeva cosa fare. «Non sapevo come poterlo aiutare». Luca aveva iniziato a soffrire di bulimia alimentare, vomitava e ogni notte, puntualmente faceva la pipì a letto.
«Porti suo figlio dieci minuti dopo il suono della campanella e lo venga a prendere dieci minuti prima, così non viene esposto nei momenti più problematici dell'entrata e dell'uscita», le aveva consigliato il preside della scuola.
«Presto è successo quello che temevo - scrive Francesca in una lettera indirizzata ai bulli (ma anche ai loro genitori) che hanno distrutto la vita di suo figlio -. Un pestaggio di massa che gli ha procurato botte e contusioni in tutto il corpo, in particolare alla schiena, sul dorso e agli arti. Abbiamo dovuto portarlo al pronto soccorso per essere medicato e ha avuto una prognosi di un mese. Ma le ferite fisiche che gli avete causato sono niente in confronto allo shock.
A quel punto il mio bambino in quella che era la sua scuola non c'è proprio più voluto tornare e ha avuto bisogno di supporto psicologico per affrontare il trauma, che non ha ancora superato: è seguito tuttora da uno psicologo. La nostra famiglia si è trovata di fronte a un muro di gomma e di omertà. Tutti avete visto queste violenze, ma nessuno di voi ha aperto bocca. Ho parlato tante volte con voi genitori, ma la vostra risposta è stata: “Sono bambini”».
Per ottenere il trasferimento in una seconda scuola, Francesca ha dovuto presentare un certificato in cui veniva attestato che suo figlio «soffriva di sindrome ansiosa a seguito di vari episodi di bullismo subiti in classe».
«Ho presentato un esposto ai carabinieri e andrò fino in fondo per ottenere
giustizia, per mio figlio e per tutte le vittime di voi bulli e, soprattutto, di tutti coloro che vi
lasciano agire indisturbati. Perché voi siete dei minori e la colpa di questo stato di cose è
soprattutto vostra, signori adulti: perché i primi difensori dei bulli siete voi genitori, voi
dirigenti scolastici, voi insegnanti che non accettate, non ammettete, e alla fine non muovete
un dito.
E se tali comportamenti vengono giustificati dall'alto, perché un bambino dovrebbe
vergognarsene? Mio figlio è stato costretto a cambiare scuola, abitudini e compagni. Ed è stato un bene, alla fine».
Ma il calvario, come lo definisce Francesca, è ancora lungo, perché quando a Luca capita di ritornare con la mente agli episodi subiti torna a stare male. «In questi mesi è stata dura - continua Francesca - è tuttora in cura da una dottoressa perbulimia alimentare, soffre di mal di testa e vomito. I traumi che ha subito sono ancora presenti, le cicatrici non si rimargineranno facilmente: dovrà conviverci a lungo.
È giusto tutto questo? Bulli, pensateci prima di accanirvi sul prossimo bersaglio; genitori,
parlate con i vostri figli e insegnate loro il rispetto per gli altri. E voi educatori, insegnanti e
presidi, non giratevi dall'altra parte, non vergognatevi di prendere provvedimenti e non lasciate questi episodi impuniti. Creerete altri bulli. E nuove vittime».
Fonte:
vanityfair.it
Paidòs Onlus
dalla
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