I 6 ingredienti fondamentali per formare un “uomo”
5 L'autocontrollo
Il nome moderno della temperanza
L'arte di avere cura di se stessi e degli altri.
Un tempo, questa essenziale qualità umana si chiamava
“temperanza”. Un nome triste, che richiama alla mente altri verbi sgradevoli:
rinunciare, mortificarsi, castigare tutti i desideri.
In realtà temperanza significa invece l'inebriante gioia di essere
padroni di se stessi. È l'equilibrio, la saggezza pratica, la libertà
autentica, che non va oltre i limiti, ma li rispetta. È l'arte di avere cura di
se stessi e degli altri.
È forse la virtù più difficile in questo mondo che premia
l'esagerazione. Lo spreco e l'eccesso hanno causato al pianeta problemi
analoghi a quelli di un individuo, le cui abitudini sono eccessive e smodate. I
risultati tangibili sono malattie, esaurimento delle risorse e povertà,
egocentrismo, avidità e divisioni. La vecchia virtù della temperanza si rivela
invece un baluardo contro la marea del comprare, possedere e sprecare che
caratterizza le nostre società sviluppate.
La nostra società soffre di più per il troppo mangiare, correre,
agitarsi che per la mancanza di qualcosa di vitale. La temperanza è una forza
contro avarizia, lussuria, gola e accidia; direi anche contro la rabbia e
l'orgoglio. È come una guida saggia che mette a tacere le voci strepitanti che
chiedono tutto ciò che è eccessivo e superfluo, ed è una guida affidabile alle
buone maniere spirituali.
C'è un luogo in cui è sempre più urgente imparare l'autocontrollo:
la famiglia.
In famiglia
Nella maggioranza delle famiglie, si litiga sempre per gli stessi
motivi, trasformando la vita familiare in un fragile armistizio tra un litigio
e l'altro.
• È così facile farsi trascinare quotidianamente in conflitti
familiari!
• Perché? Semplice, è sempre difficile amare.
Il rischio è che tutta l'impostazione familiare finisca per essere
basata sulla legge del più forte. Una grande percentuale di persone è ancora
convinta che le sberle siano una punizione accettabile. Dicono: «I miei
genitori mi hanno dato qualche schiaffo e ha funzionato benissimo». La
sculacciata è un sistema che serve a scaricare le frustrazioni e la rabbia,
mascherando il fatto che i genitori non riescono ad affrontare la situazione.
Dopo tutto non è difficile picchiare un bambino. È molto più difficile
spiegargli le cose...
Autocontrollo per grandi e piccoli
1. Addomesticare la collera.
Ecco alcune tecniche che permettono di identificare la propria
collera e reagire senza peggiorare la situazione. La prima è riconoscere e dare
un nome ai sentimenti di rabbia, utilissima per l'alfabetizzazione emotiva.
Anche i bambini comprendono espressioni come “ribollire di rabbia”, “sto per
scoppiare”, “sono esploso”. Quando il bambino è consapevole di essere
arrabbiato, ha la possibilità di farlo sapere agli altri. I genitori hanno
difficoltà a comprendere che l'ira in qualche modo non può essere completamente
repressa. La seconda è concentrarsi sulle cause della rabbia e non sulla
rabbia. L'ira è come una di quelle spie intermittenti sul cruscotto
dell'automobile che ci avvertono che qualcosa ha bisogno di particolare
attenzione. L'esplosione rabbiosa è il sintomo, non la malattia. È essenziale
eliminare le cause ma anche agire sui sintomi, soprattutto per far capire che
la rabbia non è mai una soluzione, ma che di solito peggiora la situazione.
2. Fermarsi. Purtroppo la causa più comune è che la rabbia si
prende come il morbillo: per i virus che circolano nell'ambiente dove si vive.
E il nostro è un mondo di arrabbiati. Vivere in un'atmosfera aggressiva fa
sentire i bambini vulnerabili. Perdiamo la calma e spesso siamo più nervosi
proprio quando la famiglia si riunisce la sera, stanca e affamata. Altre cause
comuni sono le ingiustizie, le frustrazioni, gli insuccessi, le vergogne, le
umiliazioni, i sentimenti feriti.
Per fermare l'aggressore interrompendone il comportamento con
decisione e fermezza è bene stabilire alcune regole ferree:
• «Usare le parole, non le mani».
• Le prime volte si possono aiutare i bambini con delle domande:
Sei arrabbiato con qualcuno? Ti senti così perché non vuoi fare qualcosa? Come
ti senti? Trattato ingiustamente? Triste?
• Esporre con energia i principi che si vogliono insegnare, anche
se il bambino li conosce già: «Non si devono picchiare gli altri». «Dobbiamo
trattare gli altri nello stesso modo in cui vogliamo che gli altri trattino
noi».
3. Perdonarsi. Quando torna la calma si deve aiutare il bambino a
esaminare ciò che è accaduto, che cosa è andato storto. Come si può evitare che
la stessa cosa si ripeta in futuro? Aiutatelo a comprendere la propria
responsabilità e a credere nella sua capacità di controllarsi, dicendogli che
siete convinti che ce la farà. Stabilite delle conseguenze adatte al “reato”,
ma costruite un clima di perdono: accettare le scuse del bambino è un modo per
ridargli la convinzione nella sua “bontà”.
4. La lotta per l'autocontrollo. Si tratta di una lotta, e la
forza di volontà è un muscolo: si può potenziare con l'esercizio quotidiano. Si
tratta quindi di insegnare ai bambini le “buone abitudini”, quelle del tipo
«conta fino a venti prima di arrabbiarti, non si mangia fuori pasto, alle
ventuno si va a dormire, ecc.».
• Costruire un'architettura della scelta. Questo dipende dalla
“visione”: l'autocontrollo consiste nel riuscire a guardare oltre l'oggi, a
rinviare, se necessario, la gratificazione istantanea per perseguire la
realizzazione di obiettivi più importanti.
Autore: B.F.
Fonte:www.biesseonline.sdb.org
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