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martedì 29 dicembre 2020

Non abbiamo più tempo di guardarci negli occhi

 NON ABBIAMO PIU' TEMPO DI GUARDARCI NEGLI OCCHI

Uno dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando del contatto più semplice: il contatto visivo.

In famiglia, scompaiono le occasioni che consentivano alle persone di “guardarsi”. Una statistica afferma che il tempo medio che un genitore trascorre con un figlio adolescente è attualmente stimabile in 12 minuti al giorno. Anche il pasto della sera non viene più consumato insieme, per le troppe attività in cui ciascuno è impegnato e i diversi gusti televisivi. Dei 12 minuti, almeno 10 vengono impiegati per dare istruzioni o verificare l'esecuzione di quelle impartite il giorno precedente, gli altri minuti si esauriscono in questioni poco significative.

È così che diventa realmente possibile la preghiera ormai classica: «Signore, fammi diventare un televisore, così la mia mamma e il mio papà mi guarderanno un po' di più».

Il contatto visivo è guardare direttamente una persona negli occhi. La maggioranza della gente non capisce quanto questo contatto sia vitale. Quasi tutti però conoscono il disagio di una conversazione con qualcuno che guarda costantemente altrove e che è incapace di guardare in faccia l'interlocutore.

Le persone hanno bisogno di essere guardate. A che cosa servono le tante cure al vestito, al look, al corpo se non per attirare l'attenzione e lo sguardo degli altri? Anche il piercing, i tatuaggi e le spesso sconcertanti originalità degli adolescenti sono l'inquietante invocazione: «Guardatemi!».

Il contatto visivo è essenziale non solo per comunicare con i bambini ma per soddisfare i loro bisogni emotivi. Il bambino utilizza il contatto visivo con i genitori per nutrirsi emotivamente. Con gli occhi si comunica amore. Lo sanno bene gli innamorati. Tutti sentono la profonda emotività della frase «Mangiarsi con gli occhi». Anche l'evangelista Marco nell'episodio dell'incontro tra Gesù e il giovane ricco, afferma: «Gesù, fissatolo, lo amò...».

Lo sguardo dei genitori significa amore, attenzione reale, apprezzamento e interesse. Gli occhi dei genitori sono una fonte di valore e una forma di nutrimento morale ed emotivo. Un figlio moltiplica il proprio impegno se si sente guardato dai genitori. Purtroppo molti genitori sono occupati a far tante cose per i propri figli e poi si dimenticano di “guardarli”.

Ormai è provato: lo sguardo caldo e incoraggiante dell'insegnante aumenta l'impegno dell'alunno, lo aiuta a capire meglio ciò che gli viene detto. Così pure è certo che i bambini memorizzano meglio le fiabe raccontate guardandoli negli occhi.

Insomma, la mancanza del contatto visivo è un danno umano di non poco conto e non utilizzarlo sarebbe da irresponsabili. Anche perché esiste il pericolo della sua scomparsa (o quasi) a causa della inarrestabile e sempre più invadente comunicazione digitale! L'insidia è davvero alta. Il cellulare, il tablet, lo smartphone connettono, ma non mettono in relazione.

• I “connessi” non sentono la vibrazione dello stare vicino l'uno all'altro, del guardarsi, dello sfiorarsi.

• Si è scoperto che i ragazzi che chattano molto non arrossiscono più ed hanno difficoltà a fissarsi negli occhi. Questa è povertà umana!

• Nei campi di concentramento tedeschi era severamente proibito ai prigionieri guardare negli occhi le guardie di sorveglianza, per timore che queste avrebbero potuto intenerirsi ed essere meno dure.

I contatti sbagliati

Fin qui tutto pare correre liscio. In realtà non è così. Non tutti i contatti visivi, infatti, hanno valenza umanizzante.

Vi sono contatti sbagliati che danneggiano la nostra crescita umana ed altri che la favoriscono.

Quello dell'occhio poliziesco dei genitori che controllano ogni mossa del figlio, lo pedinano tutto il giorno, gli soffiano continuamente sul collo, gli razionano i metri di libertà. L'occhio poliziesco non è fattore di crescita: potrà fare un disciplinato, ma non un educato. “Mai la catena ha fatto buon cane”, recita l'indovinato proverbio.

• Un secondo tipo di contatto visivo sbagliato è quello dell'occhio minaccioso, fulminante. “Guardami negli occhi!”, urlano alcuni genitori che si dimenticano che la paura non ha mai innalzato alcuno, ma ha sempre solo formato nani.

• Terzo tipo di contatto visivo sbagliato (il peggiore tra tutti!) è quello dell'occhio indifferente. L'indifferenza è sempre insopportabile: ti gela l'anima, ti fa perdere la voglia d'essere al mondo. L'indifferenza è la sorella gemella della crudeltà!

I contatti buoni

Passiamo ai contatti buoni.

• Contatto buono è quello dell'occhio generoso che vede ciò che nessuno vede.

Un tale si era innamorato della celebre cantante e ballerina Elena Sontag che vedeva stupenda.

Un giorno un amico gli disse: “Ma non hai notato che la signorina ha un occhio più piccolo dell'altro?”.

“Macché - ribatté il convinto ammiratore - “ha un occhio più grande dell'altro!”.

A questi livelli di generosità (di umanità) possono arrivare gli occhi generosi, i più apprezzati dai pedagogisti che sono d'accordo con la magnifica intuizione dello scrittore francese François Mauriac: “Amare qualcuno significa essere l'unico a vedere un miracolo che per tutti è invisibile”.

• Buono è il contatto visivo incoraggiante che dà la spinta e fa volare alto.

• Buono è il contatto visivo accogliente che ti avvolge come un manto ripieno d'amore e di empatia. Un contatto visivo con tali caratteri ha più valenza umanizzante di tutti i milioni di contatti digitali del mondo messi insieme

Autore: Pino Pellegrino

Fonte: www.biesseonline.sdb.org

 

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