BENESSERE: CONQUISTA O TRAPPOLA?
Mettere in dubbio il valore del benessere può apparire
un pensiero di chi ha il cervello a corto di ossigeno. Invece, no! Anche il
benessere può (e deve!) essere sottoposto a giudizio!
Intanto, sia subito chiaro:
non abbiamo nessuna intenzione di tornare al pane nero, alle canottiere
inzuppate di sudore dei contadini e degli operai dell'inizio del secolo scorso.
Il benessere ha il suo
indubbio lato luminoso.
Ciò non toglie che possa
nascondere insidie pericolose. Per farla breve, ci limiamo a tre.
• Primo: il troppo benessere può indebolire la volontà.
Avere tutto significa non
desiderare più nulla, non volere più nulla.
Una vita troppo facile
prepara ragazzi ammalati di 'atonia
psichica': ragazzi senza sprint, spenti, tiepidi. Ragazzi 'sdraiati' come
li definisce lo scrittore Michele Serra.
Il più grave problema pedagogico,
d'oggi, infatti, non è il bullismo, ma lo spegnimento
quasi totale dell'abbrivio di troppi nostri ragazzi. Ragazzi con la grinta
del pesce bollito o della mozzarella!
• Secondo: pericolo del benessere: togliere il sapore delle cose.
Avere tutto significa gustare
nulla!
Il proverbio parla chiaro:
“Il passero ubriaco trova amare persino le ciliegie”.
Lo psicoterapeuta Paolo
Crepet è stato efficacissimo quando ha sintetizzato: “Troppo benessere genera il malessere; genera i gaudenti scontenti:
genera il disagio dell'agio”.
Verrebbe da dire che il
piacere e la felicità stanno in una sottrazione, più che in un'addizione.
• Resta una terza ragione che giustifica la nostra critica
all'attuale benessere: l'ingolfamento di
cose è ingiustizia.
È ingiusto che, mediamente,
nella borsetta della donna europea vi sia l'equivalente di 1400 euro di merce.
È ingiusto che nelle famiglie italiane vi siano milioni di abiti che non si
usano e non si useranno mai più.
Non è accettabile che nel
bagno vi siano otto paia di scarpe per due piedi soli! La situazione è così
allarmante che gli stessi economisti cominciano a riflettere sul nostro
meccanismo perverso che ci obbliga a 'crescere' all'infinito: il pianeta non ce
la fa a reggere questi ritmi!
Dobbiamo invertire rotta.
Non per nulla sta crescendo
il numero dei sostenitori della 'decrescita'. Insomma, dopo tanto benessere,
non è tempo di lanciare una vigorosa campagna promozionale a favore della
sobrietà, non solo per problemi di colesterolo?
L'INFINITAMENTE POCO
• Il più grande tesoro
dell'uomo è vivere di poco ed esserne
soddisfatto. Perché il poco non manca mai. La perfezione dell'uomo non sta
in ciò che ha, ma in ciò che è. La ricchezza di un uomo si misura da quello di
cui non ha bisogno.
• Consumiamo. Ogni giorno
della nostra vita, dall'alba al tramonto, noi consumiamo: elettricità, acqua,
prodotti di bellezza, detersivi, alimenti, farmaci... Compiamo un'infinità di
piccoli gesti talmente familiari che nemmeno ci accorgiamo di farli. Eppure
sarebbe facilissimo, esaminandoli uno per uno, sprecare meno, intossicarsi meno
(di prodotti industriali) e ingombrarsi meno.
• I vantaggi dei negozietti.
Gli ipermercati incoraggiano a iperconsumare. Nei negozietti si acquista sempre
con più parsimonia. Alberghi, ristoranti, negozi di quartiere: perché
privilegiare le multinazionali che realizzano profitti vergognosi con il nostro
denaro con il quale speculano in Borsa? I piccoli punti vendita, invece, vivono
direttamente grazie alla clientela. Servirsi unicamente da loro sarebbe un
ottimo sistema per sabotare l'economia attuale.
• Il tempo è il nostro capitale principale. Non possiamo né fermarlo,
né metterlo da parte, né comprarlo. Ciò nonostante lo sprechiamo per colpa di
abitudini inutili, per conformismo o ignoranza, quando, in realtà, sono
pochissime le cose veramente utili da fare. Organizzarsi è l'arte di gestire il
proprio tempo in maniera intelligente sprecando poche energie.
• Il ricettacolo della felicità. Una vita semplicissima, senza orpelli,
senza retorica e senza idee superflue. Secondo me, quella semplicità di vita
assomiglia alla felicità. Noi eravamo contenti con poco o nulla. Intorno a me,
oggi vedo gente che vuole sempre di più.
Fonte: www.biesseonline.org
Autore: Pino Pellegrino
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