SEI CONSIGLI PER L'ASCOLTO ATTIVO
Spesso
sentiamo dire che la chiave di una buona relazione è la comunicazione, ma non
dimentichiamo che il segreto della comunicazione è l'ascolto.
Ecco 6
consigli per praticarlo e quindi capire meglio gli altri.
1. CREA IL CLIMA ADATTO
Le
parole non sono l'unico elemento. Spesso non sono neanche il più importante.
L'atmosfera, l'ambiente, i gesti, l'affettuosità, il silenzio, gli occhi, il
viso non sono una semplice cornice. In un colloquio di lavoro, per esempio,
l'aspetto esterno del candidato decide quasi sempre il risultato dell'incontro.
La
maggior parte dei genitori crede di ascoltare i propri figli. Sembra
un'attività semplice e scontata. Eppure quante volte mamma e papà ascoltano
veramente e sinceramente, con piena attenzione ciò che i figli dicono o cercano
di dire?
2. CONCENTRATI SULLE PAROLE DELL'ALTRO
Essere
concentrati sulle parole dell'altro senza fare altro o pensare a un altro
argomento è il modo migliore per ascoltare.
Uno
dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è
l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone
si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando
del contatto più semplice: il contatto visivo. Fondamentale è il modo di
guardare, che deve comunicare: «Tu mi interessi davvero. Meriti tutta la mia
attenzione».
3. SEI LÌ PER ASCOLTARE E NON PER RISPONDERE
Ascoltare
attivamente significa anche imparare a tacere sul proprio discorso e
concentrarsi sull'attenzione dell'altra persona e fare attenzione a non dare
consigli o soluzioni quando lui o lei ha la parola.
Immagina
un insegnante che deve rimotivare uno studente che ha abbandonato la lezione.
Il consiglio di classe arriva e l'allievo in questione tenta di spiegare (con
difficoltà) che cosa sta succedendo in lui. Ma gli insegnanti lo interrompono
dandogli consigli a turno su che cosa avrebbe dovuto fare. In realtà lo studente
vorrebbe semplicemente essere compreso in ciò che sta cercando di dire.
«Io
parlo, parlo, ma nessuno mi ascolta» brontola Corinna (8 anni). E Giuditta (7
anni): «Allora, la sera, a letto, giro le spalle a tutti quanti, mi metto
contro il muro e mi parlo, perché almeno io mi ascolto». Nella sala-colloqui di
un istituto correzionale, un giovane disse amaramente al padre: «Papà, ti rendi
conto che in vent'anni è la prima volta che mi stai ad ascoltare?».
4. ELIMINA I FILTRI PERCETTIVI
Significa
mettere da parte emozioni e desideri personali. Il pericolo più grande è
pensare di sapere già tutto. Per esempio: «È solo pigrizia... Ecco, sta
mentendo... È pauroso...» Se siete arrabbiati, calmatevi. Se non vi stringe il
cuore ciò che ascoltate, rimanete lucidi e mettete da parte delusione o
preoccupazione.
5. RIFORMULA LE FRASI PIÙ IMPORTANTI DEL TUO
INTERLOCUTORE
Resistete
alla tentazione di essere rassicuranti, di ragionare, giustificare o fare
prediche. Provate, invece, a immaginare le emozioni che il bambino sente in
quel momento.
Non
ripetete alla lettera le sue parole. Per esempio, se vostra figlia vi grida che
siete la mamma più cattiva del mondo, non servirà a niente constatare: «Pensi
che io sia la mamma più cattiva del mondo». Non lo crede veramente, lo dice per
scatenare una reazione. Una risposta adatta potrebbe essere: «Forse ti sei
arrabbiata perché non voglio farti mettere il vestito nuovo per andare a
scuola». Non minimizzate. Non insistete. A volte, nonostante abbiate colto nel
segno, il bambino non vuole ammettere una particolare emozione. Non vi
intestardite. Non fa niente se è d'accordo con voi o no. Lo scopo dell'ascolto
riflessivo non è strappare una confessione, ma aiutare l'altro a sentirsi
ascoltato, compreso e accettato, a convivere con le emozioni e a esprimerle
verbalmente, anziché con le azioni.
6. METTITI DALLA SUA PARTE E SE C'È UN PROBLEMA
AFFRONTATELO INSIEME
È un
passo prezioso. L'ascolto attivo consente di chiarire la situazione.
L'interlocutore si sente capito e rassicurato. Di solito risponde positivamente
alla domanda: «Che cosa pensi di fare?»
Fonte: www.biesseonline.org
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