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mercoledì 21 marzo 2018

Come togliere potere al bullo

COME TOGLIERE POTERE AL BULLO

Il bullismo è un comportamento aggressivo, ripetuto nel tempo, che si basa su uno squilibrio di potere (reale o anche solo percepito) tra l’aguzzino e la vittima.
L’obiettivo di chi pratica bullismo è quello di infliggere dolore fisico e psicologico ad un’altra persona.
  
Chiunque può rivelarsi un bullo: donne e uomini, ricchi e poveri, adulti e bambini.
Possono essere i genitori, l’amante, il compagno di classe, l’insegnante, il capo e il collega.
    
Il grande problema di avere a che fare con questa gente è che spesso ha un potere veramente enorme rispetto agli altri.
Spesso sono grossi e muscolosi oppure hanno posizioni privilegiate.
Dal momento che la loro specialità è succhiare il potere di chi li circonda, voglio condividere con te 4 consigli per bloccare questo meccanismo e addirittura invertirlo.

1. Dimostrati sicuro di te.
Amy Cooper Hakim, psicologa specializzata in lavoro e organizzazioni, ritiene che i bulli perdano il loro potere quando vedono che le loro vittime non si lasciano sopraffare.
E’ come se iniziassero a credere di non meritare il loro rispetto, quindi cominciano ad ammirare (se non temere) la loro sicurezza.
Consiglio numero uno: quando il bullo attacca, non rispondere con la stessa modalità (alzando le mani o la voce a tua volta) e non far vedere che le sue parole hanno in qualche modo turbato la tua psiche.
Piuttosto, dimostrati sfacciato mantenendo un contegno forte e cortese.
Mantieni un contatto visivo diretto, parla con un tono di voce calmo, mantieni una distanza appropriata e pronuncia il nome del bulloquando gli parli: lo lascerà spaesato.

2. Crea il tuo branco.
Se fossero animali, i bulli potrebbero essere considerati dei predatori molto intelligenti.
Il loro obiettivo è quello di far sentire la vittima sola e senza alcun potere.
Per fare questo, prima e durante l’attacco, si assicurano di aver fatto terra bruciata attorno al bersaglio scelto: nessuno deve intervenire o, al massimo, può solo unirsi alla tortura.

Consiglio numero due: mantieni il controllo sulle relazioni con i tuoi potenziali alleati e crea il tuo branco.
Se durante un attacco si crea la situazione in cui tutti i tuoi amici o colleghi si dispongono in cerchio al cui interno ci sei tu e il bullo, rompi questo schema. A causa del fenomeno della diffusione di responsabilità, le persone tendono a non intervenire durante una situazione incerta perché pensano che lo farà qualcun altro.
Il risultato è che nessuno si muove.
Durante l’attacco, non aver timore di coinvolgere gli altri per sostenerti.
Indicali e rivolgiti direttamente a loro chiedendo di prendere le tue parti.

Conoscevo un ragazzo mingherlino che era un asso nell’usare questa tecnica. A causa della sua statura minuta, era spesso un bersaglio fisso. Il ragazzino, però, aveva dalla sua un’ottima oratoria e buone abilità sociali: conosceva il nome di quasi metà istituto (e per questo fu eletto rappresentante degli studenti). Quando i 3-4 malintenzionati lo braccavano, si creava intorno a loro una cerchia di spettatori preoccupati. Il ragazzo, allora, iniziava a muoversi in cerchio, come una danza, e si rivolgeva al pubblico. Indicava uno ad uno gli spettatori, li chiamava per nome, e gli chiedeva cosa ne pensavano della situazione, invitandoli a dire la propria e a prendere posizione. E’ veramente difficile restare in silenzio quando qualcuno ti indica e ti “passa la palla” di fronte a 10-20 persone! Alla fine il pubblico si mobilitava, lo schema si rompeva e i bulli rinunciavano perché avevano perso il controllo della situazione.
3. Utilizza la comunicazione assertiva.
L’assertività è la capacità di utilizzare, in ogni situazione, una comunicazione che rende altamente probabile reazioni positive nelle persone, annullando o riducendo le reazioni negative.”
– James Libet, psicologo
Hai mai sentito parlare di “comunicazione assertiva“?
La comunicazione assertiva è un modo di comunicare che ha come obiettivo quello di stabilire delle buone relazioni sociali con gli altri.
Chi utilizza tecniche di comunicazione assertiva è in grado dipromuovere le proprie idee senza che gli altri si sentano minacciati,finendo con il convincerli a fare ciò che si chiede.
Dale Carnegie è uno dei massimi esponenti di questa disciplina, avendo pubblicato quasi un secolo fa un best-seller intitolato “Come trattare gli altri e farseli amici“.
    
Consiglio numero tre: usa l’assertività contro il prepotente.
Signa Whitson, esperta di comportamenti aggressivi, consiglia di utilizzare l’assertività rispondendo ai bulli con frasi dirette e prive di emozioni.
L’assertività fa capire al prepotente che la vittima non ha intenzione di essere maltrattata, quindi manca quell’elemento di “sfida” che inebria di potere il bullo.
In mancanza di ciò, la sua attenzione si dirige verso altro.

4. Agisci immediatamente, senza esitazione.

Signa Whitson aggiunge un altro suggerimento per uscire dal circolo vizioso del bullismo:

“Più a lungo un bullo si accanisce sulla vittima, più forte diventa.
Capita spesso che il bullismo nasca da piccoli gesti fastidiosi, come dare nomignoli offensivi o deridere eccessivamente l’altro quando commette un errore.
Dopo che il bullo ha “sondato le acque” e ha capito che può spingersi più in profondità e trovare una sfida più intrigante (vedi il punto 3.), allora le aggressioni aumentano di numero e di gravità.”

Consiglio numero quattro: il gioco va fermato all’inizio.
Non ridacchiare quando qualcuno ti prende leggermente in giro o ti fa uno “scherzetto”.
Ingenuamente, potresti pensare che è un segno di riconoscimento, come se il burlone ti stesse facendo capire che sei un “membro del gruppo”, un amico con cui si può scherzare.
Non è così.
Ho personalmente visto situazioni partite come scherzi goliardici e finire come veri e propri assalti, con i bulli che scaricavano un intero bidone della spazzatura sulla testa del povero malcapitato, umiliandolo di fronte a centinaia di studenti.
Conclusioni.
Ovviamente le situazioni cambiano in base al contesto.
Ti troverai in situazioni in cui è impossibile fermare la violenza: chi hai di fronte è uno squilibrato, vuole in assoluto danneggiarti, come è il caso delle baby gang.
In questi casi non puoi fare altro che difenderti e fuggire, per evitare problemi più grandi.
In generale, però, la stragrande maggioranza del bullismo che si presenta a scuola, in famiglia e sul lavoro riguarda questi piccoli giochi di poteri.
I suggerimenti che ti ho dato dovrebbero esserti utili per spostare l’equilibrio dalla tua parte e vincere intelligentemente lo scontro, senza nemmeno farlo iniziare.

Autrice: Carlo Balestriere
Fonte: www.pscicologiaapplicata.com
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mercoledì 14 marzo 2018

Salviamo la tenerezza

SALVIAMO LA TENEREZZA


Siamo una società al capolinea; una società che si sta suicidando? Non vogliamo crederlo: l'uomo è programmato per togliersi d'impaccio. Resta, comunque, il fatto che la barca del mondo naviga in acque agitate come mai. Ha bisogno di sostegno per evitare il naufragio. A offrire tale sostegno mira la nostra proposta.

Salviamo la tenerezza. Un salvataggio prezioso! “Tenerezza” è parola di nove lettere, ma di spessore enorme. Più che parola, è un vocabolario, una miniera: più la scavi e più trovi. Godiamoci, dunque, la nostra parola affascinante e preziosa. 
La tenerezza è un coraggio senza violenza, una forza senza durezza, un amore senza ira. È soprattutto pace: il contrario della guerra, della crudeltà, dell'aggressività, della violenza, dell'insensibilità. È rispetto, protezione, benevolenza. È il rifiuto assoluto di far soffrire qualunque altra creatura. 
Sii gentile con chiunque tu incontri, perché sta combattendo una grande battaglia. E nessuno di solito se ne accorge.


Tenerezza è: 
• salutare per primi 
• accorgersi che la minestra è buona 
• controllare l'acqua nella vasca dei pesci 
• lasciare il cellulare e passare alla stretta di mano 
• ricordarsi dei compleanni 
• chiamare per nome 
• usare parole balsamiche 
• offrire una coperta a chi trema di freddo 
• essere presente, non invadente.

La tenerezza: 
• ascolta senza guardare l'orologio 
• preferisce portare un fiore ai vivi che accendere un cero ai morti 
• ama dire 'noi', più che dire 'io' 
• rifiuta l'arroganza 
• scioglie i grumi del cuore 
• risponde con un sorriso 
• non alza la voce 
• non invita la televisione a tavola: preferisce il contatto visivo al contatto televisivo 
• accarezza la mano del malato, più che subissarlo di parole 
• consola 
• condivide 
• sta 'insieme' e non solo 'accanto' agli altri.

Insomma, la tenerezza non è tenerume, non è melassa: è ricchezza, da proteggere e salvare ad ogni costo! La tenerezza è il lubrificante dei rapporti umani, il condimento della vita. Se salta la tenerezza, trionfa la crudeltà. 
Alcuni anni fa in una casa della periferia di Tokyo è stato trovato un uomo infagottato e rimpicciolito nel pigiama. Era morto da 20 giorni e nessuno si era accorto della sua scomparsa, né i suoi due figli, né i colleghi di lavoro. 
Basterebbero venti milioni di italiani (a cominciare dai lettori!) conquistati dalla tenerezza, per far sì che l'Italia diventi l'anticamera del paradiso.

REGALARE GENTILEZZA 
È una gelida giornata invernale a San Francisco negli Stati Uniti. Una donna su una Honda rossa, con i regali di Natale accatastati sul sedile posteriore, arriva al casello del pedaggio per il ponte sulla baia. 
Pago per me e per le sei auto dietro di me” dice con un sorriso, consegnando sei biglietti per i pendolari. Uno dopo l'altro, i sei automobilisti arrivano, dollari in mano, solo per sentirsi dire: «Una signora là davanti ha già pagato il biglietto per lei. Buona serata!”. 
La donna della Honda (si venne a sapere, poi) aveva letto su un biglietto attaccato con nastro adesivo al frigorifero di un amico: “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”. 
La frase le sembrò rivolta direttamente a lei e se la ricopiò. Anche a suo marito Frank piacque tanto che l'appese alla parete dell'aula ove insegnava. Tra gli alunni vi era la figlia di una giornalista locale. La giornalista la trascrisse nella sua rubrica sul quotidiano. 
Ora la frase si sta diffondendo sugli adesivi, sui muri, in fondo alle lettere e ai biglietti da visita. 
Ecco: “Praticate gentilezza!”. 
La gentilezza può generare gentilezza, tanto quanto la violenza può generare violenza.

UNA STORIA DEGLI INDIANI D'AMERICA 
Durante un anno di grande fame e difficoltà per una tribù, una nonna e il suo nipotino un giorno se ne stanno seduti assieme a parlare. 
La nonna pensosamente dice: «Sento nel mio cuore che due lupi stanno lottando: uno è rabbia, odio e violenza; l'altro è amore, compassione e perdono». 
«Quale vincerà la lotta per il tuo cuore, nonna?», chiede il bambino. 
E la nonna risponde: «Quello che io nutro di più».

Autore: Pino Pellegrino
Fonte:www.biesseonline.org

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mercoledì 28 febbraio 2018

L'importanza dell'abbraccio

L'IMPORTANZA DELL'ABBRACCIO

L'abbraccio è tra le più tenere manifestazioni d'affetto.
Una ragazza era di pessimo umore. Aveva tutte le sue spine fuori, proprio come un porcospino tormentato da un cane. Troppi compiti a casa, troppe interrogazioni, troppo tutto... ecco! La madre le ripeteva la solita predica, con ragionamenti, spiegazioni e raccomandazioni. 
La ragazza si fece ancora più scura. Poi guardò la madre dritta negli occhi e scandì: «Mamma, sono stanca e stufa delle tue prediche. Perché invece non mi prendi tra le tue braccia e mi tieni stretta? Nessun consiglio potrà mai farmi altrettanto bene!». 
La madre rimase a bocca aperta. Gli occhi della figlia imploravano un abbraccio. Con la voce rotta dalla voglia di piangere, disse: «Vuoi... vuoi che ti abbracci? Ma lo sai che anch'io... anch'io voglio che tu mi abbracci?». Accolse la figlia nelle braccia aperte e la strinse a sé, come fosse ancora una bimba. E tutte le tensioni svanirono.
 
«Per favore, abbracciami!» L'abbraccio è una preghiera, una supplica, tanto ci è indispensabile. 
Pochi mesi prima di morire, la scrittrice Natalia Ginzburg (1916-1991) confidava: “Il mio mestiere è quello di scrivere”, ma, subito dopo, abbracciando il piccolo pronipote aggiungeva: “Questa è la vita! Non i libri!”. 
Non c'è dubbio che basta essere uomini per aver bisogno della tenerezza di qualcuno. 
Giacomo Leopardi (1798-1837) in una lettera del novembre 1822 gridava al fratello Carlo: 
Amami, per Dio! Ho bisogno di amore, amore, amore!”. 
Ancora nel luglio 1828 ripeteva vanamente: “Io non ho bisogno di gloria, né di stima, né di altre cose simili, ma ho bisogno di amore!”. 

Bisogno di abbracci 
Oggi i sociologi ci fanno notare che “non è bastato liberare il sesso e rimuovere il concetto di morte per avere un popolo felice” (Sabino Acquaviva 1927-2015). 
Che cosa manca, dunque? 
Manca la tenerezza, manca l'abbraccio. 
Scavando alle pendici dei vulcani, l'archeologo sovente ritrova scheletri abbracciati: uniti dal terrore della lava. Abbracciati è più leggero vivere e fa meno paura morire! 
A proposito di abbracci, in America è stata pensata un'iniziativa forse discutibile, certo originale. Si tratta della “Festa delle coccole” (il 'Cuddle Party'). In un appartamento privato, si è liberi di coccolare, di abbracciare chi si vuole per tre ore e mezza (costo: venti euro). Le regole sono molto chiare: ci si distende sul pavimento, indossando il pigiama. Sono ammessi cuscini e peluche. Il sesso è vietato. Prima di baciarsi è necessario chiedere il permesso. Se qualcuno allunga le mani, appositi buttafuori riportano immediatamente l'ordine. 
Secondo gli ideatori i 'Cuddle Party' sono un modo per guarire dall'alienazione metropolitana. Sono validissimi per ritrovare l'umanità, dopo tanti incontri con sole macchine, con soli oggetti. Perché questo è il punto: l'uomo ha bisogno dell'uomo, del profumo dell'uomo, del contatto dell'uomo. Le cose, da sole, non bastano mai: possono riempire il cuore, ma non soddisfarlo.
 
A costo di ripeterci, riportiamo ancora una volta la testimonianza di un medico. 
La maggioranza degli alcolizzati si sono abbandonati al vizio del bere per superare un turbamento infantile, per cancellare una ferita che si è aperta e non si è più rinchiusa. Si attaccano al collo della bottiglia perché non hanno potuto attaccarsi al collo della mamma”. 
Dunque, perché non riportare, senza se e senza ma, l'abbraccio nell'arte di educare? Siamo convinti che sarebbe la più intelligente e benefica rivoluzione della misericordia intesa per quello che è: non compassione, non commiserazione, ma capacità di sintonizzarsi con i bisogni profondi del cuore umano.

IL SEGRETO 
Da piccolo, Mordecai era una vera peste. Così i suoi genitori lo portarono da un sant'uomo a cui tutti ricorrevano per chiedere consigli nei casi più difficili. 
«Lasciatemelo qui un quarto d'ora» disse il sant'uomo. 
Quando i genitori furono usciti, l'anziano chiuse la porta. 
Mordecai sentì un po' di timore. 
Il sant'uomo si avvicinò al bambino e, in silenzio, lo abbracciò. 
Lo abbracciò in modo intenso. 
Quel giorno, Mordecai imparò come si convertono gli uomini.

A LORO LA PAROLA 
“Il mio papà non mi abbraccia più come una volta. 
Non so se lui pensi che io non ne abbia più bisogno. 
Però i suoi abbracci mi mancano” (Marianna, 15 anni). 
“So che a volte è difficile vivere con me. I miei genitori devono adattarsi ai miei vari stati d'animo..., ma quando mi abbracciano o mi mettono anche solo una mano su un braccio, mi sembra che tutto vada bene” (Lorena, 13 anni).

Autori: P.Pellegrino
Fonte: biesseonline.sdb.org
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Inaugurazione 17/3/2018

mercoledì 21 febbraio 2018

L'educazione danese per crescere bambini felici

L’EDUCAZIONE DANESE PER 
CRESCERE BAMBINI FELICI
 10 semplici consigli per crescere bambini felici e genitori sereni

Bambini felici, tranquilli e ben educati: potrebbe essere questo il segreto del paese più felice al mondo, la Danimarca. Senz'altro un obiettivo a cui tutti i genitori tendono, ma pare che qui il metodo educativo funzioni a meraviglia. Jessica Alexander e Iben Sandahl parlano di un metodo danese per crescere bambini felici e genitori sereni.
È il risultato di 13 anni di esperienze, ricerche, studi e fatti concreti che si ritrovano nella vita di tutti i giorni. È un'eredità che si tramanda. Bambini che sono resilienti, emotivamente sicuri e felici diventano adulti resilienti, sicuri e felici che crescono a loro volta bambini felici: ecco banalmente il segreto della felicità dei danesi, da più di 40 anni dichiarati il popolo più felice della terra dall'Ocse.
Cosa fanno allora di tanto diverso da noi? Partiamo con la resilienza, la capacità di riprendersi, di saper gestire le emozioni e controllare lo stress. "Oggi sappiamo che la resilienza è importante per prevenire l'ansia e la depressione – spiegano le autrici de "Il metodo danese per crescere bambini felici" di Newton Compton Editori-, ed è una cosa che da anni i danesi instillano nei loro figli. E uno dei modi in cui lo fanno è dando una grande importanza al gioco".
I bambini hanno bisogno dei loro spazi. Perché se vengono spinti o trattenuti troppo la loro autostima comincia a vacillare. Così la prossima volta che vedremo i nostri bambini fare la lotta con gli amici e avremo il desiderio di intervenire per proteggerli, tratteniamoci. Quello è il momento in cui impareranno quanto stress sono in grado di tollerare, le strategie di autocontrollo e di negoziazione. Più giocano con gli altri e più diventeranno resilienti e abili nella socializzazione.
Da qui in poi le cose da fare sono molte, almeno dieci.
  1 - Lasciateli esplorare all’aria aperta
Portateli fuori quanto più possibile per giocare in mezzo alla natura – nei boschi, al parco, sulla spiaggia, ovunque. Cercate aree sicure dove non abbiate paura di lasciarli liberi di esplorare l’ambiente circostante. Sono quelli i posti nei quali possono veramente usare la loro immaginazione e divertirsi. Non hanno bisogno di un’attività che sia guidata da un adulto o da giocattoli particolari. Più lasciate che siano loro a controllare il gioco più lo faranno bene.
2         2 - Usare l’arte
Il cervello dei bambini cresce quando creano. Quindi, non mostrate loro come devono fare, tirate semplicemente fuori gli strumenti necessari e lasciateli creare spontaneamente. Gli studi dimostrano che un ambiente ricco di stimoli, associato al gioco, aiuta la crescita della corteccia cerebrale. L’immaginazione è l’ingrediente fondamentale perché il gioco abbia i suoi effetti positivi.
 3 - Fateli giocare da soli
Giocare da soli è estremamente importante per i bambini. Questo è il momento che usano per rielaborare le nuove esperienze, i conflitti, e gli eventi quotidiani della loro vita. Impegnandosi in giochi di fantasia e usando voci diverse, sono in grado di riprodurre quel che succede nel loro mondo, e ciò è immediatamente terapeutico. È anche molto importante per sviluppare la fantasia e l’immaginazione.
4 - Raccontategli di quando eravate piccoli voi
Che vi troviate nello studio di un medico o in una situazione difficile, ma anche in un momento divertente, ai bambini piace sentire le vostre esperienze e come vi sentivate quando eravate piccoli. Soprattutto quando raccontate una cosa vera e sincera. Ciò dà loro una comprensione più profonda di chi siete e permette loro di capire che la situazione che vivono è normale, anche quando sono spaventati, felici o tristi.
5 - Insegnate l’onestà
Parlate ai vostri figli di quanto sia importante l’onestà nella vostra famiglia. Fatene un valore. Fate loro capire che considerate più importante l’onestà che la punizione per un cattivo comportamento. Se vi ponete nei confronti dei vostri figli in modo accusatorio o minaccioso e li punite quando si comportano male, potrebbero col tempo aver paura di dire la verità. Se li fate sentire al sicuro, saranno sinceri. Non giudicate, questo tipo di rapporto se ben incoraggiato sarà importantissimo durante l’adolescenza.
6 - Leggete storie che abbraccino tutte le emozioni
Leggete qualunque tipo di racconto ai vostri bambini. Non vi preoccupate del fatto che non abbiano tutti un lieto fine. Scegliete volontariamente anche storie che trattino temi difficili, e storie che non si concludano con un finale classico. I bambini imparano tanto dalle storie tristi o tragiche, ovviamente adatte alla loro età. Apriranno la strada ad una comunicazione sincera tra voi su vari aspetti della vita. Essere esposti alle cose belle come a quelle brutte promuove l’empatia.
7 - Il metodo della ristrutturazione
I genitori danesi tendono a concentrarsi di più sull’uso di un linguaggio valutativo, che porti i bambini a capire le ragioni che ci sono dietro alle loro emozioni e azioni. Se sono turbati e arrabbiati per esempio, cercano di aiutarli a diventare consapevoli del perché si sentono così invece di dire come dovrebbero o non dovrebbero sentirsi. Meglio aiutarli a concettualizzare le loro emozioni, portarli a trovare un aspetto più costruttivo, al posto di una convinzione denigratoria o limitata. Con la pratica diventerà sempre più facile esaminare un contesto e trovare quei particolari nascosti che ristrutturano una situazione rendendola più costruttiva.
8 - Insegnate l’empatia
Uno dei pilastri del metodo danese per insegnare l’empatia è non giudicare. I danesi cercano di non giudicare in modo troppo severo i figli, i loro amici, i figli degli amici, o i loro famigliari. Essere tolleranti verso se stessi e verso gli altri è importantissimo. Promuovendo in famiglia uno stile più empatico, meno umiliante, in cui ci siano più fragilità e autenticità, alla lunga aiuterete i vostri figli a crescere meno critici verso gli altri e verso di voi.
9 - No agli ultimatum
Il modo in cui decidete di vedere i vostri bambini fa grande differenza nel modo in cui reagite. Se li vedete come disobbedienti e bugiardi, reagirete di conseguenza. Se li vedete come creature innocenti che fanno esattamente ciò che è insegnato loro, è molto più probabile che reagirete prendendovene cura e perdonandoli, addirittura aiutandoli invece che punirli. Si ricorre molto di più facilmente alla pazienza quando si vedono le intenzioni inoffensive e la bontà in un bambino altrimenti considerato irritante. È una ruota che gira. La bontà genera bontà.
1   10 - Fate gioco di squadra
Lo spirito di squadra e di cooperazione si vede in tutti gli aspetti della vita danese, dalla scuola al luogo di lavoro, alla vita famigliare. Intendere la famiglia come una squadra alimenta un profondo senso di appartenenza. Cucinare insieme, pulire insieme, prendersi del tempo per godere della reciproca compagnia: sono questi i modi in cui ogni giorno le famiglie danesi aumentano il senso di benessere.
Autrice: Nicoletta Moncalero
Fonte: Huffington Post
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mercoledì 14 febbraio 2018

Bambini senza infanzia che fanno tutto troppo presto

BAMBINI SENZA INFANZIA

Ai bambini, oggi, succede tutto troppo presto: troppo presto assistono a scene di violenza, a scene erotiche; troppo presto sentono parole che sanno di fogna, troppo presto sono costretti a fare le ore piccole.
Il bambino è accelerato: a tre anni deve leggere, a quattro deve ballare, a cinque deve suonare, sciare, nuotare e smanettare sul tablet.

Il secolo che abbiamo chiuso appena sedici anni fa doveva essere “il secolo del bambino”.
Lo aveva annunciato la pensatrice svedese Ellen Key all'inizio del 1900; in realtà si è rivelato il secolo della “Scomparsa dell'infanzia” come nota Neil Postam nell'omonimo libro e come sottolinea Marie Winn autrice di “Bambini senza infanzia”.

 Con ciò non vogliamo negare che il 1900 sia stato anche il secolo della “Scoperta dell'infanzia” (1950) per usare il titolo di una famosa opera di Maria Montessori.
Neppure vogliamo negare che il 1900 sia stato il secolo dei diritti del fanciullo proclamati nel 1959 nella “Dichiarazione dei diritti dell'infanzia”.
Però la scoperta dell'infanzia fu presto dimenticata, però i diritti del fanciullo vennero presto calpestati.

 Il bambino “accelerato”
Per farla breve, ci pare di non sbagliare a sostenere che mai come oggi si sono consumati tanti misfatti nei confronti dei piccoli.
E così, dopo la “morte di Dio” annunciata dal filosofo tedesco Friederich W. Nietzsche e dopo la “morte dell'uomo” proclamata dal saggista francese Michel Foucauld oggi si può parlare della “morte del bambino”.
Sì, “morte del bambino” perché la nostra è una società adultocentrica: centrata sull'adulto.
Ai bambini, oggi, succede tutto troppo presto: troppo presto assistono a scene di violenza, a scene erotiche; troppo presto sentono parole che sanno di fogna, troppo presto sono costretti a fare le ore piccole. Il bambino è accelerato: a tre anni deve leggere, a quattro deve ballare, a cinque deve suonare, sciare, nuotare.
Uno studioso dei problemi dell'infanzia un giorno ha terminato la sua conferenza dicendo: “Se andiamo avanti di questo passo, i bambini della Scuola dell'Infanzia finiranno con il giocare in Borsa!”. 

Le conseguenze?
Pesantissime, dal punto di vista sia personale sia sociale.
Dal punto di vista personale, la scomparsa dell'infanzia ci regala bambini spenti, senza giochi, senza sogni; bambini stanchi, stressati.
Un piccolo di sette anni alla domanda: “Che cosa farai da grande?” ha risposto: “Da grande mi riposo!”.
Non meno pesanti sono le conseguenze della “morte del bambino” sul piano sociale.
Ormai tutti gli studiosi sono concordi nel dire che un'infanzia riuscita è il miglior modo di partire per la vita.
Un bambino tutto bambino oggi, sarà tutto uomo domani; un bambino fallito sarà un uomo mal riuscito!
Già il noto padre della psicanalisi lo aveva intuito benissimo: “Il bambino è il padre dell'uomo”.
Un indovinato proverbio persiano recita: “Se hai piantato un cardo non aspettarti che nasca un gelsomino”. Sulla stessa linea è la psicanalista svizzera Alice Miller: “Tutto ciò che capita al bambino nei suoi primi anni di vita si ripercuote inevitabilmente nella società: psicosi, droga, depressione e criminalità sono l'espressione cifrata delle primissime esperienze”.
Riassumiamo: investire sul bambino è creare civiltà

Ripuliamo le nostre idee sull'infanzia, a partire da quella che riteniamo la più importante: essere un bambino non è un difetto, non è un peccato, non è un gioco per i grandi.
Essere bambino è un'occasione unica che non si ripeterà mai più per tutta la vita.
L'infanzia è la parte buona dell'esistenza umana. Guai a sprecarla, guai a sporcarla! Sporcare l'infanzia è sporcare la sorgente. I bambini sono pezzi di paradiso da salvare ad ogni costo!

È SOLO UN BAMBINO...
Un giorno il grande pittore Marc Chagall accompagnò il nipotino in libreria per comprargli un libro sugli animali.
L'anziano pittore voleva acquistare una lussuosa edizione di alcune tavole di Albert Dürer.
Non ne vale la pena”, intervenne la madre, “le sciuperebbe subito!”, e acquistò un album di disegno da colorare.
Arrivati a casa, Chagall invitò il nipotino a pranzo.
Al momento della frutta, scelse la mela più piccola e più brutta e la mise sotto il naso del nipotino.
La madre si mostrò contrariata.
È solo un bambino!”, commentò ironicamente Chagall.

AMATE I BAMBINI!
“Fratelli, amate tutta la creazione divina, nel suo insieme e in ogni grano di sabbia.
Amate ogni fogliuzza,
ogni raggio di sole.
Amate le piante,
amate ogni cosa.
Amate le bestie, ma specialmente
amate i bambini
perché essi vivono per purificare
e commuovere i nostri cuori”
(Feodor Dostoevskij).

Autore: P. Pellegrino
Fonte: biesseonline.sdb.org
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mercoledì 7 febbraio 2018

Un bambino creativo è un bambino felice

UN BAMBINO CREATIVO E’ UN BAMBINO FELICE

Creativi non si nasce, si diventa. La creatività è sicuramente un dono, sviluppato in maniera differente in ciascuno di noi. E’ tuttavia possibile stimolarla, sin da piccoli, incoraggiando i bambini a esprimere la propria personalità e lasciandoli liberi nell’utilizzo delle forme espressive.

L’importante è non dare giudizi di merito sulla qualità del lavoro svolto: non conta sapere che il proprio bambino è un Caravaggio in erba, l’importante è che trovi un modo appassionante per raccontarsi e conoscersi.

La psicoterapeuta francese Michèle Freud, sulla rivista “Parents” ha dato qualche tempo fa alcuni consigli su come aiutare i bambini a sviluppare il loro potenziale creativo. Ve li proponiamo di seguito, come spunto di riflessione per il week end.

SPUNT-ESERCIZIO: 10 IDEE PER STIMOLARE LA CREATIVITÀ

·         Dategli libertà totale
Lasciate che il bambino possa sperimentare tutte le forme espressive a sua disposizione: colori, scrittura, disegno, danza, sport, giardinaggio, poesia, teatro, pasta di sale, costruzioni …

·         Incoraggiate le predisposizioni di ogni bimbo
La creatività è legata allo spirito di iniziativa ed il bambino deve avere un ruolo attivo. Cerchiamo di non cadere nella trappola di far vivere a qualcun altro i nostri sogni.

·         Non giudicate le creazioni
Creare non significa riprodurre l’esistente. Non conta la bella immagine, ma l’immagine che ciascuno sente.

·         Incoraggiate la sensibilità emozionale
Ogni genitore ha il compito di insegnare al bambino a superare le proprie paure e vivere a pieno le emozioni. Facciamoci aiutare dalla narrazione a verbalizzare i sentimenti.

·         Aiutate lo svilippo sensoriale
Lo sviluppo sensoriale è una tappa fondamentale della crescita e dello creatività. I bambini beneficiano di esperienze varie e legate ai sensi. Sperimentate tutto ciò che è possibile: odori, colori, sapori … tutto fa esperienza.

·         Lasciate libero corso alla sua inventiva
Spesso i bambini vengono intrattenuti con oggetti studiati appositamente per loro. In realtà la conoscenza ha bisogno di spaziare ed essere creativi significa anche poter utilizzare un gioco in un modo per il quale non è stato progettato.

·         Consentitegli di essere originale
La creatività è la possibilità di sviluppare una personalità originale. Non stupitevi se ogni tanto il vostro bambino vi chiederà di mettere gli stivali di gomma d’estate o qualche cappello strano. Sta soltanto facendo esperimenti creativi, senza nemmeno saperlo!

·         Rispettate il suo pensiero divergente
      Nei primi anni di vita, realtà e finzione si mescolano. Noi adulti abbiamo perso questa dimensione fantastica, focalizzandoci sul pensiero unico, stereotipato. Pensiamo sempre a quando un bambino ci chiede cos’ha detto il suo peluche preferito. Per lui è davvero importante la nostra risposta, proiettata nel mondo dell’immaginazione.

·         Vivete nella natura e trascorrete tempo all’aperto
Basta una piantina da coltivare, una passeggiata al parco, qualche domanda: come vivono gli insetti nei prati? Cosa fanno gli animali nel bosco? La natura è creativa di per sé …

·         Stimolate la sua immaginazione
La narrazione, il racconto, sono importanti momenti di crescita e uno stimolo per la creatività. Chiedete al vostro bambino di raccontarvi lui una storia. O cercate insieme un altro finale per una favola nota.

Fonte: portalebambini.it

Paidos Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

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