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mercoledì 13 novembre 2024

Genitori come giardinieri

 GENITORI COME GIARDINIEIRI

Dedicarsi al giardinaggio significa apprendere l'arte di coltivare la vita. Non solo quella delle piante, ma anche e soprattutto quella della nostra famiglia e dei nostri figli, che può sbocciare come un fiore nutrito dalle cure amorevoli e dal grande fertilizzante della consapevolezza e della riflessione.

Dedicarsi al giardinaggio Concretamente significa:


Avere un progetto. Non c'è niente di meglio che contribuire allo sbocciare della vita. “Donare la vita” è qualcosa che riempie la vita di soddisfazione e felicità. Una pianta non è né buona né cattiva: vuole appassionatamente e soprattutto vivere! Ma senza un progetto preciso nulla succede. Nell'esistenza, come nel giardinaggio, abbiamo bisogno di sapere quale direzione vogliamo seguire. In pratica, per essere felici bisogna innanzitutto volerlo e questo deve diventare un obiettivo prioritario e consapevole. Solo quando stabiliamo gli obiettivi e diciamo di sì a ciò che il loro perseguimento comporta ci accorgiamo che le nostre esistenze si trasformano. Una volta stabiliti gli obiettivi, fatene una lista mettendoli nero su bianco e riuscirete a portarli a termine positivamente.


Prendere decisioni. Far crescere qualcosa di vivo, significa prendersi una gran bella responsabilità. Un essere vivente ha enormi capacità di sviluppo. Ogni organismo vivente è unico e cresce secondo dinamiche personali. Il rispetto dell’altro è essenziale. Per progredire bisogna imparare a concentrarsi sulla situazione, e poi non esitare, ma agire. Una pianta è un “oggetto” in corso d’opera per sempre, sia pure con fasi diverse. Abbandonata a se stessa, muore.


Preparare il terreno. Bisogna offrirgli uno spazio dove può essere se stesso. Per ogni pianta occorre il posto giusto: la famiglia è il luogo dei sentimenti, il posto dove si sta bene insieme, “la nostra casa”. Per crescere, un figlio ha bisogno di sentire che i suoi genitori lo hanno voluto, lo amano così com’è, l’accettano con le sue qualità e i suoi difetti, che sono presenti, che l’accompagnano, che lo rispettano e che lo “inquadrano”. Un bambino che ha un padre incapace di spedirlo a dormire la sera non pensa che suo padre possa proteggerlo. È impossibile. «Se mio padre non è neppure capace di farsi obbedire da me, che ho cinque anni, come potrà difendermi dai ladri di cui ho tanta paura di notte?». Una pianta cresce bene se è “disciplinata”, sostenuta, puntellata, diretta. Un bambino ha bisogno di essere “recintato”, rassicurato, protetto e puntellato. Qualche volta “potato”: chi non impara a sopportare i piccoli “no” e le modeste frustrazioni familiari non sarà mai in grado di sopportare quelle serie della vita. E appassirà.


Provvedere l'acqua. Il terreno può essere fertile, ma se non viene innaffia­to nulla può crescere e prosperare. La comunicazione è per gli esseri umani ciò che l'acqua è per i vegetali. Alcuni genitori sot­tovalutano l'importanza della comunicazione e non vi prestano una attenzione sufficiente. Comunicare con i figli significa in primo luogo ascoltarli: sforzarsi cioè di capire che cosa intendo­no dire realmente senza interpretare le loro parole a proprio van­taggio, secondo i nostri schemi e pregiudizi o per dimostrare di avere ragione.


Preoccuparsi della luce. Per poter crescere in tutta la loro forza e bellezza le piante hanno bisogno di luce. Ogni pianta va alla ricerca di una fonte luminosa e se questa è insufficiente, la pianta cresce sclerotica. La luce che serve alla mente e al cuore degli esseri umani è un insieme di cultura, apprendimenti, senso morale, arte, virtù, sensibilità, intelligenza, sentimenti. E senso religioso. Certo, si può vivere anche con poca luce, ma in questo caso la "pianta" avrà uno sviluppo stentato, al di sotto delle sue potenzialità.


Lavorare con entusiasmo. L’arte del giardinaggio è gioia pura e l’entusiasmo è il nutrimento della gioia perché porta l'energia che fa stare bene. La vera felicità non è vincere, ma agire, progredire. «Bisogna stare attenti, tuttavia, a non limitarci al generare; educare è altrettanto bello: un processo in cui si apprende molto, in cui si sperimentano nuove dimensioni della propria umanità. Si cresce l’altro crescendo se stessi» scrive Vittorino Andreoli. Ogni giardiniere è fiero delle sue piante. «Sono stato veramente contento ieri sera: per la prima volta sono uscito con mio padre. Mi ha presentato agli amici ed ha detto di me che ero un bravo figliolo» (Andrea, anni 17).


Liberarsi dalle erbacce. Terreno, acqua e luce sono elementi essenziali ma non sufficienti. Il bravo giardiniere sa di dover difendere le piantine tenere dalle erbacce che rischiano di soffocarle. I bravi genitori cercano di proteggere i figli dalle cattive influenze. La crescita è un processo graduale. L'autonomia si acquisisce passo dopo passo. Il che non significa però che si debba esse­re iperprotettivi. Come succede nei giardini, una volta eliminate le erbacce si rimane stupiti da come tutto il resto venga di conseguenza: la bellezza è lì, pronta a espandersi in un attimo!


Esercitare la pazienza. Il giardinaggio insegna a rispettare le tabelle di marcia, a trasformare un'idea in un progetto con obiettivi chiari, ad analizzare il terreno per capirne le caratteristiche, a utilizzare gli attrezzi giusti, a nutrire con cura le piante e ad aspettare con calma il momento della fioritura. Se rispettiamo questa tabella di marcia anche negli altri ambiti della vita vedremo finalmente sbocciare. Non posso obbligare il mio giardino a crescere più velocemente. Allo stesso modo, anche l'evoluzione di ogni persona ha i suoi tempi. Da rispettare. E monitoriamo la nostra energia per comprendere che cosa ci fa passare dallo svegliarci ogni mattina con il sorriso al desiderare che la settimana sia finita già al martedì.

 

Fonte: www.biesseonline.org

 

 

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mercoledì 6 novembre 2024

Questa casa è diventata parte di me

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

QUESTA CASA E’ DIVENTATA PARTE DI ME

Vorrei riuscire a spiegare cosa significhi lavorare in un contesto come il nostro. 

Spesso scrivo dei post perché vorrei si capisse cosa vi è effettivamente dietro i termini: "Educatore" , "Comunità", ‘’Casa Famiglia’’, non in quanto dotta ma in quanto spettatrice di giornate che mi insegnano a riflettere e a...mutare forma.

Scrivo perché così posso trasformare i miei ricordi in racconti sulle storie di una casa speciale; di una famiglia speciale.

Scrivo perché un domani voglio rileggere le mie giornate e ricordare.

Scrivo perché, rileggendomi, in un tempo lontano, il naso mi si riempirà del profumo dei biscotti che inondò la casa per giorni e giorni; scrivo perché un domani potrei avere il bisogno di sentir riecheggiare nella mia mente le risate della mia collega mentre intrecciava sapiente e dolcemente le sue brioches e mentre raccontava dei giorni passati. Scrivo perché così potrò ricordare il rumore dei pennarelli che coloravano e adornavano i bigliettini sovrastato dal chiacchiericcio di cinque pasticcioni che prendevano in giro le loro educatrici imitandole, facendo ridere tutti in cucina.

..Scrivo nella speranza di ricordare il calore di una casa viva giorno e notte perché così al mattino svegliarsi è più bello se la tavola è piena di cose buone da mangiare.

Scrivo perché così ricordo il movimento delle manine lente sulla frolla, o del cucchiaino colmo di composta di mele che non appena sfiorò la bocca della più piccina fra tutte le smosse le labbra facendola sorridere. Certe volte scrivo perché così ricorderò un domani, l'ufficio acceso fino a sera tardi per pensare e progettare nuove attività e nuove idee.

Scrivo perché così ricordo il sole della domenica mattina, ricordo gli scalini della chiesa smossi dai passetti di ragazzi che spostano tavoli e dolci mentre corrono e si rincorrono giocando.

Spesso scrivo perché non voglio MAI dimenticare il perché rispetto così tanto questo lavoro.

Spesso scrivo perché alle volte i pensieri sono pesanti, alle volte le vite di questi ragazzi che incrociano la mia e le nostre lasciano profondi segni sulla loro e sulla nostra pelle e ho bisogno di ricordare giorni piacevoli.

Scrivo perché le luci, i suoni, i profumi di questa casa nel tempo stanno scuotendo le fondamenta stesse del mio essere.

Scrivo perché al cospetto dei ragazzi che di giorno in giorno rendono migliori i loro educatori, bisogna imparare a rileggersi per capire quanto questo mestiere renda consapevoli dell'importanza del punto di vista di un bambino e di un ragazzo.

Scrivo perché così vedo "Chiaranetta" (questo è il nome che le bambine mi hanno donato in questi anni) prendere forma ed essere grata al cospetto di tanta dolce... Bellezza.

Scrivo perché questa "Casanetta" è diventata parte di me così come questi ragazzi e questi pochi educatori che credono ancora nel potere di una comunità che si prende cura dell'oggi e del domani, a partire dai propri bambini e ragazzi.

Dice Marco: "Dalla parte dei bambini."

Aggiungo io: "Perché rendono migliori gli adulti."

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 30 ottobre 2024

La notte ha qualcosa di speciale

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LA NOTTE HA QUALCOSA DI SPECIALE

Ai bambini della Casa piace addormentarsi sapendo che qualcosa viene preparato per loro. Gli piace sbirciare la ciotola per vedere come procede la lievitazione prima di andare a dormire. Gli piace quando si risvegliano e la casa profuma di "casa".   

La notte ha un qualcosa di speciale…In tutti questi anni però ancora non so dire esattamente cosa sia.

Quando il turno inizia a sera, di solito vi è una fame da lupi e allora bisogna darsi una mossa per preparare una cena sostanziosa. All'improvviso prendono vita frittate di pasta, panzerotti e focacce, pizze rustiche, brodini e pastine, crepes e polpette nonché contorni di ogni colore e sapore.

Spesso ci scappa lo spaghetto al volo e magari lo si arricchisce con la mozzarella ed il parmigiano e lo si ripassa in forno così che la crosticina profumata richiami a tavola velocemente palato e olfatto di questi lupi affamati.

La tavola della sera si colora di quei racconti che non hanno a che fare con la scuola o con gli impegni di ogni giorni; no, a sera si raccontano episodi divertenti e ricordi e programmi per le vacanze o per Halloween.

La tavola della sera spesso crea un contesto caldo e sereno perché i commensali indossano pigiamini poco seri e pantofole buffe; specie poi quando fuori il tempo è uggioso ed è ancora più piacevole quella voglia di comode e rassicuranti coccole culinarie. Una delle cose che principalmente preoccupa le nostre ospiti per la cena è la merenda dell'indomani; ah quella è l'unica parte seria della nostra cena.

È da qualche tempo che abbiamo coltivato la passione per la lievitazione; sarà per quel bel profumo di farina e di olio che pervade la cucina, sarà per la curiosità di toccare l'impasto morbidoso o forse sarà per l'idea di sbirciare di tanto in tanto per vedere se questo viene su bene... O Magari sarà un po' per tutto.

Fatto sta che ci piace quando si addormentano sapendo che qualcosa viene preparato per loro e per la loro insaziabile fame. Ci piace l'idea che prima di andare a dormire qualcuno sbirci la ciotola per vedere come e se procede la lievitazione.

Ci piace quando si risvegliano e la casa profuma di "casa".

Ci piace quando cercano l'oggetto del proprio lavoro tanto atteso nei loro portamerende e ci piace quando sorridono mentre, rassicurate dalla sua presenza, lo scrutano.

Il potere delle cose buone è racchiuso in questo semplice concetto:

"Qualcosa di buono fa sorridere per pochi secondi e rende invitante l'ora della merenda, della colazione o di quel che sia. Il potere delle cose buone è racchiuso nell'idea che ci vuole un po' di pazienza, una buona capacità di unire le proprietà degli ingredienti; la creatività di personalizzarli di nuove sfumature di sapore e di profumi... Il resto lo fa l'impasto e nulla e nessuno più; se esso avrà la possibilità, l'impegno e la voglia di crescere nonché la gioia di vedere chi lo attende con tanta trepidazione lo farà a dismisura diventando ciò che per sua natura è: qualcosa di unico ed irripetibile."

Questo è un po' quello che fanno i ragazzi; mescolano e scoprono i propri ingredienti, Lievitano nella speranza delle cose belle di questo mondo.

I panini sono pronti...

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

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mercoledì 23 ottobre 2024

Le nuove occasioni

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LE NUOVE OCCASIONI

Dietro l'apparente rabbia di un'adolescente o di un bambino, c'è spesso un'infinita paura di sbagliare e di non essere all'altezza delle cose. Dobbiamo imparare a capire cosa c'è dietro una espressione, un'emozione o dietro la apparente voglia di mollare. E' importante per un ragazzo avere qualcuno che creda nel possibile e che non si arrabbi per le loro rabbie o tristezze. 

La vedo arrivare da lontano, visibilmente contrariata; la sto aspettando per correre assieme a prendere le bambine a scuola. 

Lei ha finito prima le sue lezioni e malvolentieri avanza a passi pesanti verso di me, le gambe si muovono dando la parvenza di un cingolato della grande guerra in preparazione per la posizione di attacco.

Stamattina alle 8:00 la ho accompagnata al suo corso di formazione; oggi per lei era il primo giorno. Era allegra, emozionata ed incredibilmente divertita da ogni cosa.

Sorrideva e muoveva lenta la mano fuori dal finestrino accarezzando il vento; scriveva messaggi all'amica e visibilmente entusiasta scendeva dalla macchina per correre al cancello, mi salutava allegra mentre io mi volgevo sulla via del ritorno.

Adesso quel volto è totalmente differente; le sue espressioni sono severe e contrariate; i suoi gesti sono netti e impostati.

La faccia è imbronciata e indispettita persino dal mio "Ciao".

<<Mi hanno detto che devo andare anche il pomeriggio! Quindi ora MI devo organizzare! Non posso PIÙ andare a pallavolo! te lo dico da mo!>>

...

Abbastanza perplessa le chiedo la cosa più stupida che potessi chiederle: <<Allora com'è andata??!>>

Due occhi di fuoco mi fulminano.

<< È andata BENE! Ma mi devo dare da fare sennò NON ce la faccio e devo mollare pallavolo perché non posso fare anche quello. Io POI NON CI RIESCO. E poi Ve lo dico da mo! non insistete perché ho già DECISO>>.

Sempre in balia dalla mia crescente stupidità le chiedo se le piace la sua classe.

Normalmente è già una ragazza alta, ma dopo la mia domanda mi sembra quasi che lo sia diventata ancora di più: mi sovrasta dall'alto della sua incredula rabbia guardandomi torva.

<<Te l'ho DETTO! Siamo 15. Ma tu non ascolti!!!>>

(Non ha detto ASSOLUTAMENTE NULLA sulla sua giornata, io però intanto ho iniziato a presumere di perdere memoria a breve termine.)

Rischiando per la mia incolumità, le dico di non preoccuparsi della pallavolo e che quando avrebbe avuto informazioni sull'organizzazione pomeridiana ci saremmo preoccupati del da farsi. A quella mia semplificazione della gravità della sua situazione vedo il suo sguardo contorcersi, le sue braccia si muovono veloci e gesticolando inizia a gridare: <<So IO cosa fare! Non me lo dovete dire voi! Lo so io e so che non avrò tempo perché sennò poi MI VIENE DA MOLLARE perché non ce la faccio a gestire tutto!>>

Premessa: lei adora la pallavolo.

Intanto che rifletto sulle mie capacità mentali lei continua a sbraitare contro la mia adulta incapacità di comprenderla. Così, per tutto il tragitto continua a fare monologhi sulla completa incompetenza degli adulti nel comprendere la gravità delle cose.

Sedute a tavola per il pranzo cambia totalmente atteggiamento; da circa 3 minuti è silenziosa e in attesa. I suoi occhioni mi guardano di tanto in tanto, muovendosi dal piatto e arrivando fino a me; credo stia riflettendo sul quanto potrei avercela con lei per quello che è successo prima.

( Nella mia testa rifletto su una frase lungimirante che la collega ha scritto poco fa: "E' spaventata dalle cose nuove ed è per questo che va nel panico; non è rabbia la sua: è paura.")

Rifletto più e più volte prima di parlare.

<<Sai, siamo tutti spaventati dalle cose nuove; fanno paura proprio perché sono ignote e sconosciute. Per affrontare le paure dobbiamo dar loro un nome o spesso dobbiamo buttarci nella mischia a capofitto per capire se sappiamo mantenerci a galla. Non toglierti cose che ti piacciono semplicemente perché PENSI di non farcela. Non ti dico MINIMAMENTE di NON avere ansia, ti dico al contrario di sfruttarla per dirti che ce la puoi fare, che puoi imparare a programmare, che puoi immaginare cose che potresti raggiungere invece che cose in cui potresti fallire... O ancora scenari in cui potresti sbagliare e a cui potresti rimediare. La paura di fallire può servire a cercare rimedi e strategie e nel caso rende i piccoli successi inaspettati e straordinari.>>

Le sue guance si colorano leggermente, riprendendo vita.

Dopo qualche istante di (spettacolare) silenzio inizia a parlare e a parlare del suo corso, delle materie, delle cose che si fanno in classe, delle sue compagne. Parla, parla e parla... Parla così tanto al punto che fa infuriare la bambina che voleva raccontare tutta eccitata del suo "Brava" in italiano e che per questo motivo si imbroncia. Le due iniziano a battibeccare per avere l'egemonia del discorso. Ovviamente la grande tenta di avere la meglio data l'IMPORTANZA del SUO racconto; conclude pertanto la sua arringa finale, alzandosi dalla sedia a torreggiando sulle nostre teste esordisce dicendo:

<<TANTO LO SAI CHE CHIARA È CONTENTA DEL VOTO! Ti dirà che si parte dal 6 per arrivare chissà dove! E POI NON È CHE PUOI PARLARE "SEMPRE" TU!>>

Considerando che lei sta parlando da circa un'ora interrottamente, e che fra alti e bassi ha monopolizzato anzi INVASO qualsiasi tentativo di discorso; dopo le sue parole ci guardiamo tutte negli occhi per pochi istanti prima di scoppiare a ridere a crepapelle.

Persino lei cede finalmente e si mette a ridere risiedendosi a tavola.

Quel momento è durato pochi istanti ma credo sia stato meraviglioso.

Certe volte mi dico che dietro la apparente rabbia di un'adolescente o di un bambino, c'è una infinita paura di sbagliare e di non essere all'altezza delle cose. Certe volte dobbiamo imparare a capire cosa c'è dietro una espressione, un'emozione o dietro la apparente voglia di mollare.

Certe volte mi dico che questi episodi rendono l'idea di quanto sia importante avere qualcuno, a questa età, che creda nel possibile e che non si arrabbi per le loro rabbie o tristezze.

Un ragazzo forse a questa età ha bisogno di chi veda nella tempesta le possibilità di un'avventura alla ricerca di giorni di sole.

Questo non vale solo per i ragazzi delle comunità...

Abbiamo, pensando agli adolescenti e ai bambini, fra le mani il nostro futuro fragilissimo che un domani dovrà imparare ad affrontare le difficoltà che NOI adulti stiamo lasciando loro in eredità. Abbiamo fra le mani una parte fragile ed in evoluzione del nostro mondo che dovrebbe crescere imparando a credere nelle proprie e nelle altrui capacità, che non sia stato avvolto e protetto dai dorati fili dell'onnipotenza, cullati dall'idea comoda dell'abbandono delle idee o nutriti dai golosi incentivi al lassismo.

Abbiamo, in quanto adulti, il peso di dare ai ragazzi gli strumenti più validi per le loro scalate, per le loro navigazioni, per i loro voli verso il futuro. Il viaggio spetta a loro e a loro soltanto ma certe volte mi dico che il sapere che alle spalle che c'è sempre il porto sicuro a cui fare ritorno o la voce che sussurra di non arrendersi o di ricalcolare il percorso beh allora quel viaggio fa un po' meno paura. Le tempeste sono pericolose si... Ma nella vita arrivano per tutti, sotto forma di una fine di una relazione, di un nuovo lavoro, di una perdita, di un insuccesso...

Educare un ragazzo ad affrontare e conoscere le proprie paure significa educarlo alla vita che è in perenne fase ciclica di sole e pioggia. Imparo a affrontare piccole cose che mi insegneranno ad affrontare pian piano quelle più grandi...

Nella mente mentre sparecchiamola tavola penso alla canzone di Jovanotti.

<<Ah beh sì beh vacci a credere te

Che è tutto sempre relativo come piace a me

Non sono qui per il gusto, per la ricompensa

Ma per tuffarmi da uno scoglio dentro all'esistenza

Non ho radici, ma piedi per camminare

Oh vita... Oh vita...

Nel tempo della paura, aspetto la fioritura.

Come posso io? Non celebrarti... Oh vita, oh vita.>>

Iniziamo i compiti va... Che il pomeriggio è lungo ancora.

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mercoledì 16 ottobre 2024

Ci sono cose da dire ai nostri figli

 CI SONO COSE DA DIRE AI NOSTRI FIGLI


Ci sono cose da dire ai nostri figli. 

Come ad esempio che il fallimento é una grande possibilità. Si ricade e ci si rialza. Da questo s’impara. Non da altro.

Dovremmo dire ai figli maschi che se piangono, non sono femminucce. Alle femmine che possono giocare alla lotta o fare le boccacce senza essere dei maschiacci.

AI nostri figli maschi dovremmo dire che non sono Principi Azzurri e non devono salvare nessuno. Alle femmine che nessuno le salva se non loro stesse. 

Dovremmo dire che la noia è tempo buono per sé. Dovremmo dire che si può morire, ma che esiste la magia.

Ai nostri figli dovremmo dire che ci sono giorni sì, e giorni no. E hanno tutti lo stesso valore. Che bisogna saper stare, e basta. E Che il dolore si supera. 

Ai nostri figli dovremmo dire che c’è tempo fino a quando non finisce, e ce ne accorgiamo sempre troppo tardi.

Dovremmo dire che non ci sono né vinti né sconfitti, e la vita non è una lotta.

Dovremmo dire che la cattiveria esiste ed è dentro ognuno di noi. Dobbiamo conoscerla per gestirla.

Dovremmo dire ai figli che non sempre un padre e una madre sono un porto sicuro. Alcuni fari non riescono a fare luce.

Dovremmo dire ai nostri figli che possono non avere successo e vivere felici lo stesso. Anzi, forse, lo saranno di più.

Che possono stare male, ma che la sofferenza ci spinge in avanti e che poi passa anche quella.

Bisogna dir loro che se nella vita non si sposeranno o non faranno figli, possono essere felici lo stesso.

Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico.

Che possono essere quello che vogliono. Ma non a tutti i costi.

Che esiste il perdono. E si può cedere ogni tanto, per procedere insieme. 

Che senza gli altri non siamo niente. Proprio niente.

Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare.

Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano. Dove non li vediamo più.

E che noi saremo qui. 

Quando vogliono tornare.

 

Autrice: Cinzia Pennati

Fonte: 'Ai figli ci sono cose da dire' edito da Mondadori

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mercoledì 9 ottobre 2024

Ti fa paura il futuro?

TI FA PAURA IL FUTURO?

‘Ho paura del mio futuro’…’e se non dovessi farcela da sola?’ . Queste sono le domande che attanagliano una ragazza che si appresta a tornare in famiglia. Ma ancora una volta, una canzone ci viene in soccorso.

 


Il film racconta attraverso lo schermo la sua storia, i piatti che si scontrano con le forchette producono un leggero tintinnio. L'aria umida e fresca entra dalla finestra; in generale è tutto tranquillo...forse troppo tranquillo per i ritmi solitamente rumorosi di questa casa.

La piccola racconta la sua giornata muovendo le manine ed imitando i gesti di tutto ciò che ha fatto all'estate ragazzi, dei suoi giochi, e del suo pomeriggio di pioggia. Una delle grandi si affanna velocemente per mangiare perché deve uscire ed il suo volto parzialmente truccato mi induce a pensare che la povera amica che aspetta che sia pronta attenderà ancora per un bel pezzo.

Tutto è sereno.

Uno sguardo colpisce la mia attenzione; è fisso sul piatto. La forchetta spinge avanti ed indietro un chicco di riso...mi chiedo se lei si aspetti di vedere se muovendolo in quel modo possa prendere vita. Le sue labbra sono immobili ma di tanto in tanto vibrano, come se cercassero di nascondere il tremolio tipico di chi sembra essere sull'orlo di un gran pianto. Di tanto in tanto le sue pupille puntano nella mia direzione per poi tornare pesanti a fissare il piatto. Il plumcake al cioccolato appena sfornato e bollente emana tutto il suo calore spargendo vapore vicino alla finestra; lei ne annusa il profumo. Le faccio silenziosamente segno di avvicinarsi a me; lei lentamente sposta la sedia, si alza da tavola e non appena mi si avvicina allunga le mani attorno al mio collo in un gesto istintivo. Si appoggia debolmente alla mia spalla e dopo pochi instanti percepisco tutto il suo peso gravare sulle mie cosce.

Il suo fiato è interrotto da alcuni singhiozzi.

La mia mano accarezza dolcemente i suoi capelli e ad ogni tocco la sento stringere sempre più forte le mani attorno alle mie braccia.

Dopo alcuni minuti di quell'abbraccio preparo una tazza di latte con lo zucchero e le taglio, ponendogliela innanzi, una fetta di dolce ancora caldo; so bene che il cioccolato sa fare miracoli alle volte. Lei senza dire una parola lo beve tutto e divora il suo plumcake sorridendomi debolmente. Lentamente si avvia in camera e si stende sul letto. Tempo fa acquistai una lampada proiettore che distribuisce stelle e galassie sulle pareti della camera; la sera quella luce proietta immagini di mondi lontani che spero impari a conoscere con la fantasia e l'immaginazione e ci si perda viaggiandoci oltre ed oltre. La accendo e lei segue con lo sguardo la nebulosa salire e dissolversi oltre l'armadio; ho imparato a riconoscere i suoi sguardi così come ho imparato a capire che sta crescendo in una velocità sorprendente.

<<Ti fa paura il futuro Chiara?>>

...

<<Beh si...>> Le rispondo.

<<Anche a me...>>

Cerco la sua vita sottile per darle un pizzicotto e finalmente la vedo ridere...

<<Hai visto? Siamo in due ad avere paura così non siamo più sole ad averne>>

Lei continua a sorridere per un altro po' e poi torna seria.

<<Ti ricordi la canzone che mi hai fatto sentire? Quella che fa: "A modo tuo"... Significa che dovrò fare tutto io? Da sola? E se poi non ci riesco?>>

<<Si...e no>> rispondo...mentre vedo l'ansia crescere e riempire il suo sguardo.

<<Significa che imparerai a fare da sola, a scoprire, a camminare, a cadere, a crescere ma saprai che ci sarà sempre qualcuno al tuo fianco che sa che stai crescendo e farà il tifo per te.>>

Si porta il lenzuolino vicino alla bocca nascondendo quasi del tutto il suo volto e con voce soffocata pronuncia una frase a bassissima voce.

<<Ti puoi dimenticare di me?>>

...

<<No>>

Le sue sopracciglia si rilassano nel sentire la mia risposta ma non si distendono del tutto.

<<Perché?>> Chiede.

...

<<Perché quando hai voluto bene a qualcuno non puoi mai dimenticarlo>>.

Le sue mani estraggono dalle lenzuola una lettera.

<<Questa è per te; però leggila quando le altre sono andate a dormire>>.

Glielo prometto e le dedico qualche altra carezza mentre osservo i suoi occhi chiudersi lentamente.

Mi alzo e spengo la luce cercando di non fare rumore... Sono quasi sull'uscio della porta della cameretta quando una vicina flebile sospira ed emette un leggero suono.

<<Ti voglio bene Chiara>>

Un calore mi avvolge il petto.

<<Ti voglio bene anche io>> rispondo silenziosamente.

Alle volte non servono le parole, serve solo una camera piena di stelle.

Nella mia mente risuona la voce di Elisa mentre canta: "A modo tuo"... Mentre ripenso alle parole: "e nel bel mezzo del tuo girotondo non poterti proteggere ... sarà difficile ma sarà come dev'essere" mi viene in mente un'altra canzone:

<<Chissà... Chissà domani... Su che cosa metteremo le mani...

chissà come sarà lui domani

su quali strade camminerà

cosa avrà nelle sue mani.. le sue mani

si muoverà e potrà volare

nuoterà su una stella...aspettiamo che ritorni la luce

di sentire una voce...>>.

La prossima volta le farò ascoltare anche questa.

Mi affaccio al balcone pensierosa.

Le nuvole si stanno dissolvendo lasciando alle stelle la possibilità di esprimere il proprio bagliore.

"E Quindi uscimmo a riveder le stelle"

Penso che le stelle che appaiono dopo un cielo che minaccia tempesta o dopo un momento oscuro sono sempre le più belle. Proprio come il domani che certe volte si nasconde, come le stelle, oltre il cielo cupo delle paure...e forse è proprio quell'oscurità che ci aiuta a vederlo meglio.

🎶...Aspettiamo senza avere paura...domani...🎶

Fischietto e penso all'ennesimo turno di notte che mi cambierà per sempre.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 2 ottobre 2024

Un bambino sereno è un bambino felice

 UN BAMBINO SERENO 

E’ UN BAMBINO FELICE

Vivere e ridere vanno di pari passo. Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

La serenità crea uno stato emotivo che permette di vivere leggeri, sani, solari. La serenità ci migliora sempre, mentre la tristezza ci peggiora sempre.

Sono parole pesate quelle che diciamo; così pesate che Franco Frabboni psicopedagogista dell'Università di Bologna ci avverte: “Se un bambino non ride, bisogna preoccuparsi e se, nonostante tutti gli sforzi non riusciamo a farlo ridere, è bene rivolgersi ad uno specialista”.

A conti fatti, si potrebbe dire che chi non ride, ha sbagliato a nascere. Si potrebbe dire che vivere e ridere vanno di pari passo. Uno dei più originali e acuti pensatori del secolo scorso, Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

Alcuni dicono che il mondo è di chi si alza presto al mattino. Sbagliato! Il mondo non è di chi si alza presto, ma di chi è felice di alzarsi!

Chi è felice di alzarsi vive; chi non lo è, si lascia vivere. Insomma, è dovere passare alla serenità.
Ne va di mezzo la nostra crescita umana! Che fare, dunque?
Proponiamo alcune mosse concrete.

Evitiamo i trabocchetti
Non complichiamoci la vita. Perché crogiolarsi con mille ansie? Perché usare la testa come portaspilli? Liberiamoci dai trabocchetti in cui tanti inciampano con pesanti conseguenze per la serenità. La mente corre immediatamente ai tre trabocchetti più frequenti nei quali cadono i genitori d'oggi.
• Primo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino da manuale'. Sul libro di Psicologia è scritto che il piccolo a tre mesi deve fare il primo vero sorriso; al termine dell'anno deve iniziare a parlare; dopo otto minuti dalla pappa, deve fare il ruttino... “Ma il nostro non si comporta così! Sarà anormale?”.
• Secondo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino del vicino': “Quello sì che è bravo! Studia, ubbidisce, aiuta, non come il nostro che...”.
• Terzo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino televisivo'. Il bambino televisivo è sempre perfetto: intelligente, biondo, non suda mai, non fa capricci. “Il nostro, invece, è un disastro!”.
Perché abboccare? Il bambino da manuale è un'astrazione che si trova solo sulla carta. Il bambino del vicino potrebbe essere un'illusione: il prato che confina con il nostro potrebbe essere artificiale. Il bambino televisivo è, quasi sempre, una truffa interessata.
Insomma, godiamoci il nostro bambino che è un capolavoro come lo sono tutti (ognuno in modo unico e irripetibile!) i bambini del mondo!

Godiamoci le gioie senza soldi
Vi sono occasioni di felicità sparse ovunque, lungo tutta la giornata che non richiedono soldi.
Nulla è più facile che esemplificare:
• Guardare un bambino che ride.
• Accarezzare chi ci ama.
• Ritrovare un oggetto che avevamo smarrito.
• Sentire lo squillo del telefono quando si è innamorati.
• Ricevere gli esami fatti all'ospedale, attestanti che non vi è da preoccuparsi per niente.
• Svegliarsi dopo aver dormito bene.
• Contemplare il tramonto.
• L'onda calma del mare che mi accarezza i piedi.
• La trasparenza di un lago alpino.
• Il sussurro delle foglie sugli alberi.
• La coda dello scoiattolo.
• La trota con i puntini rossi.
• La simmetria delle stelle marine.
• Sentire il canto del cardellino che, dopo il lungo inverno, annuncia l'arrivo della primavera...
L'elenco potrebbe benissimo continuare.
Grazie a Dio vi sono nel mondo i germi gratuiti di felicità sparsi ovunque.
Chi è saggio li trova e li assapora per dare ossigeno alla gioia di vivere, la potenza più forte del mondo, capace di fare della terra la prova generale del paradiso.

Spargiamo gioia
Molti lettori, forse, ricorderanno il noto frate francescano che parlava alla televisione, Padre Mariano. Ebbene, questo padre che incontrava la simpatia di tutti, aveva un meraviglioso motto di sole quattro parole: “Dare gioia, che gioia!”. Verissimo!
La gioia è una merce strana; più ne dai e più ne hai! Più la dividi e più si moltiplica. La semini nel giardino del vicino e la vedi fiorire nel tuo!
Lo scrittore e patriota Nicolò Tommaseo riassumeva tutta la sua filosofia sulla gioia in questa frase: “Il più felice dei felici è chi fa altri felici”. Gesù era stato ancora più sintetico: “È più bello dare che ricevere” (At 20, 35).
D'ora in poi, dunque, non è più il caso di chiedere d'essere felice, basterà chiedere d'essere utile: la gioia verrà data per giunta... e sarà un passo da gigante sulla strada del nostro farci uomini umani!

PASSA PAROLA
• Un sorriso fatto ai vivi è meglio di una fontana di lacrime sparse per i morti.
• A tavola una bella risata è la miglior portata.
• La gioia non ha bisogno di sbornie!
• Se riesci a riderci sopra, vuol dire che tutto andrà a posto.
• Il successo è avere ciò che si vuole. La felicità è volere ciò che si ha.
• Vi sono uomini che lavorano anni per appiattire la pancia e non fanno il minimo sforzo per imparare ad essere felici. Dov'è finito il buon senso?
• La preghiera più urgente, oggi: “Signore, fa che i cattivi diventino buoni e i buoni diventino simpatici!”.

Autore: Pino Pellegrino

Fonte: www.biesseonline.sdb.org

 

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