ALCUNI CONSIGLI PER AUMENTARE L’AUTOSTIMA DEI
BAMBINI
Quante
volte episodi di disagio psicologico come ansie, timidezze e blocchi vengono
associati ad una “bassa autostima”? Il tema tocca moltissime
persone molto
da vicino, per questo motivo, insieme alla dottoressa Maria Giulia Minichetti,
ci siamo già occupati di dare una definizione di autostima e suggerire un
percorso da seguire per provare a risolvere alcuni nodi e acquisire una
maggiore serenità. Quello che emerge è, però, un ruolo cruciale dell’infanzia
nella formazione di quell'immagine di sé che, se non corrispondente alla
realtà, rischia di causare “problemi di autostima”. Per questa ragione,
abbiamo intervistato la dottoressa Elena Simonetta, psicologa e psicoterapeuta,
che ci ha aiutato a capire come aumentare l’autostima nei bambini.
PERCHÉ È IMPORTANTE PARLARE DI AUTOSTIMA DEI
BAMBINI
L’infanzia
è una fase cruciale della vita di una persona, non ci sono dubbi. Così come è
innegabile la fondamentale influenza che hanno genitori, nonni, educatori,
istruttori nell'aiutare il bambino a crescere in salute da tutti i punti di vista,
compreso quello psicologico. Ed è proprio in questo ambito che entra in gioco
il concetto di autostima che viene definito dalla dottoressa Simonetta come “il
pensiero che il bambino ha di se stesso che, tecnicamente, definiamo modello
operativo interno. È molto importante che esso sia del tipo vado bene così come
sono.”
Questa
visione si forma entro i primi 6 anni di vita del bambino o della bambina e,
per questa ragione, è importante non sottovalutare gesti o commenti che
potrebbero avere conseguenze anche a lungo termine. Ciò è particolarmente
importante tra genitori e figli: “Questa relazione è fondamentale – spiega la
dottoressa – ed è altrettanto fondamentale che mamma e papà trasmettano
fiducia, solidarietà, sostegno ed incoraggiamento. Così facendo, infatti, nella
mente del bambino si forma un modello operativo positivo fondato sulla
convinzione di essere un “bravo bambino” e di avere un valore solo per il fatto
di esserci.”
Questa
è, dunque, la base dell’autostima. Al contrario, “se dalla relazione di
attaccamento con i genitori emerge una stima di sé che lo porta a non sentirsi
adatto così com’è, l’effetto è che il bambino o la bambina avranno molte più
difficoltà ad affrontare qualunque situazione nella vita scolastica, sportiva o
relazionale che lo metta in condizione di insuccesso.”
Basta
poco per gettare le basi di quella che, con il tempo, si può trasformare in una
bassa autostima perché proprio nei primi anni di vita si forniscono al bambino
gli strumenti per attuare strategie di resilienza e coping che gli saranno
utili per l’intera vita.
QUALI SONO GLI ATTEGGIAMENTI DA EVITARE?
Secondo
la dottoressa Simonetta, è cruciale che i genitori siano consapevoli di quanto ogni loro parola, gesto, commento possa avere influenza sul futuro dei
propri figli.
“L’atteggiamento dovrebbe essere sempre empatico e propositivo, ma soprattutto
mai giudicante”, spiega sottolineando come sia certamente utile, quando un
figlio combina qualcosa di sbagliato o prende un brutto voto, fargli notare
l’errore, ma senza lasciarsi sfuggire frasi come “hai sbagliato perché sei
proprio stupido o tonto.”
Ciò
che fa la differenza è, appunto, attribuire la responsabilità dell’errore ad un
atteggiamento o ad uno sbaglio della persona e non alla persona stessa: “non
bisogna mai esprimere giudizi sulla persona del bambino e in particolare non
devono farlo i genitori che nei primi 6 anni di vita, e volte anche oltre,
rappresentano la voce della coscienza”. Anche se non ci facciamo caso, aggiunge
e chiarifica la dottoressa Simonetta, tutto ciò che
diciamo viene registrato e contribuisce alla creazione di quel modello
operativo
interno che determina l’autostima anche da adulto.
A tal
proposito, è assolutamente da evitare la tendenza a
spingere i figli a fare attività non adatte o fissare aspettative scolastiche
troppo alte
rispetto alle potenzialità del bambino: in questi casi, i fallimenti innescano
facilmente quel meccanismo per cui si sente esso stesso una delusione per mamma
e papà, che invece dovrebbero ascoltarlo e aiutarlo a migliorare.
CONSEGUENZE ED EFFETTI DI UN ATTEGGIAMENTO
GIUDICANTE
Non è
semplice enumerare le conseguenze di una bassa autostima da bambini nelle
persone una volta cresciute: “potrei raccontare di decine e decine di casi –
riflette l’intervistata – ma mi preme partire dal fatto che questo tipo di
giudizi trasmessi ai figli li rendono inibiti, insicuri, timidi, incapace di
affrontare positivamente e con il sorriso sulle labbra il cambiamento”. Non
mancano i casi in cui il sentirsi incapaci di essere all’altezza delle
aspettative dei genitori si trasforma in iperattività: il bambino in questo
caso, spiega la dottoressa Simonetta, agisce per non sentire l’autostima bassa,
il muoversi è il suo modo di fare “rumore” e non sentire il peso della
situazione.
Dal
punto di vista generale, l’effetto più grave è proprio l’insinuarsi a livello
profondo di un diffuso senso di incapacità di affrontare non solo gli obiettivi
dei genitori, ma anche ciò che datori di lavoro, colleghi, amici si aspettano
dalla persona che, di conseguenza, farà fatica ad affermarsi.
COME AUMENTARE L’AUTOSTIMA DEI BAMBINI: I CONSIGLI
DELLA PSICOLOGA
“Dal momento che un genitore che esprime giudizi negativi sul figlio e non sull’attività, che non lo sostiene e che ha pretese troppo elevate di comportamenti rispetto all’età o alla mansione, può essere certo che sta andando nella direzione sbagliata”, conclude la dottoressa Simonetta e questi sono proprio gli elementi da cui partire per avere un atteggiamento positivo per aumentare l’autostima dei bambini.
Si
consiglia, poi, di mantenere atteggiamenti propositivi, supportivi e
mirati a spronare i figli e dare sempre il meglio di sé e migliorarsi: “correggere gli errori è
naturalmente importante, ma il mio suggerimento è quello di dare spunti e
indicazioni per evitare che il bambino lo faccia di nuovo. Restiamo, in altre
parole, concentrati su quello che ha fatto e non su chi è.”
In
secondo luogo, è utile permettere ai figli di partecipare ad attività dove
possono avere dei rimandi di efficacia”, ovvero feedback positivi su quanto sono in grado
di realizzare, senza arrabbiarsi per qualche incidente di percorso, soprattutto
se è funzionale ad una crescita.
Non si
può prescindere, inoltre, ad una comprensione profonda dei bisogni dei figli,
soprattutto dal punto di vista emotivo che sono ben diversi da quelli dei
genitori. “Andrebbero del tutto eliminate frasi come “non avere paura”, “non
devi arrabbiarti” oppure “non devi provare vergogna” – spiega la dottoressa
Simonetta – perché tutte le emozioni sono positive e vanno validate.” Il punto
è, piuttosto, imparare a farsi forza e ad affrontare anche ciò
che spaventa
perché la paura è assolutamente normale e, da adulti, sappiamo bene che esiste.
“Immaginiamo
il bambino o la bambina che si trova ad avere paura – riflette l’intervistata –
ma il papà o la mamma aveva detto di non averla: ecco, in quella situazione ci
sarà un drastico calo di autostima e di fiducia.”
Un
ruolo cruciale, infine, è quello di tutte le persone che hanno a che fare con i
bambini fino ai 12/14 anni, quindi compresi educatori, insegnanti, allenatori.
“Va bene, infatti, l’idea di insegnare e correggere, ma sempre con questa
modalità di supporto, sostegno e incoraggiamento.”
Autrice: Angela Caporale
Fonte: www.blogunisalute.it
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