Paidos Onlus

Paidos Onlus
Paidos Onlus dalla parte dei bambini,SEMPRE

mercoledì 16 ottobre 2019

I figli li amiamo o li demoliamo?

I FIGLI LI AMIAMO O LI DEMOLIAMO?

Noi siamo, tutti quanti, il prodotto di coloro che ci hanno amati o che si sono rifiutati di amarci

 

La domanda è forte, ma su certi temi non si può essere morbidi. Quando si parla d'Amore non si può scherzare. Con l'amore non si gioca: con l'amore si vive! Ecco perché quando si parla d'amore il discorso va preso di petto.

Dunque, che cosa significa amare i figli?

L'istinto non basta: “I figli non si amano perché sono i nostri. Si amano perché si impara ad amarli!” ci avverte il nostro autorevole pediatra Marcello Bernardi. Amare è sempre un'arte da imparare! Tanto più lo è l'amore pedagogico, cioè l'amore dei genitori che si impegnano a far fiorire il figlio in tutte le sue potenzialità.

Tale amore ha connotati diversi dall'amore coniugale, come da quelli dell'amore sociale.

Ebbene, chi va a scuola dall'arte dell'amore pedagogico, impara che vi sono amori educanti e amori devastanti.

Amori devastanti

Ci limitiamo ai tre più insidiosi.

Amare non è strafare.

Ha tutte le ragioni il proverbio: “La mamma troppo valente, fa la figlia buona a niente!”. La madre che continua a sbucciare l'arancia al figlio che ha, ormai, otto anni, non lo ama, ma gli ruba un'esperienza.

Amare non è eleggere il figlio a capofamiglia.

Mettere il bambino al centro (“Che cosa vuoi per cena?”. “Dove vuoi che facciamo le vacanze quest'anno?”) è preparare un futuro despota, un candidato al bullismo.

Amare non è piacere sempre.

Arrendersi al figlio, sta all'amore come la sabbia sta alla farina. Il vero amore sovente è severo, fermo, deciso. L'amore vero non abolisce i 'no', non annulla le 'regole', anzi, le esige.

Passiamo agli amori che sono fattori di crescita.

Amori educanti

Amare è accettare il figlio.

Anche se non corrisponde ai nostri desideri, ai nostri sogni. A proposito, il famoso psichiatra austriaco Bruno Bettelheim ci ha lasciato questo ammonimento: «Non puntate ad avere il figlio che piacerebbe a voi. Abbiate rispetto per quello che il bambino è!».

Amare è rinunciare al possesso del figlio.

È tagliare, al più presto, il cordone ombelicale; difendersi dalla maledetta 'figliolite' che non smette di contagiare le mamme, in particolare quelle italiane (lo notano tutti gli studiosi).

Amare è renderci amabili.

È pulire il proprio carattere forse tortuoso, diffidente, umorale, urticante, variabile, per darsi un carattere festivo, colloquiale, vibratile e tenero, attento e generoso, un carattere solare, perché proprio dal Sole impara: il Sole dà, la Luna prende.

Un simile carattere è educativo per natura sua: una persona tutta amabile irradia fattori di crescita. Non fa ombre.

I figli che hanno la fortuna di avere genitori amabili, ringraziano d'esser nati.

LE MAGNIFICHE LEGGI DELL'AMORE

1. L'amore è come la luna: se non cresce...

2. L'amore non invecchia: matura.

3. L'amore non si divide: si moltiplica.

4. L'amore non si compra, non si vende: si dona.

5. L'amore prima di dire: “Ti dò un bacio”, dice: “Ti dò una mano!”.

6. L'amore o è umile o non è.

7. L'amore che fa economia d'amore, non è vero amore.

8. Amare è ricondurre dolcemente una persona a se stessa.

9. Amare è costruire la felicità di qualcuno.

10. Amare è andare oltre il necessario.

LA FRASE

«Se ciascuno avesse anche solo una persona che nella sua vita gli dicesse: “Ti amerò, indipendentemente da tutto! Ti amerò anche se sei stupido, anche se scivoli e batti il naso, se sbagli, se commetti errori, se ti comporti come un essere umano..., ti amerò ugualmente” allora la gente non finirebbe negli ospedali psichiatrici» (Leo Buscaglia).


Autore: Pino Pellegrino
Fonte: www.biesseonline.org

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con l’Adozione a Distanza
accompagni un bambino nella sua crescita
donandogli un’infanzia felice
dona tramite bonifico su IBAN:
IT 51W 05385 78440 00000 0000 455

mercoledì 9 ottobre 2019

Giocare a far finta

GIOCARE A FAR FINTA

Nello spazio tra realtà e fantasia nasce il gioco del “far finta” che ha un’importante funzione nella crescita del bambino


Per giocare a “far finta” di solito i bambini utilizzano oggetti, azioni, identità e situazioni come simboli, in modo da rappresentare qualcosa che non è presente ma che si può immaginare. Non a caso, infatti, è chiamato gioco simbolico quello dove qualcosa viene utilizzato per “significare” qualcos'altro: un elemento fisicamente presente è usato per rappresentare un elemento assente nella realtà concreta, che viene quindi evocato attraverso la mente. E così una scatola di cartone può diventare una casa, posso fingere di bere senza avere in mano un bicchiere o trasformarmi in una mamma che cucina per i suoi bambini. Il gioco simbolico è un’attività importante, raffinata e impegnativa, che si sviluppa e progredisce durante l’infanzia insieme a diverse abilità e competenze del bambino.

 

I primi approcci

Se osserviamo le attività di un bambino nei primi mesi di vita vedremo che è orientato a giocare con gli oggetti toccandoli, assaggiandoli, annusandoli e facendoli muovere, rotolare, cadere. Insomma, è impegnato a conoscere come sono fatte le cose intorno a lui e lo fa in allegria, utilizzando tutti i suoi organi di senso. Quante volte abbiamo visto un bimbo buttare ripetutamente a terra un giocattolo solo per sentire il rumore provocato dalla sua azione? Imparare è proprio divertente!

Grazie alle sue scoperte, osservazioni e deduzioni, il nostro piccolo “esploratore sensoriale” inizia pian piano a conoscere non solo le caratteristiche, ma anche la funzione degli oggetti e a collegarli a possibili schemi d’azione: «A cosa serve il cucchiaio? Cosa posso fare con un pettine?». In questo svolge un ruolo fondamentale il processo di imitazione: «Replico i gesti e le azioni che vedo svolgersi attorno a me, ciò che fanno i miei genitori». Ed ecco che tra 12 e 18 mesi (chi prima, chi dopo), il bambino comincia a giocare a “far finta di”, ripetendo gesti e azioni conosciuti, spesso rivolti a un estasiato pubblico di adulti che lo incoraggia e sta al gioco: «Prendo in mano il bicchiere e bevo per finta, chiudo gli occhi come se dormissi e poi faccio “cucù”!». Si cresce in fretta e dopo qualche tempo vedremo il nostro piccolo approfondire sempre di più il gioco: esempio classico è quello del caffè finto offerto alla bambola. Il bambino sa che la tazza è vuota e che la situazione è una finzione, ma l’oggetto nel gioco è ancora utilizzato secondo la sua funzione “reale” (in questo caso viene rispettata la funzione della tazza come contenitore di liquido da bere).

 

Un nuovo modo di vedere il mondo

Gli studiosi individuano intorno ai due anni d’età l’inizio del vero e proprio gioco simbolico, quello in cui «il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia a essere una bambola e un bastone diventa un cavallo».

Il bambino trasforma gli oggetti facendoli diventare, come per magia, ciò che gli serve per il suo gioco (se ha bisogno di una macchina prende una seggiolina e comincia a guidare), dimostrando di sperimentare una forma di pensiero nuova, che gli permette di vedere oltre le cose, di usare la fantasia e l’immaginazione.

Ciò è possibile anche grazie all’evolversi della cosiddetta “capacità rappresentativa del pensiero”: il bambino riesce a pensare e a immaginare nella sua mente cose, persone e situazioni indipendentemente dalla loro presenza, ed è inoltre capace di creare delle associazioni mentali, cogliendo somiglianze nella forma, nel colore e nelle dimensioni (una matita assomiglia a una bacchetta magica e viceversa).

 

«Facciamo finta che io sono la maestra»

Nel periodo tra i tre e i sei anni le forme del gioco simbolico progrediscono ancora. Se nei primi giochi di finzione era solo il bambino ad avere un ruolo attivo e gli oggetti rimanevano muti, a poco a poco anche pupazzi e bambole prendono vita: il bambino li fa parlare, camminare, recitare una parte.

La struttura e le competenze in gioco si fanno poi ancora più complesse quando i bambini iniziano a mettere in scena delle situazioni, assegnando ruoli alle persone e creando veri e propri copioni: «Facciamo finta che io sono… e tu sei…?». Mamme, papà, indiani, supereroi, maestre, parrucchiere, dottori, gelatai e chi più ne ha più ne metta. A volte sono episodi e contesti del proprio vissuto a essere messi in scena, momenti che il bambino ha bisogno di rivivere, nel mondo protetto della finzione, per trovare un nuovo significato alle proprie esperienze, per sperimentare diversi punti di vista, per “esorcizzare” le proprie paure e tanto altro. Altre volte la creatività permette di superare i propri limiti, di immaginarsi diversi, di proiettarsi nel futuro o nel mondo dei grandi, di esprimersi liberamente mettendo in scena emozioni forti senza la paura di essere giudicati.

In alcune occasioni il bambino chiederà a noi adulti di entrare nel gioco indossando un ruolo diverso (e osserverà con attenzione la nostra risposta). In altri momenti giocherà da solo senza voler essere disturbato. In altri ancora il gioco verrà organizzato con i coetanei e ci saranno litigi per decidere “chi fa cosa” o come andrà a finire la storia inventata: trovare l’accordo sarà una parte importante dell’esperienza e della condivisione del divertimento.

 

Gioco simbolico e teoria della mente

Giocando a far finta i bambini esercitano la propria immaginazione e creatività, sviluppano autoconsapevolezza, imparano a riconoscere le emozioni proprie e altrui, esplorano mondi sconosciuti, esercitano abilità cognitive e relazionali, sviluppano le prime forme di pensiero astratto, arricchiscono il proprio lessico.Giocare a “essere un altro” può inoltre aiutare il bambino a comprendere un punto di vista diverso dal proprio e può costituire un’ottima occasione di osservazione per l’adulto, perché, attraverso la finzione, il bambino racconta sé stesso e il mondo dei grandi che lo circonda.

Le diverse forme di gioco simbolico e di finzione che accompagnano il bambino nella sua crescita sono state, e sono tuttora, oggetto di studi in diverse discipline, in particolare per quanto riguarda il loro legame con lo sviluppo della metacognizione e della teoria della mente. La metacognizione è la capacità di auto-riflettere sui propri pensieri (io posso pensare ai miei pensieri). Grazie all’attività metacognitiva possiamo non solo conoscere ma anche in qualche modo agire sui nostri stati mentali (ad esempio possiamo comprendere e influenzare i nostri meccanismi di apprendimento). Con il termine “teoria della mente”, invece, si intende la sofisticata abilità umana di riflettere non solo sui propri pensieri, ma anche su quelli delle altre persone, riuscendo a formulare delle ipotesi sul comportamento altrui. Questa abilità cognitiva è fondamentale per la nostra vita e la usiamo tutti i giorni anche senza accorgercene. Ancora una volta, entrando in quell’universo che è il gioco dei bambini, ci meravigliamo di quanto siano complesse le attività in essere dentro i comportamenti infantili, attività a cui, con leggerezza, noi adulti rischiamo di non dare importanza.

Come favorire lo sviluppo del gioco simbolico


1.     Create per il vostro bimbo una grande casetta dei travestimenti da mettere nella sua cameretta, con dentro vecchi vestiti, cappelli, borse, guanti, sciarpe, camicie da notte, pezzi di stoffa che non si usano più. Sarà libero di giocare a travestirsi come meglio crede, viaggiando con la fantasia. Se possibile ponete nella stanza del bimbo anche uno specchio alla sua altezza, in modo tale che egli possa vedersi quando si maschera
2.     Fate attenzione a non banalizzare il gioco simbolico proponendo esclusivamente la cucina con pentole per le bimbe e il banchetto degli attrezzi per i maschietti. Per una scelta creativa e libera dagli stereotipi è utile mettere a disposizione del bambino una serie di materiali e oggetti poco strutturati (ad esempio scatole di cartone, costruzioni, cuscini, e così via) in modo che egli possa scegliere da sé quale situazione ricreare nei suoi giochi. Vedrete che saprà organizzarsi benissimo aggiungendo a questi materiali semplici altri oggetti trovati in casa, ripensandone la funzione con idee strepitose
3.     Limitate l’utilizzo di quei giocattoli elettronici che “fanno tutto da soli” e sono difficilmente riutilizzabili dal bambino per scopi di fantasia
4.     Raccontate, leggete e inventate storie con i vostri bambini
5.     Favorire lo sviluppo del gioco simbolico non significa sostituire o confondere queste attività di finzione con quelle di “vita pratica”(apparecchiare, sparecchiare, tagliare, lavare, vestirsi secondo gli insegnamenti montessoriani) che sono altrettanto importanti nella crescita del bambino e in cui è fondamentale utilizzare utensili veri e non giocattoli per imparare. È importante aver sempre chiaro lo scopo di ogni attività proposta al bambino, egli saprà distinguere la realtà dalla finzione.

Autrice: Chiara Borgia, pedagogista
Fonte: www.uppa.it

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con l’Adozione a Distanza
accompagni un bambino nella sua crescita
donandogli un’infanzia felice
dona tramite bonifico su IBAN:
IT 51W 05385 78440 00000 0000 455

mercoledì 2 ottobre 2019

10 consigli per essere super genitori

10 CONSIGLI PER ESSERE SUPER GENITORI

Questo post è la mia libera traduzione ed interpretazione di un recente articolo dal titolo “The Rules of Effortless Parenting” scritto da Leo Babauta su Zen Habits e a cui ho aggiunto i miei commenti personali. L’articolo di Leo mi è piaciuto tantissimo e mi ha dato alcuni spunti di riflessione.  Dovete sapere che Leo è padre di ben 6 figli ed è diventato famoso tramite il suo blog, i suoi ebooks e i suoi corsi. Questo articolo contiene un insieme di consigli per far crescere bambini autonomi e felici e di conseguenza rendere noi genitori molto più soddisfatti e rilassati.   L’unica vera regola è: amate i vostri bambini con tutto il cuore. Ma questa la sapevate già.

1) Insegna ai tuoi bambini ad essere autosufficienti
Leo racconta come già all’età di 1 – 2 anni loro insegnano ad arrangiarsi. Poi pian pianino imparano a prepararsi da soli la colazione, lavarsi i denti, sparecchiare la tavola etc un passo alla volta. All’inizio, come genitore, è necessario avere un pò di pazienza ed investire un pò di energia, ma alla lunga l’investimento ripaga sia i genitori che i figli. Un pò per necessità e un pò per uno stile molto teutonico di mia madre a 8 anni ero già in grado di cucinarmi da solo la pastasciutta, stendere la biancheria e passare di aspirapolvere.

2) Insegna ai figli maggiori di aiutare i fratelli più piccoli
Se hai più figli, questa è una regola d’oro: i figli più grandi possono aiutare quelli più piccoli in quasi tutte le faccende, questo rende i genitori più liberi e contemporaneamente aiuta ad insegnare ai bambini più grandi il concetto di responsabilità.

3) Insegnagli a risolvere problemi
In realtà questo è il vero obiettivo dell’unschooling (cioè dell’istruzione parentale ovvero la “scuola a casa”) ed è la filosofia che Leo e sua moglie perseguono nel fare la scuola a casa per i propri figli. I loro bambini non imparano fatti o particolari abilità, semplicemente imparano a risolvere problemi da soli. Se sono in grado di fare questo, allora sono in grado di imparare qualsiasi fatto e abilità, di cui hanno bisogno per risolvere i loro problemi. Vuoi sapere come scrivere un programma al computer ? Questo è soltanto un problema da risolvere. Vuoi cucinare thailandese o scrivere un blog, oppure iniziare un’attività in proprio o creare qualcosa di tuo ? Sono tutti problemi che puoi risolvere. Di questi dieci consigli di Leo questo è quello che mi ha colpito di più, Leo mi ha aperto gli occhi, in quanto per me “insegnare ai propri figli a risolvere problemi” (assieme a “dargli tutto l’Amore di cui hanno bisogno”) è l’essenza dell’essere genitori.

4) Fagli vedere come essere appassionato di qualcosa
La seconda cosa importante che viene insegnata ai bambini mediante l’istruzione parentale è come appassionarsi a qualcosa. Se sono in grado di farlo, quando cresceranno, faranno cose di cui sono appassionati. Ma come cavolo si insegna come essere appassionato ? Facile: dando l’esempio. Fai con loro cose in cui ci metti veramente passione e i tuoi figli modelleranno (cioè copieranno) il tuo atteggiamento. I bambini imparano una quantità incredibile di cose copiando ed imitando gli altri. La prossima volta che fai qualcosa con i tuoi figli sii al 100% presente con loro mentre lo fai e mettici il cuore in quello che fai, per esempio comprati un monopattino da adulti e gira in monopattino con loro.
😉
5) Gioca con loro all’aperto e sii attivo
Uno dei migliori modi per dimostrare ai tuoi figli che li ami è dedicargli del tempo. Giocarci assieme è uno dei migliori modi da passare del tempo con loro. Giocando all’aperto hai l’opportunità di fare vedere ai tuoi figli come essere attivi e come divertirsi nell’essere in movimento. Io mi tengo in forma per conto mio, ma mi preoccupo di tenere al corrente i miei figli COSA faccio, PERCHE’ lo faccio e di quanto sia DIVERTENTE farlo. In questo modo, ancora una volta, hanno un esempio di persona sana e in forma che possono modellare, questo gli tornerà utile per il resto della loro vita. La prossima volta che vai al parco usa la tua fantasia: una ringhiera può essere utilizzata per passarci sotto oppure per salirci sopra e fare esercizio di equilibrio. Un albero dai rami bassi può essere utilizzato per arrampicarcisi sopra. Degli ostacoli bassi possono essere utilizzati per saltarci sù e giù.

6) Non sovraccaricarli di impegni
Molti genitori pianificano troppi corsi, sports, feste e attività ai propri bambini. Leo e sua moglie danno un sacco di tempo senza alcuna attività pianificata: devono imparare da soli come passare il tempo, questa è un’abilità importante da imparare. Lasciare un sacco di tempo privo di impegni porta con sè anche il vantaggio che hanno una vita meno stressata della nostra e che imparano un ritmo più rilassato. Sono pienamente d’accordo con Leo su questo punto: lasciarli soli stimola sia la loro autonomia, che la loro fiducia in sé stessi.

7) Lasciali fare e dagli fiducia
Ci sono genitori  che sono preoccupati per ogni piccola cosa che il proprio figlio possa toccare o qualsiasi cosa li possa fare cadere o ferire. Fai un passo indietro e dai un po’ di spazio ai tuoi figli. Essi hanno sì bisogno della tua attenzione, ma anche po’ di tempo da soli per esplorare, cadere e rialzarsi, sbucciarsi un ginocchio, di capire da soli come funzionano le cose. Ogni tanto fai qualcosa per conto tuo e lascia i tuoi figli da soli, questo scatena inconsciamente nel bambino un pensiero del tipo “Ma come ? Mamma e Papà mi lasciano fare da solo senza dirmi niente ? Si fidano di me !” Ovviamente, affinché funzioni, devi riuscire ad eliminare (o almeno a trattenere) la tua apprensione 😉 Al concetto della fiducia aggiungo anche il mio punto di vista sull’atteggiamento di alcuni genitori di tenere “sotto una campana di vetro” i propri figli. Io lo considero un atteggiamento totalmente controproducente: non è nascondendogli o evitandogli i pericoli e le delusioni della vita, che un bambino cresce; tanto prima o poi vi si scontrerà comunque, perciò ritengo più costruttivo segnalare i pericoli ed istruire sulle possibili conseguenze e infine bisogna lasciare sperimentare il bambino. Solo così prenderà coscienza del pericolo e fare le sue esperienze senza danni gravi. Faccio un esempio: a mia figlia non vieto di andare in cucina perché ci sono i fornelli accesi, ma, prima di avvicinarsi, le dico: “Attenzione perché qui, qui e qui è mooolto caldo: se ci metti il ditino ti scotti e ti fai molto male”, poi le avvicino la manina fino ad una certa distanza e le faccio sentire il tepore. Le chiedo se ha capito e poi la lascio fare da sola e sto a guardare, ma a quel punto lei fa da sola.

8) Balla
La vita senza ballo è insignificante e non vale la pena essere vissuta. Alza il volume della musica e scatenati ! …e fregatene se non sai come si balla, l’importante è muoversi e divertirsi, ricordi il discorso della passione fatta qualche riga più su?

9) Leggi con loro e di fronte a loro
I bambini adorano i libri, specialmente se glieli leggi. Se a tua volta leggi libri (e loro ti vedono) questo gli insegnerà ad amare i libri a loro volta (ricordi il discorso del modellamento ? Dai sempre l’esempio). La passione per la lettura è una dei migliori amori che puoi instillare nei tuoi figli.

10) Fai domande
Fanne tantissime, chiedigli di tutto ed incoraggiali a fare altrettanto. Le domande stimolano il cervello ed orientano i pensieri. Prova a fargli domande per incuriosirli, per farli scoprire punti di vista nuovi, sorprendili, stimolerai incredibilmente la loro capacità di visione ed interpretazione del mondo. Inoltre fare a loro domande, gli fa capire che tu ci tieni (ovviamente ci devi mettere interesse nell’ascoltare le loro risposte). I bambini stessi sono inquisitori per natura, a loro volta fanno milioni di domande, perchè ogni cosa è nuova per loro. Impara a vedere il mondo attraverso i loro occhi, rimarrai affascinato ! Perchè mai il cielo è blu ? Perchè le foglie cambiano colore ? Come fa un uccello a volare ? Queste sono domande brillanti, non dare semplicemente una risposta rapida, ma esplora la risposta con i bambini, fagli vedere come trovare la risposta e sperimenta con loro come funzionano le cose. Per diverse cose ho usato Google e Youtube, come per esempio per imparare come si riproducono i pesci scalari, poi è divertente sperimentare assieme, come per esempio piantare una pianta, costruire una girandola, costruirsi degli strumenti musicali etc.

Quale consiglio ti è piaciuto di più?

E quale consiglio aggiungeresti alla lista?

Condividilo nei commenti.

Fonte: www.startegievincenti.net
Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con l’Adozione a Distanza
accompagni un bambino nella sua crescita
donandogli un’infanzia felice
dona tramite bonifico su IBAN:
IT 51W 05385 78440 00000 0000 455

mercoledì 25 settembre 2019

Ma il benessere è veramente una conquista o è diventato una trappola?

BENESSERE: CONQUISTA O TRAPPOLA?
Mettere in dubbio il valore del benessere può apparire un pensiero di chi ha il cervello a corto di ossigeno. Invece, no! Anche il benessere può (e deve!) essere sottoposto a giudizio!

Intanto, sia subito chiaro: non abbiamo nessuna intenzione di tornare al pane nero, alle canottiere inzuppate di sudore dei contadini e degli operai dell'inizio del secolo scorso.
Il benessere ha il suo indubbio lato luminoso.
Ciò non toglie che possa nascondere insidie pericolose. Per farla breve, ci limiamo a tre.

Primo: il troppo benessere può indebolire la volontà.
Avere tutto significa non desiderare più nulla, non volere più nulla.
Una vita troppo facile prepara ragazzi ammalati di 'atonia psichica': ragazzi senza sprint, spenti, tiepidi. Ragazzi 'sdraiati' come li definisce lo scrittore Michele Serra.
Il più grave problema pedagogico, d'oggi, infatti, non è il bullismo, ma lo spegnimento quasi totale dell'abbrivio di troppi nostri ragazzi. Ragazzi con la grinta del pesce bollito o della mozzarella!

Secondo: pericolo del benessere: togliere il sapore delle cose.
Avere tutto significa gustare nulla!
Il proverbio parla chiaro: “Il passero ubriaco trova amare persino le ciliegie”.
Lo psicoterapeuta Paolo Crepet è stato efficacissimo quando ha sintetizzato: “Troppo benessere genera il malessere; genera i gaudenti scontenti: genera il disagio dell'agio”.
Verrebbe da dire che il piacere e la felicità stanno in una sottrazione, più che in un'addizione.

Resta una terza ragione che giustifica la nostra critica all'attuale benessere: l'ingolfamento di cose è ingiustizia.
È ingiusto che, mediamente, nella borsetta della donna europea vi sia l'equivalente di 1400 euro di merce. È ingiusto che nelle famiglie italiane vi siano milioni di abiti che non si usano e non si useranno mai più.
Non è accettabile che nel bagno vi siano otto paia di scarpe per due piedi soli! La situazione è così allarmante che gli stessi economisti cominciano a riflettere sul nostro meccanismo perverso che ci obbliga a 'crescere' all'infinito: il pianeta non ce la fa a reggere questi ritmi!
Dobbiamo invertire rotta.
Non per nulla sta crescendo il numero dei sostenitori della 'decrescita'. Insomma, dopo tanto benessere, non è tempo di lanciare una vigorosa campagna promozionale a favore della sobrietà, non solo per problemi di colesterolo?

L'INFINITAMENTE POCO
• Il più grande tesoro dell'uomo è vivere di poco ed esserne soddisfatto. Perché il poco non manca mai. La perfezione dell'uomo non sta in ciò che ha, ma in ciò che è. La ricchezza di un uomo si misura da quello di cui non ha bisogno.

• Consumiamo. Ogni giorno della nostra vita, dall'alba al tramonto, noi consumiamo: elettricità, acqua, prodotti di bellezza, detersivi, alimenti, farmaci... Compiamo un'infinità di piccoli gesti talmente familiari che nemmeno ci accorgiamo di farli. Eppure sarebbe facilissimo, esaminandoli uno per uno, sprecare meno, intossicarsi meno (di prodotti industriali) e ingombrarsi meno.

• I vantaggi dei negozietti. Gli ipermercati incoraggiano a iperconsumare. Nei negozietti si acquista sempre con più parsimonia. Alberghi, ristoranti, negozi di quartiere: perché privilegiare le multinazionali che realizzano profitti vergognosi con il nostro denaro con il quale speculano in Borsa? I piccoli punti vendita, invece, vivono direttamente grazie alla clientela. Servirsi unicamente da loro sarebbe un ottimo sistema per sabotare l'economia attuale.

Il tempo è il nostro capitale principale. Non possiamo né fermarlo, né metterlo da parte, né comprarlo. Ciò nonostante lo sprechiamo per colpa di abitudini inutili, per conformismo o ignoranza, quando, in realtà, sono pochissime le cose veramente utili da fare. Organizzarsi è l'arte di gestire il proprio tempo in maniera intelligente sprecando poche energie.

Il ricettacolo della felicità. Una vita semplicissima, senza orpelli, senza retorica e senza idee superflue. Secondo me, quella semplicità di vita assomiglia alla felicità. Noi eravamo contenti con poco o nulla. Intorno a me, oggi vedo gente che vuole sempre di più.

Fonte: www.biesseonline.org
Autore: Pino Pellegrino

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con l’Adozione a Distanza
accompagni un bambino nella sua crescita
donandogli un’infanzia felice
dona tramite bonifico su IBAN:
IT 51W 05385 78440 00000 0000 455

mercoledì 18 settembre 2019

Sei consigli per l'ascolto attivo

SEI CONSIGLI PER L'ASCOLTO ATTIVO

Spesso sentiamo dire che la chiave di una buona relazione è la comunicazione, ma non dimentichiamo che il segreto della comunicazione è l'ascolto.

Ecco 6 consigli per praticarlo e quindi capire meglio gli altri.

1. CREA IL CLIMA ADATTO

Le parole non sono l'unico elemento. Spesso non sono neanche il più importante. L'atmosfera, l'ambiente, i gesti, l'affettuosità, il silenzio, gli occhi, il viso non sono una semplice cornice. In un colloquio di lavoro, per esempio, l'aspetto esterno del candidato decide quasi sempre il risultato dell'incontro.

La maggior parte dei genitori crede di ascoltare i propri figli. Sembra un'attività semplice e scontata. Eppure quante volte mamma e papà ascoltano veramente e sinceramente, con piena attenzione ciò che i figli dicono o cercano di dire?

2. CONCENTRATI SULLE PAROLE DELL'ALTRO

Essere concentrati sulle parole dell'altro senza fare altro o pensare a un altro argomento è il modo migliore per ascoltare.

Uno dei segni della fretta che condiziona le persone del nostro tempo è l'incapacità crescente di comunicare con gli occhi. I contatti tra le persone si sono moltiplicati: internet, e-mail, telefonino... E ci stiamo dimenticando del contatto più semplice: il contatto visivo. Fondamentale è il modo di guardare, che deve comunicare: «Tu mi interessi davvero. Meriti tutta la mia attenzione».

3. SEI LÌ PER ASCOLTARE E NON PER RISPONDERE

Ascoltare attivamente significa anche imparare a tacere sul proprio discorso e concentrarsi sull'attenzione dell'altra persona e fare attenzione a non dare consigli o soluzioni quando lui o lei ha la parola.

Immagina un insegnante che deve rimotivare uno studente che ha abbandonato la lezione. Il consiglio di classe arriva e l'allievo in questione tenta di spiegare (con difficoltà) che cosa sta succedendo in lui. Ma gli insegnanti lo interrompono dandogli consigli a turno su che cosa avrebbe dovuto fare. In realtà lo studente vorrebbe semplicemente essere compreso in ciò che sta cercando di dire.

«Io parlo, parlo, ma nessuno mi ascolta» brontola Corinna (8 anni). E Giuditta (7 anni): «Allora, la sera, a letto, giro le spalle a tutti quanti, mi metto contro il muro e mi parlo, perché almeno io mi ascolto». Nella sala-colloqui di un istituto correzionale, un giovane disse amaramente al padre: «Papà, ti rendi conto che in vent'anni è la prima volta che mi stai ad ascoltare?».

4. ELIMINA I FILTRI PERCETTIVI

Significa mettere da parte emozioni e desideri personali. Il pericolo più grande è pensare di sapere già tutto. Per esempio: «È solo pigrizia... Ecco, sta mentendo... È pauroso...» Se siete arrabbiati, calmatevi. Se non vi stringe il cuore ciò che ascoltate, rimanete lucidi e mettete da parte delusione o preoccupazione.

5. RIFORMULA LE FRASI PIÙ IMPORTANTI DEL TUO INTERLOCUTORE

Resistete alla tentazione di essere rassicuranti, di ragionare, giustificare o fare prediche. Provate, invece, a immaginare le emozioni che il bambino sente in quel momento.

Non ripetete alla lettera le sue parole. Per esempio, se vostra figlia vi grida che siete la mamma più cattiva del mondo, non servirà a niente constatare: «Pensi che io sia la mamma più cattiva del mondo». Non lo crede veramente, lo dice per scatenare una reazione. Una risposta adatta potrebbe essere: «Forse ti sei arrabbiata perché non voglio farti mettere il vestito nuovo per andare a scuola». Non minimizzate. Non insistete. A volte, nonostante abbiate colto nel segno, il bambino non vuole ammettere una particolare emozione. Non vi intestardite. Non fa niente se è d'accordo con voi o no. Lo scopo dell'ascolto riflessivo non è strappare una confessione, ma aiutare l'altro a sentirsi ascoltato, compreso e accettato, a convivere con le emozioni e a esprimerle verbalmente, anziché con le azioni.

6. METTITI DALLA SUA PARTE E SE C'È UN PROBLEMA AFFRONTATELO INSIEME

È un passo prezioso. L'ascolto attivo consente di chiarire la situazione. L'interlocutore si sente capito e rassicurato. Di solito risponde positivamente alla domanda: «Che cosa pensi di fare?»

Fonte: www.biesseonline.org

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con l’Adozione a Distanza
accompagni un bambino nella sua crescita
donandogli un’infanzia felice
dona tramite bonifico su IBAN:
IT 51W 05385 78440 00000 0000 455

giovedì 13 giugno 2019

Quello che vi siete persi

QUELLO CHE VI SIETE PERSI
Buone vacanze

E' giunto il momento di sospendere l’attività del blog, che ripartirà a settembre a pieno regime. Per chi volesse recuperare i contenuti pubblicati in questa prima metà dell’anno basterà cercare nell'archivio blog o tra i post più popolari (li trovate sul lato destro della home).

Alcuni consigli:








Buona lettura e buone vacanze

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con il tuo 5 X Mille
ASSICURI UN’INFANZIA
SERENA A TANTI BAMBINI
scrivi 030 59 04 07 11
sul tuo 730/CU/UNICO

mercoledì 5 giugno 2019

Gestione della rabbia nei bambini

GESTIONE DELLA RABBIA NEI BAMBINI

Sembra tanto un argomento da adulti, ma la gestione della rabbia è molto comune e sentito dai genitori. Oggi viviamo più a contatto tra genitori e figli, viviamo in spazi chiusi e spesso ci restiamo. Vogliamo calma, perfezione, tutto e subito. Tutto questo – scoprirai – non agevola affatto l’educazione alla gestione della rabbia dei nostri figli.

Vediamo insieme qualche indicazione da tenere conto per aiutarli a imparare a gestire la rabbia da negazione, frustrazione, competizione.


1. Cerca uno sfogo quotidiano

Hai mai notato che i figli parlano più a bassa voce quando sono fuori che in casa? Hai mai notato come bambini piccoli e meno piccoli siamo più tranquilli all’aria aperta? Ai giardinetti pubblici, nei campi o al mare hanno la possibilità di sfogarsi, di correre, di respirare, di guardare grandi distanze. Dopo la scuola un’oretta al giorno: fallo. Andate a scuola a piedi, aiuta a gestire in generale l’equilibrio emotivo del proprio sistema nervoso. Trova occasioni quotidiane (tranne quando piove certo o c’è tanto vento) per sfruttare la nostra Terra, tra natura, prati, passeggiate, aria e la gestione della rabbia in certi episodi prima eclatanti, sarà più facile.


2. Sin da piccoli aiutali a gestire la rabbia da frustrazione

Quella frustrazione di non venire immediatamente in braccio se piange, ma dopo un minuto magari. La mamma è lì ma ora sta finendo di piegare i panni, il bimbo la vede e vuole andarle in braccio. La mamma amorevolmente fa sentire la sua presenza, che tutto va bene, pur non prendendolo subito in braccio. Questo semplice gesto pare innocuo ma poi avrà conseguenze extra positive sulla sua gestione della frustrazione, delusioni e rabbia. Vuole una cosa ma tu ora non puoi o non vuoi concedergliela. Se è “no”, resta “no”. Dapprima urlerà, si dimenerà e si agiterà per terra (classico dei terrible twos) ma poi capirà e finirà per dire «D’accordo». Ritornerà a chiedere? Ma certo, è umano, furbetto e simpatico. Continuerai a dire “no” o proporrai una alternativa per dopo o un’altra occasione. Userai un tono gentile e accogliente, nonostante dirai di “no”.


3. Se è il classico capriccio per terra?

Non cercare di fermarlo (come facevo io con la mia prima!), lascialo sfogare, restagli accanto. Quando avrà sfogato la forte emozione che ha nel corpo e che non riesce a contenere, ti chiederà un abbraccio, vorrà contenimento e accoglienza. Fagli sapere che tu sei lì, lo ami sempre, anche quando urla come un pazzo per un capriccio senza logica sul pavimento.


4. Respira e la gestione della rabbia sarà migliore

Qui mi rivolgo a te, solamente a te. Respira, guarda a lungo termine, considerala tenacia, intelligenza, furbizia o semplicemente stanchezza. Considera che sono esseri imperfetti, il loro cervelli è immaturo quando nascono. Idem per il loro sistema nervoso. Provano emozioni e non sanno gestirle, sta a noi insegnarglielo. Guarda lontano, alla loro maturazione e gestione emotiva e accogli il loro sentimento di rabbia.


5. Se sono violenti, che fare?

Ferma il gesto contro di te o contro fratelli. Il rispetto è importantissimo in casa e deve essere reciproco. Non alzare le mani su di lui e lui imparerà a non farlo con te. Un buffetto sul culetto per segnare una parola, con dolcezza o fermezza, non è mettere le mani addosso ai figli. Tutto il resto sì. Se mordono e hanno due anni è perché sono solo curiosi di sapere ciò che accadrà. Sanno che fanno male ma non ne sono convinti, e allora ci provano ancora per esserne sicuri. Sii fermo sia nelle parole che nel tono di voce: «No». Blocca il movimento, negalo, rimproveralo. Per quei 2 secondi e poi passa ad altro.


6. Ignora atti stupidi di violenza

C’è una tecnica che propongo ai genitori in Figli Felici che è quella dell’“Attending & Ignoring”: dai attenzione alla persona e ignora quel comportamentino stupidino e sciocchino che non vuoi sottolineare. Ignora che sbatta il piede per terra, che manifesti rabbia in modo esagerato. Dai importanza alla persona, cambia il focus, fai domande. E se insiste? Se insiste, DOPO, in tranquillità, potrai spiegargli che non si fa. Ancora meglio, potrai chiedergli «Cosa potresti fare per dire che non sei d’accordo in modo corretto?» Invitalo a trovare altre soluzioni, quando siete tranquilli e ne potete parlare serenamente.


Autrice: Debora Conti
Fonte: www.figlifelici.deboraconti.com

Paidòs Onlus
dalla parte dei bambini, SEMPRE

Con il tuo 5 X Mille
ASSICURI UN’INFANZIA
SERENA A TANTI BAMBINI
scrivi 030 59 04 07 11
sul tuo 730/CU/UNICO