CELLULARE IN CLASSE? NO, GRAZIE.
Lo studio: bandirli dalle aule ha l’effetto di un’ora in più di lezione alla settimana. E il fenomeno è più marcato per gli studenti più poveri o con voti più bassi
Cellulare a scuola, sì o no? Alcuni genitori non ci
dormono la notte, mettono paletti, trattano con i figli le regole da seguire.
Adesso una risposta arriva dagli economisti: se volete che i vostri ragazzi
abbiano risultati scolastici migliori, lo smartphone deve rimanere a casa. Bandire
il cellulare dalle aule ha un effetto che un centro di ricerca inglese ha
misurato: vale quanto una settimana in più di lezione. Lo sostengono Louis-Philippe Beland and Richard Murphy, in un lavoro pubblicato
dal «centro per le performance economiche» della London School of Economics,
di cui dà conto il Guardian. Lo studio conclude che «nelle scuole in cui il
telefonino è bandito, i voti sono più alti». Un fenomeno ancora più marcato per
gli studenti più poveri o con voti più bassi.
Una
settimana in più
I ricercatori hanno esaminato le performance di 91 scuole
superiori di quattro città inglesi, confrontando i registri degli esami e le
politiche sui cellulari tra il 2001 e il 2013. In generale i voti nelle classi
in cui smartphone e gadget digitali erano banditi, i punteggi dei test
miglioravano del 6,41% in media: un valore equivalente a «un aumento della
probabilità di passare gli esami finali del 2%», scrivono gli autori. «È lo
stesso effetto - spiega uno di loro, Richard Murphy - che si avrebbe con un’ora
in più a settimana, o aggiungendo una settimana in più all’anno scolastico».
Risultati
migliori
Per gli studenti con voti più bassi, scrivono gli autori,
l’aumento dei punteggi e della probabilità di successo agli esami è doppio
rispetto alla media, ed è ancora maggiore per gli studenti con bisogni
educativi speciali e per quelli più poveri, mentre tende ad annullarsi per i
più bravi.
Tecnologia
che distrae
Tecnologie che «fanno tante cose diverse», sostengono i
ricercatori, hanno un effetto negativo sulla produttività degli studenti. Il
multitasking distrae. Non avere lo schermo costantemente sott’occhio, la
possibilità di giocherellare sotto il banco, o anche solo la vibrazione del
messaggio in arrivo, consent e di concentrarsi di più, con benefici immediati
sui risultati.
I
divieti
La ricerca non arriva a sostenere che i cellulari siano
dannosi. E non nega che, se correttamente utilizzati, possano essere un
efficace aiuto per lo studio. Ma in Paesi come la Gran Bretagna, dove oltre il
90 per cento degli adolescenti possiede uno smartphone, il dibattito si è fatto
acceso e sono sempre più numerosi i dirigenti scolastici che obbligano i
ragazzi a consegnare il telefonino, a inizio giornata o durante le verifiche.
In Italia? La regola c’è: l’uso del cellulare a scuola è vietato. Lo ha
disposto il ministro dell’Istruzione con una direttiva (15 marzo 2007), che
impegna tutte le scuole a regolamentarne l’uso, con esplicito divieto durante
le lezioni. Ma norme e regole possono essere di difficile applicazione. Anche i
prof, d’altronde, spesso «dimenticano» di spegnere il cellulare in classe: il
divieto (e da ben prima, scritto in una circolare del ‘98), vale anche per
loro.
«Scendere
a patti»
Ma adesso che, nonostante i divieti, l’uso improprio del
telefonino nelle aule è diventato consuetudine, come fare marcia indietro?
«Difficile, fa ormai parte della vita emotiva e affettiva dei ragazzi - dice Federico Bianchi di
Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che con gli
studenti ha un canale di ascolto privilegiato -. Ha sostituito il vecchio
bigliettino che usavamo noi adulti per comunicare in classe». È importate,
dice, «scendere a patti con i ragazzi, stabilire le finestre in cui possono
usarlo e i momenti in cui assolutamente no. Se non stanno alle regole va bene
tutto: la nota sul registro, il sequestro». E poi non nascondiamoci dietro a un
dito: siamo noi genitori che abbiamo aderito al fatto che i ragazzi portino il cellulare
in classe, fin dalle elementari, per poter parlare con loro quando vogliamo. Ma
quando sono a scuola, la responsabilità passa ad altri e se voglio parlare con
mio figlio mi rivolgo a chi in quel momento lo ha nel suo controllo». «C’è
stata confusione - continua lo psicologo - tra l’uso del mondo Internet per
essere maggiormente informati e l’attaccarsi al web per “staccarsi dalle
lezioni”.
Lasciamo fare, magari per una forma reverenziale nei confronti dei giovani che sanno usare le tecnologie meglio di noi. E loro crescono senza neppure essere consapevoli che è maleducazione». La conseguenza, certo, è che distraibilità e mancata partecipazione sono sempre in agguato. «I ricercatori hanno fatto il conto in una settimana di scuola “persa”? Hanno stimato al ribasso - dice - il tempo buttato è sicuramente molto di più».
Lasciamo fare, magari per una forma reverenziale nei confronti dei giovani che sanno usare le tecnologie meglio di noi. E loro crescono senza neppure essere consapevoli che è maleducazione». La conseguenza, certo, è che distraibilità e mancata partecipazione sono sempre in agguato. «I ricercatori hanno fatto il conto in una settimana di scuola “persa”? Hanno stimato al ribasso - dice - il tempo buttato è sicuramente molto di più».
Autrice: Antonella De Gregorio
Fonte: www.corriere.it
Paidòs Onlus
dalla
parte dei bambini, SEMPRE
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