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mercoledì 16 ottobre 2024

Ci sono cose da dire ai nostri figli

 CI SONO COSE DA DIRE AI NOSTRI FIGLI


Ci sono cose da dire ai nostri figli. 

Come ad esempio che il fallimento é una grande possibilità. Si ricade e ci si rialza. Da questo s’impara. Non da altro.

Dovremmo dire ai figli maschi che se piangono, non sono femminucce. Alle femmine che possono giocare alla lotta o fare le boccacce senza essere dei maschiacci.

AI nostri figli maschi dovremmo dire che non sono Principi Azzurri e non devono salvare nessuno. Alle femmine che nessuno le salva se non loro stesse. 

Dovremmo dire che la noia è tempo buono per sé. Dovremmo dire che si può morire, ma che esiste la magia.

Ai nostri figli dovremmo dire che ci sono giorni sì, e giorni no. E hanno tutti lo stesso valore. Che bisogna saper stare, e basta. E Che il dolore si supera. 

Ai nostri figli dovremmo dire che c’è tempo fino a quando non finisce, e ce ne accorgiamo sempre troppo tardi.

Dovremmo dire che non ci sono né vinti né sconfitti, e la vita non è una lotta.

Dovremmo dire che la cattiveria esiste ed è dentro ognuno di noi. Dobbiamo conoscerla per gestirla.

Dovremmo dire ai figli che non sempre un padre e una madre sono un porto sicuro. Alcuni fari non riescono a fare luce.

Dovremmo dire ai nostri figli che possono non avere successo e vivere felici lo stesso. Anzi, forse, lo saranno di più.

Che possono stare male, ma che la sofferenza ci spinge in avanti e che poi passa anche quella.

Bisogna dir loro che se nella vita non si sposeranno o non faranno figli, possono essere felici lo stesso.

Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico.

Che possono essere quello che vogliono. Ma non a tutti i costi.

Che esiste il perdono. E si può cedere ogni tanto, per procedere insieme. 

Che senza gli altri non siamo niente. Proprio niente.

Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare.

Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano. Dove non li vediamo più.

E che noi saremo qui. 

Quando vogliono tornare.

 

Autrice: Cinzia Pennati

Fonte: 'Ai figli ci sono cose da dire' edito da Mondadori

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mercoledì 9 ottobre 2024

Ti fa paura il futuro?

TI FA PAURA IL FUTURO?

‘Ho paura del mio futuro’…’e se non dovessi farcela da sola?’ . Queste sono le domande che attanagliano una ragazza che si appresta a tornare in famiglia. Ma ancora una volta, una canzone ci viene in soccorso.

 


Il film racconta attraverso lo schermo la sua storia, i piatti che si scontrano con le forchette producono un leggero tintinnio. L'aria umida e fresca entra dalla finestra; in generale è tutto tranquillo...forse troppo tranquillo per i ritmi solitamente rumorosi di questa casa.

La piccola racconta la sua giornata muovendo le manine ed imitando i gesti di tutto ciò che ha fatto all'estate ragazzi, dei suoi giochi, e del suo pomeriggio di pioggia. Una delle grandi si affanna velocemente per mangiare perché deve uscire ed il suo volto parzialmente truccato mi induce a pensare che la povera amica che aspetta che sia pronta attenderà ancora per un bel pezzo.

Tutto è sereno.

Uno sguardo colpisce la mia attenzione; è fisso sul piatto. La forchetta spinge avanti ed indietro un chicco di riso...mi chiedo se lei si aspetti di vedere se muovendolo in quel modo possa prendere vita. Le sue labbra sono immobili ma di tanto in tanto vibrano, come se cercassero di nascondere il tremolio tipico di chi sembra essere sull'orlo di un gran pianto. Di tanto in tanto le sue pupille puntano nella mia direzione per poi tornare pesanti a fissare il piatto. Il plumcake al cioccolato appena sfornato e bollente emana tutto il suo calore spargendo vapore vicino alla finestra; lei ne annusa il profumo. Le faccio silenziosamente segno di avvicinarsi a me; lei lentamente sposta la sedia, si alza da tavola e non appena mi si avvicina allunga le mani attorno al mio collo in un gesto istintivo. Si appoggia debolmente alla mia spalla e dopo pochi instanti percepisco tutto il suo peso gravare sulle mie cosce.

Il suo fiato è interrotto da alcuni singhiozzi.

La mia mano accarezza dolcemente i suoi capelli e ad ogni tocco la sento stringere sempre più forte le mani attorno alle mie braccia.

Dopo alcuni minuti di quell'abbraccio preparo una tazza di latte con lo zucchero e le taglio, ponendogliela innanzi, una fetta di dolce ancora caldo; so bene che il cioccolato sa fare miracoli alle volte. Lei senza dire una parola lo beve tutto e divora il suo plumcake sorridendomi debolmente. Lentamente si avvia in camera e si stende sul letto. Tempo fa acquistai una lampada proiettore che distribuisce stelle e galassie sulle pareti della camera; la sera quella luce proietta immagini di mondi lontani che spero impari a conoscere con la fantasia e l'immaginazione e ci si perda viaggiandoci oltre ed oltre. La accendo e lei segue con lo sguardo la nebulosa salire e dissolversi oltre l'armadio; ho imparato a riconoscere i suoi sguardi così come ho imparato a capire che sta crescendo in una velocità sorprendente.

<<Ti fa paura il futuro Chiara?>>

...

<<Beh si...>> Le rispondo.

<<Anche a me...>>

Cerco la sua vita sottile per darle un pizzicotto e finalmente la vedo ridere...

<<Hai visto? Siamo in due ad avere paura così non siamo più sole ad averne>>

Lei continua a sorridere per un altro po' e poi torna seria.

<<Ti ricordi la canzone che mi hai fatto sentire? Quella che fa: "A modo tuo"... Significa che dovrò fare tutto io? Da sola? E se poi non ci riesco?>>

<<Si...e no>> rispondo...mentre vedo l'ansia crescere e riempire il suo sguardo.

<<Significa che imparerai a fare da sola, a scoprire, a camminare, a cadere, a crescere ma saprai che ci sarà sempre qualcuno al tuo fianco che sa che stai crescendo e farà il tifo per te.>>

Si porta il lenzuolino vicino alla bocca nascondendo quasi del tutto il suo volto e con voce soffocata pronuncia una frase a bassissima voce.

<<Ti puoi dimenticare di me?>>

...

<<No>>

Le sue sopracciglia si rilassano nel sentire la mia risposta ma non si distendono del tutto.

<<Perché?>> Chiede.

...

<<Perché quando hai voluto bene a qualcuno non puoi mai dimenticarlo>>.

Le sue mani estraggono dalle lenzuola una lettera.

<<Questa è per te; però leggila quando le altre sono andate a dormire>>.

Glielo prometto e le dedico qualche altra carezza mentre osservo i suoi occhi chiudersi lentamente.

Mi alzo e spengo la luce cercando di non fare rumore... Sono quasi sull'uscio della porta della cameretta quando una vicina flebile sospira ed emette un leggero suono.

<<Ti voglio bene Chiara>>

Un calore mi avvolge il petto.

<<Ti voglio bene anche io>> rispondo silenziosamente.

Alle volte non servono le parole, serve solo una camera piena di stelle.

Nella mia mente risuona la voce di Elisa mentre canta: "A modo tuo"... Mentre ripenso alle parole: "e nel bel mezzo del tuo girotondo non poterti proteggere ... sarà difficile ma sarà come dev'essere" mi viene in mente un'altra canzone:

<<Chissà... Chissà domani... Su che cosa metteremo le mani...

chissà come sarà lui domani

su quali strade camminerà

cosa avrà nelle sue mani.. le sue mani

si muoverà e potrà volare

nuoterà su una stella...aspettiamo che ritorni la luce

di sentire una voce...>>.

La prossima volta le farò ascoltare anche questa.

Mi affaccio al balcone pensierosa.

Le nuvole si stanno dissolvendo lasciando alle stelle la possibilità di esprimere il proprio bagliore.

"E Quindi uscimmo a riveder le stelle"

Penso che le stelle che appaiono dopo un cielo che minaccia tempesta o dopo un momento oscuro sono sempre le più belle. Proprio come il domani che certe volte si nasconde, come le stelle, oltre il cielo cupo delle paure...e forse è proprio quell'oscurità che ci aiuta a vederlo meglio.

🎶...Aspettiamo senza avere paura...domani...🎶

Fischietto e penso all'ennesimo turno di notte che mi cambierà per sempre.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 2 ottobre 2024

Un bambino sereno è un bambino felice

 UN BAMBINO SERENO 

E’ UN BAMBINO FELICE

Vivere e ridere vanno di pari passo. Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

La serenità crea uno stato emotivo che permette di vivere leggeri, sani, solari. La serenità ci migliora sempre, mentre la tristezza ci peggiora sempre.

Sono parole pesate quelle che diciamo; così pesate che Franco Frabboni psicopedagogista dell'Università di Bologna ci avverte: “Se un bambino non ride, bisogna preoccuparsi e se, nonostante tutti gli sforzi non riusciamo a farlo ridere, è bene rivolgersi ad uno specialista”.

A conti fatti, si potrebbe dire che chi non ride, ha sbagliato a nascere. Si potrebbe dire che vivere e ridere vanno di pari passo. Uno dei più originali e acuti pensatori del secolo scorso, Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

Alcuni dicono che il mondo è di chi si alza presto al mattino. Sbagliato! Il mondo non è di chi si alza presto, ma di chi è felice di alzarsi!

Chi è felice di alzarsi vive; chi non lo è, si lascia vivere. Insomma, è dovere passare alla serenità.
Ne va di mezzo la nostra crescita umana! Che fare, dunque?
Proponiamo alcune mosse concrete.

Evitiamo i trabocchetti
Non complichiamoci la vita. Perché crogiolarsi con mille ansie? Perché usare la testa come portaspilli? Liberiamoci dai trabocchetti in cui tanti inciampano con pesanti conseguenze per la serenità. La mente corre immediatamente ai tre trabocchetti più frequenti nei quali cadono i genitori d'oggi.
• Primo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino da manuale'. Sul libro di Psicologia è scritto che il piccolo a tre mesi deve fare il primo vero sorriso; al termine dell'anno deve iniziare a parlare; dopo otto minuti dalla pappa, deve fare il ruttino... “Ma il nostro non si comporta così! Sarà anormale?”.
• Secondo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino del vicino': “Quello sì che è bravo! Studia, ubbidisce, aiuta, non come il nostro che...”.
• Terzo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino televisivo'. Il bambino televisivo è sempre perfetto: intelligente, biondo, non suda mai, non fa capricci. “Il nostro, invece, è un disastro!”.
Perché abboccare? Il bambino da manuale è un'astrazione che si trova solo sulla carta. Il bambino del vicino potrebbe essere un'illusione: il prato che confina con il nostro potrebbe essere artificiale. Il bambino televisivo è, quasi sempre, una truffa interessata.
Insomma, godiamoci il nostro bambino che è un capolavoro come lo sono tutti (ognuno in modo unico e irripetibile!) i bambini del mondo!

Godiamoci le gioie senza soldi
Vi sono occasioni di felicità sparse ovunque, lungo tutta la giornata che non richiedono soldi.
Nulla è più facile che esemplificare:
• Guardare un bambino che ride.
• Accarezzare chi ci ama.
• Ritrovare un oggetto che avevamo smarrito.
• Sentire lo squillo del telefono quando si è innamorati.
• Ricevere gli esami fatti all'ospedale, attestanti che non vi è da preoccuparsi per niente.
• Svegliarsi dopo aver dormito bene.
• Contemplare il tramonto.
• L'onda calma del mare che mi accarezza i piedi.
• La trasparenza di un lago alpino.
• Il sussurro delle foglie sugli alberi.
• La coda dello scoiattolo.
• La trota con i puntini rossi.
• La simmetria delle stelle marine.
• Sentire il canto del cardellino che, dopo il lungo inverno, annuncia l'arrivo della primavera...
L'elenco potrebbe benissimo continuare.
Grazie a Dio vi sono nel mondo i germi gratuiti di felicità sparsi ovunque.
Chi è saggio li trova e li assapora per dare ossigeno alla gioia di vivere, la potenza più forte del mondo, capace di fare della terra la prova generale del paradiso.

Spargiamo gioia
Molti lettori, forse, ricorderanno il noto frate francescano che parlava alla televisione, Padre Mariano. Ebbene, questo padre che incontrava la simpatia di tutti, aveva un meraviglioso motto di sole quattro parole: “Dare gioia, che gioia!”. Verissimo!
La gioia è una merce strana; più ne dai e più ne hai! Più la dividi e più si moltiplica. La semini nel giardino del vicino e la vedi fiorire nel tuo!
Lo scrittore e patriota Nicolò Tommaseo riassumeva tutta la sua filosofia sulla gioia in questa frase: “Il più felice dei felici è chi fa altri felici”. Gesù era stato ancora più sintetico: “È più bello dare che ricevere” (At 20, 35).
D'ora in poi, dunque, non è più il caso di chiedere d'essere felice, basterà chiedere d'essere utile: la gioia verrà data per giunta... e sarà un passo da gigante sulla strada del nostro farci uomini umani!

PASSA PAROLA
• Un sorriso fatto ai vivi è meglio di una fontana di lacrime sparse per i morti.
• A tavola una bella risata è la miglior portata.
• La gioia non ha bisogno di sbornie!
• Se riesci a riderci sopra, vuol dire che tutto andrà a posto.
• Il successo è avere ciò che si vuole. La felicità è volere ciò che si ha.
• Vi sono uomini che lavorano anni per appiattire la pancia e non fanno il minimo sforzo per imparare ad essere felici. Dov'è finito il buon senso?
• La preghiera più urgente, oggi: “Signore, fa che i cattivi diventino buoni e i buoni diventino simpatici!”.

Autore: Pino Pellegrino

Fonte: www.biesseonline.sdb.org

 

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