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domenica 9 maggio 2021

Un albero chiamato vita

 Rubrica: Danzanti col vento...storie di educatori appassionati


UN ALBERO CHIAMATO VITA


I ragazzi che sono in Casa Famiglia, sono foglie che danzano al vento. Col tempo impari a riconoscere la potenza del suo soffio e sai che devi muoverti con ritmo frenetico o con passi lievi. Loro, le nostre foglioline, anche quando sembrano sul punto di volare via, le scopri in cerca di linfa, tenacemente aggrappate a noi, rami di un albero chiamato Vita.


Se Danzo col vento

che soffia impetuoso

il mondo, improvviso,

diventa pauroso.

I mostri che ho dentro

diventan reali

resto impietrita

e maledico la vita.

Ma quando il vento

come brezza leggera

prova a soffiare,

il mio cuore impaurito

ritrova il battito smarrito,

se mi tendi le mani

con timidi passi

mi ritrovo a danzare,

sono ancora bambina,

e i miei sogni violati,

lascian tutti disarmati.


 De Martino Stefania

(Educatrice presso Casa Famiglia Murialdo)

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Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 5 maggio 2021

Danzanti col vento...storie di educatori appassionati

DANZANTI…COL VENTO

Storie di educatori appassionati

 

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa sfociando in parole nere scritte di getto sul bianco, perché le cose a cui pensare sono tante, troppe forse e non v’è posto per tutto ma… il nostro tutto è prezioso perché il nostro “tutto” sono i nostri ragazzi.

Il lockdown e le restrizioni che il Covid ci ha imposto violentemente nell’ultimo anno oltreché le difficoltà emotive e le preoccupazioni ad un certo punto hanno scosso le nostre fondamenta di pensiero al punto da trasformarsi in parole narranti.

Cumuli e cumuli di parole svolazzavano nelle nostre menti e necessitavano per spessore e per beltà di dover essere riprodotte sulla carta perché tante ne erano si, ma tanto reali e speciali da non poter essere solo nostre. Per sopravvivere alle tante parole, la mente ha trovato giovamento nello  scrivere. Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Educare, qui nel nostro piccolo mondo è sinonimo di pensiero, ascolto, riflessione, ironia, progettazione e riprogettazione e…danza.

Già…Noi educatori danziamo con i nostri ragazzi sulle note di suoni mai sentiti, di parole nuove, di frasi incomplete, di paure e di incertezze.

Danziamo sulle parole che affollano la mente a fine turno, su quelle parole che vorticano caotiche in cerca di una giusta e calma dimora.

Ma la calma è tanto dimora di questo mestiere quanto lo è la tormenta.

Per rileggere il nostro lavoro, i nostri errori o i nostri progressi, siamo diventati scrittori di quanto accade nelle nostre case. Siamo diventati girovaghi di pensiero narranti dei giorni che trascorriamo con i nostri ragazzi e ragazze, bambini e bambine.

La loro storia si intreccia con i nostri percorsi di vita, con la nostra formazione che non è mai abbastanza. Noi cerchiamo, a tentoni, fra ricerca, studio e creatività, schizzi flebili di futuro da costruire sulle tracce spesso rovinose o spesso troppo nitide di frammenti di  non sempre noto passato.

Cosa fa un educatore? Vive la giornata con i ragazzi; pranza, cena, spesso cucina,  si occupa della casa, supporta nei compiti, è fautore dell’ordine nel caos più dirompente…fino a quando…fino a quando la sua figura “necessariamente” diviene superflua, perché da soli i ragazzi sappiano fare quanto descritto e molto più…sappiano cavarsela da soli.

L’educatore appare sapendo di dover necessariamente scomparire ad un certo momento.

L’educatore accompagna, sogna con i ragazzi, si illude, delira e scompare lasciando brevi tracce del suo passaggio.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento, coscienti che esso ha mille e più modi per porsi al nostro sguardo, per sospingerci nel suo vorticoso ma incantato soffio.

A voi ed ai nostri meravigliosi ragazzi dedichiamo la bellezza di queste parole.


Gli educatori che danzano col vento…

A cura di:

Pittari Chiara (Pedagogista, Educatrice presso Casa Famiglia Murialdo)

Di Sabato Stefano (Educatore presso Centro Educativo Diurno Coop. Paidòs)

De Martino Stefania (Educatrice presso Casa Famiglia Murialdo)

Russo Francesca (Psicologa, Educatrice presso Casa Famiglia Murialdo)

Clemente Maria Letizia (Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

Monda Roberta (Psicologa Psicoterapeuta presso Coop. Paidòs)

 

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giovedì 29 aprile 2021

I bambini non imparano quando vengono sgridati

 I BAMBINI NON IMPARANO 

QUANDO VENGONO SGRIDATI

Le urla sono come lance, come dardi avvelenati. A volte pensiamo che urlando il bambino reagisca e “impari la lezione” ma non è cosi’. Reagisce perché fa male e perché ha paura. Reagisce perché gli hanno appena fatto del male e non vuole che glie ne facciano di nuovo, ma non impara nulla.

Potremmo spiegare cosa accade quando un bambino obbedisce solo per paura e non per rispetto o empatia. Ma c’è una ragione ancora più potente per cui decidere di eliminare le urla dalla tua vita: una ragione chimica.

    Il cervello impara meglio in un ambiente sicuro e protetto . E non solo quello dei bambini. Numerosi studi hanno dimostrato che anche gli adulti lavorano e hanno prestazioni migliori in un ambiente “amichevole”, dove il rispetto prevale sulle urla.

    Quando si urla, si attiva l’emozione della paura e questo blocca un’area dell’amigdala che impedisce il passaggio di nuove informazioni. L’amigdala è responsabile, tra le altre cose, della regolazione delle emozioni. Le archivia e le regola. Secondo Justin Feinsten, scienziato dell’Università dell’Iowa (USA), quando l’amigdala rileva un pericolo (come le urla), attiva una risposta che ci allontana dalla minaccia.

    Quando si urla, il cervello attiva una sorta di “modalità di sopravvivenza” . L’area del sistema limbico dove si trova l’amigdala, dispiega una sorta di “scudo” per proteggersi dalle urla.

    Urlare colpisce direttamente l’amigdala. L’amigdala è come una “sentinella delle emozioni” , ed è responsabile di attivare in noi la vigilanza o il buon senso, o di dare l’ordine di “fuggire” in caso di pericolo. Lo fa attraverso neurotrasmettitori che attivano sostanze come dopamina, adrenalina, glucorticoidi …

    L’amigdala è anche responsabile della conservazione dei ricordi legati alle emozioni. Le urla genereranno ricordi negativi nella memoria . E sì, secondo le conclusioni di numerosi studi neuroscientifici, l’ amigdala gioca un ruolo importante nell’apprendimento durante l’infanzia.

E bene. Non significa che non puoi mai urlare. Puoi farlo, sì, come mezzo per sfuggire dal tuo stress , dalla tua angoscia, come sfogo vitale. Ma non come arma educativa. Non davanti ai bambini. Puoi aprire la finestra e urlare. Puoi scalare una montagna e urlare questo ti consente di rilasciare le paure, le paure, la rabbia e lo stress accumulato. Di fronte ai tuoi figli, fai un respiro profondo, conta fino a 10 e cambia l’urlo con qualcosa di più efficace e istruttivo.

Cosa fare invece di urlare ai bambini

Ci sono molti più metodi educativi positivi che avvantaggiano l’apprendimento dei bambini, ma richiedono impegno e molta pazienza da parte dei genitori:

·        Educazione emotiva

    Un bambino capace di gestire le proprie emozioni in ogni situazione è un bambino felice, capace di far fronte a situazioni di stress o conflitto. Se insegni ad entrare in contatto con le emozioni a tu figlio, sarà più facile per te imporre regole e limiti.

·        Tecnica sandwich

    È una tecnica educativa positiva che consiste nell’esporre le qualità positive del bambino prima di chiedere un cambiamento nel suo comportamento, per finire con parole positive di fiducia in lui per rafforzare la sua autostima.

·        Guadagnarsi il rispetto dei bambini

    Non devi gridare per guadagnarti il ​​rispetto dei bambini. Bastano disciplina e autorità, ma senza urla o minacce.

·        Genera più empatia in loro

    L’ empatia gli farà capire perché chiediamo loro una cosa o un’altra. Sapranno come “leggere” le nostre emozioni e capire perché a volte possiamo essere stressati e perdere le staffe.

·        Costruire una solida base di norme e limiti

    Una buona base di norme e limiti farà sì che i bambini obbediscano senza gridare , poiché avranno assunto ciò che non possono fare in nessuna circostanza.

Fonte: www.educazioneemozionale.it

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