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Rubrica: Danzanti col vento...storie
di educatori appassionati
UN ALBERO CHIAMATO VITA
I ragazzi che
sono in Casa Famiglia, sono foglie che danzano al vento. Col tempo impari a
riconoscere la potenza del suo soffio e sai che devi muoverti con ritmo
frenetico o con passi lievi. Loro, le nostre foglioline, anche quando sembrano
sul punto di volare via, le scopri in cerca di linfa, tenacemente aggrappate a
noi, rami di un albero chiamato Vita.
Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie
di educatori appassionati
Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma
di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi
salvataggio indelebile, la messa al sicuro
dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.
Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita
vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a
sentirsi parte di una casa, parte di una
famiglia…
Un giorno abbiamo
deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una
giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i
giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose
giornate di pioggia.
Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di
rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo e danziamo col vento.
Da un po’ di tempo la
mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso
straripa sfociando in parole nere scritte di getto sul bianco, perché le cose a
cui pensare sono tante, troppe forse e non v’è posto per tutto ma… il nostro
tutto è prezioso perché il nostro
“tutto” sono i nostri ragazzi.
Il lockdown e le restrizioni che il Covid ci ha imposto
violentemente nell’ultimo anno oltreché le difficoltà emotive e le
preoccupazioni ad un certo punto hanno scosso le nostre fondamenta di pensiero
al punto da trasformarsi in parole narranti.
Cumuli e cumuli di parole svolazzavano nelle nostre menti e
necessitavano per spessore e per beltà di dover essere riprodotte sulla carta
perché tante ne erano si, ma tanto reali e speciali da non poter essere solo
nostre. Per sopravvivere alle tante parole, la mente ha trovato giovamento
nelloscrivere. Lo scrivere è diventato
per noi salvataggio indelebile, la messa
al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.
Educare, qui nel nostro piccolo mondo è sinonimo di pensiero, ascolto, riflessione,
ironia, progettazione e riprogettazione e…danza.
Già…Noi educatori
danziamo con i nostri ragazzi sulle note di suoni mai sentiti, di parole
nuove, di frasi incomplete, di paure e di incertezze.
Danziamo sulle parole che affollano la mente a fine turno, su
quelle parole che vorticano caotiche in cerca di una giusta e calma dimora.
Ma la calma è tanto dimora di questo mestiere quanto lo è la
tormenta.
Per rileggere il nostro lavoro, i nostri errori o i nostri
progressi, siamo diventati scrittori di quanto
accade nelle nostre case. Siamo diventati girovaghi di pensiero narranti dei
giorni che trascorriamo con i nostri ragazzi e ragazze, bambini e bambine.
La loro storia si
intreccia con i nostri percorsi di vita, con la nostra formazione che non è mai abbastanza. Noi
cerchiamo, a tentoni, fra ricerca, studio e creatività, schizzi flebili di
futuro da costruire sulle tracce spesso rovinose o spesso troppo nitide di
frammenti di non sempre noto passato.
Cosa fa un educatore? Vive
la giornata con i ragazzi; pranza, cena, spesso cucina, si
occupa della casa, supporta nei compiti, è fautore dell’ordine nel caos più
dirompente…fino a quando…fino a quando
la sua figura “necessariamente” diviene superflua, perché da soli i ragazzi
sappiano fare quanto descritto e molto più…sappiano cavarsela da soli.
L’educatore appare
sapendo di dover necessariamente scomparire ad un certo momento.
L’educatore accompagna,
sogna con i ragazzi,
si illude, delira e scompare lasciando brevi tracce del suo passaggio.
Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita
vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a
sentirsi parte di una casa, parte di una
famiglia…
Un giorno abbiamo
deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una
giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i
giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose
giornate di pioggia.
Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di
rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo e danziamo col vento, coscienti che esso
ha mille e più modi per porsi al nostro sguardo, per sospingerci nel suo
vorticoso ma incantato soffio.
A voi ed ai nostri meravigliosi ragazzi dedichiamo la
bellezza di queste parole.
Gli educatori che
danzano col vento…
A cura di:
Pittari Chiara (Pedagogista, Educatrice presso Casa Famiglia Murialdo)
Di Sabato Stefano (Educatore presso Centro Educativo Diurno
Coop. Paidòs)
De Martino Stefania (Educatrice presso Casa Famiglia
Murialdo)
Russo Francesca (Psicologa, Educatrice presso Casa
Famiglia Murialdo)
Clemente Maria Letizia (Pedagogista, Educatrice presso
la Casa Famiglia Murialdo)
Monda Roberta (Psicologa Psicoterapeuta presso Coop. Paidòs)
Le urla sono come lance, come dardi
avvelenati. A volte pensiamo che urlando il bambino reagisca e “impari la
lezione” ma non è cosi’. Reagisce perché fa male e perché ha paura. Reagisce
perché gli hanno appena fatto del male e non vuole che glie ne facciano di
nuovo, ma non impara nulla.
Potremmo
spiegare cosa accade quando un bambino obbedisce solo per paura e non per
rispetto o empatia. Ma c’è una ragione ancora più potente per cui decidere di
eliminare le urla dalla tua vita: una ragione chimica.
Il cervello impara meglio in un ambiente
sicuro e protetto . E non solo quello dei bambini. Numerosi studi hanno
dimostrato che anche gli adulti lavorano e hanno prestazioni migliori in un
ambiente “amichevole”, dove il rispetto prevale sulle urla.
Quando si urla, si attiva l’emozione della
paura e questo blocca un’area dell’amigdala che impedisce il passaggio di nuove
informazioni. L’amigdala è responsabile, tra le altre cose, della regolazione
delle emozioni. Le archivia e le regola. Secondo Justin Feinsten, scienziato
dell’Università dell’Iowa (USA), quando l’amigdala rileva un pericolo (come le
urla), attiva una risposta che ci allontana dalla minaccia.
Quando si urla, il cervello attiva una
sorta di “modalità di sopravvivenza” . L’area del sistema limbico dove si trova
l’amigdala, dispiega una sorta di “scudo” per proteggersi dalle urla.
Urlare colpisce direttamente l’amigdala.
L’amigdala è come una “sentinella delle emozioni” , ed è responsabile di
attivare in noi la vigilanza o il buon senso, o di dare l’ordine di “fuggire”
in caso di pericolo. Lo fa attraverso neurotrasmettitori che attivano sostanze
come dopamina, adrenalina, glucorticoidi …
L’amigdala è anche responsabile della
conservazione dei ricordi legati alle emozioni. Le urla genereranno ricordi
negativi nella memoria . E sì, secondo le conclusioni di numerosi studi neuroscientifici,
l’ amigdala gioca un ruolo importante nell’apprendimento durante l’infanzia.
E bene. Non
significa che non puoi mai urlare. Puoi farlo, sì, come mezzo per sfuggire dal
tuo stress , dalla tua angoscia, come sfogo vitale. Ma non come arma educativa.
Non davanti ai bambini. Puoi aprire la finestra e urlare. Puoi scalare una
montagna e urlare questo ti consente di rilasciare le paure, le paure, la
rabbia e lo stress accumulato. Di fronte ai tuoi figli, fai un respiro
profondo, conta fino a 10 e cambia l’urlo con qualcosa di più efficace e
istruttivo.
Cosa fare invece di urlare ai bambini
Ci sono
molti più metodi educativi positivi che avvantaggiano l’apprendimento dei
bambini, ma richiedono impegno e molta pazienza da parte dei genitori:
·Educazione
emotiva
Un bambino capace di gestire le proprie
emozioni in ogni situazione è un bambino felice, capace di far fronte a
situazioni di stress o conflitto. Se insegni ad entrare in contatto con le
emozioni a tu figlio, sarà più facile per te imporre regole e limiti.
·Tecnica
sandwich
È una tecnica educativa positiva che
consiste nell’esporre le qualità positive del bambino prima di chiedere un
cambiamento nel suo comportamento, per finire con parole positive di fiducia in
lui per rafforzare la sua autostima.
·Guadagnarsi
il rispetto dei bambini
Non devi gridare per guadagnarti il
rispetto dei bambini. Bastano disciplina e autorità, ma senza urla o minacce.
·Genera
più empatia in loro
L’ empatia gli farà capire perché chiediamo
loro una cosa o un’altra. Sapranno come “leggere” le nostre emozioni e capire
perché a volte possiamo essere stressati e perdere le staffe.
·Costruire
una solida base di norme e limiti
Una buona base di norme e limiti farà sì
che i bambini obbediscano senza gridare , poiché avranno assunto ciò che non
possono fare in nessuna circostanza.