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mercoledì 2 ottobre 2024

Un bambino sereno è un bambino felice

 UN BAMBINO SERENO 

E’ UN BAMBINO FELICE

Vivere e ridere vanno di pari passo. Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

La serenità crea uno stato emotivo che permette di vivere leggeri, sani, solari. La serenità ci migliora sempre, mentre la tristezza ci peggiora sempre.

Sono parole pesate quelle che diciamo; così pesate che Franco Frabboni psicopedagogista dell'Università di Bologna ci avverte: “Se un bambino non ride, bisogna preoccuparsi e se, nonostante tutti gli sforzi non riusciamo a farlo ridere, è bene rivolgersi ad uno specialista”.

A conti fatti, si potrebbe dire che chi non ride, ha sbagliato a nascere. Si potrebbe dire che vivere e ridere vanno di pari passo. Uno dei più originali e acuti pensatori del secolo scorso, Theilhard de Chardin sosteneva che “La gioia di vivere è la più grande potenza cosmica!”.

Alcuni dicono che il mondo è di chi si alza presto al mattino. Sbagliato! Il mondo non è di chi si alza presto, ma di chi è felice di alzarsi!

Chi è felice di alzarsi vive; chi non lo è, si lascia vivere. Insomma, è dovere passare alla serenità.
Ne va di mezzo la nostra crescita umana! Che fare, dunque?
Proponiamo alcune mosse concrete.

Evitiamo i trabocchetti
Non complichiamoci la vita. Perché crogiolarsi con mille ansie? Perché usare la testa come portaspilli? Liberiamoci dai trabocchetti in cui tanti inciampano con pesanti conseguenze per la serenità. La mente corre immediatamente ai tre trabocchetti più frequenti nei quali cadono i genitori d'oggi.
• Primo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino da manuale'. Sul libro di Psicologia è scritto che il piccolo a tre mesi deve fare il primo vero sorriso; al termine dell'anno deve iniziare a parlare; dopo otto minuti dalla pappa, deve fare il ruttino... “Ma il nostro non si comporta così! Sarà anormale?”.
• Secondo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino del vicino': “Quello sì che è bravo! Studia, ubbidisce, aiuta, non come il nostro che...”.
• Terzo trabocchetto: il trabocchetto del 'bambino televisivo'. Il bambino televisivo è sempre perfetto: intelligente, biondo, non suda mai, non fa capricci. “Il nostro, invece, è un disastro!”.
Perché abboccare? Il bambino da manuale è un'astrazione che si trova solo sulla carta. Il bambino del vicino potrebbe essere un'illusione: il prato che confina con il nostro potrebbe essere artificiale. Il bambino televisivo è, quasi sempre, una truffa interessata.
Insomma, godiamoci il nostro bambino che è un capolavoro come lo sono tutti (ognuno in modo unico e irripetibile!) i bambini del mondo!

Godiamoci le gioie senza soldi
Vi sono occasioni di felicità sparse ovunque, lungo tutta la giornata che non richiedono soldi.
Nulla è più facile che esemplificare:
• Guardare un bambino che ride.
• Accarezzare chi ci ama.
• Ritrovare un oggetto che avevamo smarrito.
• Sentire lo squillo del telefono quando si è innamorati.
• Ricevere gli esami fatti all'ospedale, attestanti che non vi è da preoccuparsi per niente.
• Svegliarsi dopo aver dormito bene.
• Contemplare il tramonto.
• L'onda calma del mare che mi accarezza i piedi.
• La trasparenza di un lago alpino.
• Il sussurro delle foglie sugli alberi.
• La coda dello scoiattolo.
• La trota con i puntini rossi.
• La simmetria delle stelle marine.
• Sentire il canto del cardellino che, dopo il lungo inverno, annuncia l'arrivo della primavera...
L'elenco potrebbe benissimo continuare.
Grazie a Dio vi sono nel mondo i germi gratuiti di felicità sparsi ovunque.
Chi è saggio li trova e li assapora per dare ossigeno alla gioia di vivere, la potenza più forte del mondo, capace di fare della terra la prova generale del paradiso.

Spargiamo gioia
Molti lettori, forse, ricorderanno il noto frate francescano che parlava alla televisione, Padre Mariano. Ebbene, questo padre che incontrava la simpatia di tutti, aveva un meraviglioso motto di sole quattro parole: “Dare gioia, che gioia!”. Verissimo!
La gioia è una merce strana; più ne dai e più ne hai! Più la dividi e più si moltiplica. La semini nel giardino del vicino e la vedi fiorire nel tuo!
Lo scrittore e patriota Nicolò Tommaseo riassumeva tutta la sua filosofia sulla gioia in questa frase: “Il più felice dei felici è chi fa altri felici”. Gesù era stato ancora più sintetico: “È più bello dare che ricevere” (At 20, 35).
D'ora in poi, dunque, non è più il caso di chiedere d'essere felice, basterà chiedere d'essere utile: la gioia verrà data per giunta... e sarà un passo da gigante sulla strada del nostro farci uomini umani!

PASSA PAROLA
• Un sorriso fatto ai vivi è meglio di una fontana di lacrime sparse per i morti.
• A tavola una bella risata è la miglior portata.
• La gioia non ha bisogno di sbornie!
• Se riesci a riderci sopra, vuol dire che tutto andrà a posto.
• Il successo è avere ciò che si vuole. La felicità è volere ciò che si ha.
• Vi sono uomini che lavorano anni per appiattire la pancia e non fanno il minimo sforzo per imparare ad essere felici. Dov'è finito il buon senso?
• La preghiera più urgente, oggi: “Signore, fa che i cattivi diventino buoni e i buoni diventino simpatici!”.

Autore: Pino Pellegrino

Fonte: www.biesseonline.sdb.org

 

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mercoledì 25 settembre 2024

Ho paura

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

HO PAURA

‘Ho paura di dimenticare questa casa, ho paura di dimenticare te…’.

Nonostante le enormi difficoltà, questa bambina si è sentita a casa ed ora è spaventata dal suo futuro, ma ognuno di noi lascia parti di sé per fare posto al nuovo, all’ignoto, alla vita. 

<<Ho paura di dimenticare. Ho paura di non ricordare niente, ho paura che un domani non saprò più chi sei>>.

Credo che Voldermort avesse volutamente compreso solo la parte oscura degli Horcrux. Lui aveva consapevolmente frammentato la propria anima e l'aveva distribuita in 6 cose per lui richiamanti il potere e la gloria. Una settima parte dell'anima l'aveva trasferita però ad Harry, senza volerlo, quando provò ad ucciderlo e l'amore di Lily si frappose fra loro.

In camera, una luce fioca proiettava le nostre ombre distorte sul muro; lei stringeva forte le sue mani attorno al mio busto lasciandomi quasi senza respiro.

Il volto rigato da lacrime pesanti e copiose di tanto in tanto singhiozzava. Ad ogni singhiozzo quell'abbraccio diventava sempre più stretto.

Il mio sguardo desolato si muove lento per la stanza ed indugia sulla pila di libri ed albi illustrati che troneggia sul mobile in alto. Osservo l'orsacchiotto enorme arrivato a Natale, il quadro con le foto appeso al muro. Osservo i lavoretti esposti in bella mostra... Vivo quel momento ed involontariamente ricostruisco i frammenti di una storia incredibile.

Quella stretta così forte, quelle lacrime, quella paura di dimenticare.

"La paura di dimenticare"...Ho sempre pensato che chiunque arrivasse in casa famiglia non volesse fare altro che dimenticarsene.

"Questa non è la mia casa"; è questa la frase sensata e giusta, non di certo: <<ho paura di dimenticare questa casa e ...te>>.

Nel mentre della mia riflessione, nel mentre avverto quella fitta che mi tormenta il petto ed i pensieri comprendo cosa stia straordinariamente accadendo.

Harry Potter può essere qualunque cosa ma non un manuale per educatori (o quasi). Eppure c'è qualcosa che stasera come non mai me lo richiama.

Una parte dell'anima può separarsi dalla propria interezza, mi dico; credo che la prima parte di anima di questo piccolo esserino si sia distaccata al momento del suo inserimento in comunità, forse quella parte si è ancorata alla sua casa, al mondo che conosceva prima di venire qui.

Un'altra parte credo che un po' alla volta si sia distaccata dall'intero per insinuarsi nelle pareti di questa casa o forse si sia rintanata nei disegni o forse riecheggi nel suono lento e lontano di canzoni di compleanno e ombre sfuggenti e passate proiettate sul muro.

E poi c'è una parte... Una parte credo che sia entrata nella mia di anima.

Stasera mi sento un Horcrux, ma non nel senso oscuro del termine. Il pianto di una bimba, anzi ormai di una ragazza, sta trasmettendo inconsciamente il suo mondo, il suo modo di vedere le cose, la sua essenza più pura a... me. Qualcosa di immensamente speciale si sta insinuando nella parte più profonda di me promettendomi di custodirla.

Senza volerlo questa bambina sta compiendo qualcosa di straordinario e di infinitamente non magico, qualcosa di reale: mi sta donando il ricordo di qualcosa che si sta evolvendo, il ricordo di una persona che (ed è questa la cosa straordinaria) "dopo tutto questo tempo", dopo tutte le difficoltà si è sentita a casa proprio nel posto più lontano che c'è da una "casa".

Questa sera io e questa casa siamo diventati Horcrux. Qualcosa di immensamente puro e speciale si è distaccato da quel corpo esile; una parte della sua anima si è legata alla mia ed altre ancora a questa casa non per renderla immortale ma bensì...frangibile. Per fare in modo che la sua interezza incompiuta possa assorbire qualcosa di nuovo, affinché possa crescere...ecco perché si è frammentata.

Forse nella nostra vita dopotutto ciascuno di noi lascia parti di sé stesso in una casa, in un libro, in una foto, su un campetto di calcio, in un'amore non corrisposto. Ed è proprio questo che ci consente di andare avanti, di fare posto al nuovo, all'ignoto... Alla vita.

<<Di una cosa sono certa: io non posso dimenticare perché non posso cancellare i tuoi ricordi dalla mia memoria così come non posso chiedere a questa casa di cancellare le ombre delle cose che sono state e che la rendono così speciale e poi io non voglio dimenticarti! Sapere questo mi basta.>>

La mia voce rallenta parola dopo parola, le mie mani accarezzano quel viso sottile. Sento la sua presa su di me diventare man mano più dolce e meno rigida.

È questa la vera magia... Il legame che si crea nel mentre di un abbraccio fra un educatore ed un bambino.

Osserviamo entrambe la parete arancione e ci sembra di rivedere le ombre cinesi che facemmo sere addietro per inventare una storia che rendesse la notte meno paurosa...

Riecheggiano nella mia mente quelle risate e lo scricchiolio di letti che si muovono. Quelle risate rimarranno lì nascoste fra le luci ed alle ombre; rimarranno dentro di me e dentro di lei. 

Horcrux... O forse molto meno.

Ma di certo è stato qualcosa di speciale.

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Mercoledì prossimo  si rinnoverà l’appuntamento con

‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia… 


mercoledì 18 settembre 2024

La sera che precede il primo giorno di scuola

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LA SERA CHE PRECEDE IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA

L'aria profuma di libri e quaderni nuovi e vibra di tensione; grembiuli di ogni colore sventolano delicati dalle loro crocette e gli zainetti dalla forme più svariate attendono impazienti solo di essere posti in spalla. Si inizia! 

Le dinamiche della sera che precede il primo giorno di scuola in casa famiglia sono ormai consolidate. La nostra sera si colora dei vestiti sparpagliati sui letti in bella mostra per facilitare la ricerca frenetica del giusto abbinamento. Ogni cosa brilla di mille e mille paillettes colorate e di faccine di unicorno curiose che sbucano curiose da quaderni, penne e adesivi; persino gli astucci nuovi sono carichi di quella palpabile eccitazione di mostrare tronfi a tutti il proprio esorbitante contenuto.

Il primo giorno di scuola invece lo si riconosce dall'aria: l'aria profuma di libri e quaderni nuovi e vibra di tensione. Lunghe trecce prendono forma e buffi elastici a forma di coniglio emergono dalle pochette per adornare i capelli sistemati con cura, grembiuli di ogni colore sventolano delicati dalle loro crocette e gli zainetti dalla forme più svariate attendono impazienti solo di essere posti in spalla. La tavola, non da meno, si adorna delle tazze colorate, dei cucchiaini, dei biscotti e di qualcosa di buono appena sfornato. Il risveglio si vede dal mattino e mi piace tantissimo quando gli occhi si sgranano dal loro risveglio sonnacchioso alla vista delle brioches alla crema e al cioccolato che attendono sul tavolo di esser assaggiate. Adoro le manine che ne tastano la calda morbidezza, quei nasini che si riempiono del loro profumo e quelle guance che si distendono e si muovono al goloso assaggio, il tempo cede la sua smania di velocità e per qualche secondo si siede a tavola con noi rallentando il suo trepidante ritmo; tutto è calmo.

Pochi attimi di serenità anticipano un anno di corse e compiti da fare, impegni e scadenze...ma ora tutto questo per ora non ci importa.

L'attesa così è talmente buona e questo primo giorno di scuola rivestito di tale lenta e dolce golosità ci piace da matti.

Manine stringono le mie mani per attraversare la strada, la classe si apre, il bacio e l'abbraccio prima di andare via...Si inizia.

Buon inizio anno dolcissimo a tutti!

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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giovedì 11 aprile 2024

Ogni bambino lascia un segno profondo nella nostra anima

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

OGNI BAMBINO LASCIA UN SEGNO PROFONDO NELLA NOSTRA ANIMA

L’educatore è un viaggiatore che naviga nello spazio. Spesso vola con le comete, ma sa che un giorno dovrà fermarsi ed ammirare le comete che continuano il loro viaggio da sole. 

La verità è che questo lavoro ti scuote nel profondo. Ti disarma, ti sgretola... Ti ricompone. Ogni bambino/a, ragazzo/a lascia dei segni così profondi del proprio passaggio nell'anima di un educatore al punto che mi dico di essere un vecchio pianeta disperso nell'universo a libero contatto e bersaglio di centinaia di stelle cadenti e meteoriti. Ogni solco o cratere lasciati dal passaggio potente o potentemente delicato dagli impatti degli altri astri, che intaccano la mia atmosfera ed il mio modo di essere nel mondo, rendono il mio suolo unico, irripetibile e ricco... Ricco di anima, di storia, di narrazioni.

Ho cominciato, con questo lavoro, ad attribuire alla notte una visione totalmente altra del semplice calar del sole. Ho scoperto che il turno di notte fosse il mio preferito ma non sapevo spiegarmi bene perché...

Ieri sera però ogni cosa è diventata chiara e nitida: è di notte che si vedono meglio le stelle, di giorno si sa che sono lì, ma la luce le nasconde...

Di notte invece brillano, illuminano la mia consapevolezza di essere custode di un qualcosa di così immensamente prezioso.

Sono la custode, durante il mio turno, di stelle, di pianeti e di galassie che brillano di luce propria ma la cui vista è possibile solo se si possiede il giusto sguardo.

Avevo iniziato a guardare le stelle con insistenza durante i mesi bui della pandemia o forse solo in quel periodo avevo imparato a guardare il cielo. Qualcuno durante quelle notti paurose mi sedeva accanto e osservava quello spettacolo unico assieme a me. Una sera aveva poggiato la sua testa sulla mia spalla e quel momento aveva dato inizio al nostro nuovo viaggio.

Io vecchio pianeta o forse misero asteroide ho compreso di avere la facoltà di osservare il passaggio delle vite di astri in carne ed ossa, di prendermene cura per pochi istanti, per poi vederli andare via e volgersi a chissà quali cieli.

Al mattino prima di alzare la tapparella e mostrare al mondo la loro sonnacchiosa sembianza terrena grido: <<Buongiorno Astronauti!>>; a sera prima della carezza della buonanotte ci auguriamo <<Buon viaggio e sogni belli>> perché è così che vedo queste ragazze e questi ragazzi; viaggiatori di un mondo che spesso non merita la loro grandiosità...

La notte merita di diventare un viaggio spericolato fra pianeti e avventure degne della fantasia di un bambino e non delle brutture della vita che non merita.

Ieri una stella cadente mi è passata accanto ed ha lasciato un segno tangibile del suo prezioso passaggio.

Un nuovo cratere si è formato silenziosamente sul mio suolo, il tutto mentre leggevo queste righe... Ho sentito il potere del suo impatto sgretolare la superficie del mio mondo parola dopo parola.

Continuo a navigare per le immense oscurità dell'universo e mentre lo faccio appongo commossa, una nuova lezione al mio manuale:

<<L'educatore scruta il cielo alla ricerca di astri, pianeti e galassie sapendo che ad ogni osservazione del cielo la propria vita sarà un pezzetto più complessa di prima. Egli naviga per lo spazio e se è fortunato per un po' avrà la fortuna di volare assieme alle comete... Ma l'educatore è un viaggiatore e per tanto sa che prima o poi le comete proseguiranno il proprio cammino, lui o lei si fermerà alle loro spalle, consapevole di vederle prima o poi sparire all'orizzonte. Sono fortunati gli educatori... a loro spetta il compito di vegliare, testimoniare sui bagliori dell'universo e quei bagliori: sono le vite dei ragazzi.>>

<<Io sono Fortunata>> lo scrissi il giorno della mia laurea... E quanto avevo ragione a crederlo.

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

mercoledì 28 febbraio 2024

Ma starò facendo la cosa giusta?

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

MA STARO’ FACENDO LA COSA GIUSTA?

Un piccolo foglietto ha annullato in pochi istanti tutti i miei grigi ed umidi pensieri; leggendolo ho ricordato una storia, il come è iniziata, il suo svolgimento, le sue difficoltà; quelle parole colorate hanno inondando la mente e l'anima di cose e di ricordi belli. La paura di sbagliare certe volte insegna anche a cadere e forse ad aver voglia di rimettersi a correre e a saltare, e per fortuna oggi sono ancora qua.

Sono settimane o forse mesi che ormai non scrivo. Ultimamente ho attraversato quel momento della vita in cui ogni cosa è attraversata dall'incertezza; ogni giorno era un continuo di domande: stavo lavorando con la stessa passione di prima? Sono cambiata? Mi sono persa?

Ultimamente mi chiedevo se avessi compreso correttamente questo lavoro o se fosse il caso di ricalcolare e mettere in discussione ogni aspetto del mio modo di essere educatrice.

Oggi ho riletto le mie tesi di laurea, gli appunti di quando facevo tirocinio, le riflessioni di una me di tanto, tantissimo tempo fa... l'ho fatto perché temevo di non riconoscermi in quegli scritti, l'ho fatto perché temevo di essere diventata grande... troppo grande.

Questa sera sono venuta a lavoro piena di pensieri; mi capita sempre più spesso. Procedo nella vita come se fossi guidata da un navigatore immaginario che continuamente impone il ricalcolo di ogni parte di me. Ricalcolo quando parlo a scuola con i bambini dei progetti, ricalcolo quando a lavoro mi sento impreparata, ricalcolo quando sono delusa o amareggiata, ricalcolo quando mi accorgo che le cose potrebbero essere differenti o migliori. Questa sera, arrivata in comunità, ho guardato la finestra della stanza degli educatori come facevo i primi tempi per vedere se ne riconoscessi i colori, le ombre e i ricordi ma... niente; c'era solo una stupida immobile finestra.

Poi ho trovato queste lettere sparse per la casa, come accade ogni sera. Questa volta però sul tavolino c'era un qualcosa che mi ha lasciato disarmata: un piccolo foglietto che ha annullato in pochi istanti tutti i miei grigi ed umidi pensieri; leggendole ho ricordato una storia, il come è iniziata, il suo svolgimento, le sue difficoltà; ricordo che con questo inserimento non mi ero mai sentita più inadatta e spaesata... Eppure eccomi qua.

A distanza di anni osservo la meraviglia contenuta in questi fogli, in quei colori brillanti.

Quando ci fu questo inserimento mi sembrava di sbagliarle tutte; temevo di non riuscire a cogliere i momenti, i segnali, i modi.

Ricordo pianti, grida, ricordo quegli sguardi... Ricordo che ogni turno era pesante e demotivante.

Stasera ero in camera con questi fogli fra le mani ...gli occhi erano fissi, immobili come se stessero registrando il momento, alcune lacrime scendevano copiose sulle guance per poi disperdersi sulla maglietta.

Era da tanto, tantissimo tempo che non mi sentivo così tanto: me stessa.

Era da tanto che non sentivo quel calore in petto che potesse accarezzare i miei dubbi e le mie paure che scuotevano il mio mondo con oscuri terremoti di insicurezza; quelle parole colorate stavano inondando la mente e l'anima di cose e di ricordi belli: i primi biscotti, la prima nuotata, la prima torta, il primo film, il primo libro letto assieme, i vestiti nuovi per la cena di Natale, il primo lavoretto e la tovaglia sporca di pittura verde, la prima volta sdraiate per terra a guardare le stelle, la prima volta in cui si lasciarono sfiorare dalla mia mano, il primo abbraccio, il primo <<Ti voglio bene>>, la prima volta in cui ho sentito il buffo appellativo: <<Chiaranetta>>.

Ogni singolo momento è apparso vivido nella mia mente quasi fossi la spettatrice in un deserto cinema dei ricordi; a parte la nostra presenza, non vi era nessuno... c'eravamo solo noi.

Ed io, spettatrice felice, ero a casa finalmente, più vicina a me stessa di quanto non lo fossi stata negli ultimi mesi. Senza accorgermene le ho strette forte a me, grata di quel momento, grata di quelle parole, grata di tanta bellezza. Ho parlato pochissimo, ho ascoltato tanto, ho riempito i miei occhi di quei sorrisi, di quelle frasi buffe ed ora mi accorgo che i miei dubbi non sono scomparsi, sono solo laggiù in fondo dentro me, e credo che in fondo mi servano per mantenermi in allenamento costante per il cambiamento. La paura di sbagliare certe volte insegna anche a cadere e forse ad aver voglia di rimettersi a correre e a saltare.

Forse i dubbi aumentano perché aumentano le cose da imparare, o forse alle volte occorre capire che si rimane sé stessi anche quando si ha paura, anche quando si cresce e si cambia.

Una lettera, un disegno, una preziosa indicazione... Io, il mio essere educatrice, i respiri lenti di bimbe che riposano serene.

Quella finestra si, la riconosco e riconosco anche me stessa riflessa su quei vetri.

Quel riflesso lo devo a loro, alla loro capacità di mettere in bilico la mia essenza, alla loro capacità di scuotermi e di educarmi a danzare con il vento...

Bentrovata Chiaranetta. 

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mercoledì 21 febbraio 2024

Una dolce domenica in Casa Famiglia

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

UNA DOLCE DOMENICA IN CASA FAMIGLIA

La domenica è un giorno in cui il tempo scorre lento, ci si può dedicare alla cucina, al gioco, alla fantasia che ci fa viaggiare tra galassie e pianeti lontani. La casa profuma delle risate delle bimbe, del profumo delle cose belle.

Durante la settimana i turni sono sempre veloci: ci sono i compiti, gli impegni della scuola, lo sport, e tutte gli impegni speciali tipici dei ritmi di una comunità educativa.

Durante la settimana vi è sempre troppo poco tempo per dedicarsi alla lentezza; ecco perché adoro il turno della domenica in Casa Famiglia.

Il turno della domenica è un turno dolcemente lento. Ci si può dedicare alla cucina: si possono preparare cose buone e speciali prendendosi tutta la calma del mondo: la crema pasticcera si riposa lentamente dalla sua calda cottura, il sugo sobbolle lento mentre smuove le foglie di basilico che galleggiano pigre su quel mare rossastro. Il forno lascia che le zeppole si gonfino fino ad esplodere in tutta la loro vanitosa pienezza, gli gnocchi vengono a galla, prima uno, poi dieci, poi tutti. Il profumo del polpettone e delle patate si diffonde per la casa invogliando tutti ad accomodarsi per essere degustato.

La tovaglia viene scelta con attenzione: deve essere la più bella, la più colorata, la più idonea ad accogliere le dolci commensali che apparecchiano con estrema cura. La mozzarella si scioglie a contatto con gli gnocchi caldi diventando golosamente filamentosa.

Il pranzo inizia alle due o forse alla tre ma cosa importa? Il tempo accarezza lentamente il pomeriggio e si riempie di risate, tintinnii delle posate e dei bicchieri. I piatti si riempiono e si svuotano. Le guance si sporcano di sugo, poi di crema finché non si rilassano tronfie nel sorriso che solo la sazietà del dopo pranzo sa evidenziare.

La tavola si sgombera e lascia posto a colori di ogni tipo, cartoncini, forbicine e penne glitterate; manine si macchiano di giallo, di rosso, di verde e di blu. Picchiettano, spennellano, incollano, scrivono, evidenziano il dettaglio, realizzano meraviglie.

Un proiettore illumina una camera. Galassie e costellazioni appaiono in quello che una volta era un banale soffitto. Una coperta scozzese è adagiata a terra sulla quale quattro persone si godono la vista di quel viaggio immaginario nello spazio. Non saprei per quanto tempo abbiamo volteggiato nello spazio su quella coperta, forse alcuni minuti o forse anni e anni luce.

Nel frattempo c'è chi ha riacceso il forno e sta preparando le pizzette al pomodoro con l'impasto che lento lento è cresciuto nella sua ciotola per tutto il pomeriggio.

La porta dell'ingresso si muove scattando annunciando l'ingresso della collega per il cambio turno. Il mio turno sembrava iniziato da poco invece è già finito.

Al momento di chiudere la porta della casa famiglia alle mie spalle mi riempio le narici e le orecchie di quei profumi e di quei suoni; durante la settimana c'è sempre troppo poco tempo per fare tutto. Riempio la mia anima della lentezza della domenica ed ora posso andare via.

La casa profuma delle risate delle bimbe, del profumo delle cose belle.

Il mio turno è già finito.

Ci vediamo al prossimo.

Dott.ssa Pittari Chiara

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mercoledì 14 febbraio 2024

Meglio felici che famosi

MEGLIO FELICI CHE FAMOSI

I genitori devono anche insegnare ai loro figli a gustare la gioia di vivere. Ma che cosa rende veramente felice un bambino?

I genitori dovrebbero insegnare ai loro figli a gustare la gioia di vivere. Ma che cosa rende veramente felice un bambino?

Se ci fosse una risposta a questa grande domanda, se potessimo conoscere la ricetta, che sollievo per i genitori! Come possiamo sapere se non stiamo sbagliando obiettivi e mezzi? Forse tornando all’essenziale, solo all’essenziale. Un bambino non può essere felice nel suo presente e nel suo futuro, se non si sente amato con un amore assoluto e incondizionato. Non perché sia bello, intelligente, affettuoso, gratificante, ma perché è lui.

I genitori possono anche insegnare ai loro figli a gustare la gioia di vivere. Amare la vita significa prestare attenzione positiva e gioiosa a ciò che facciamo, a ciò che vediamo, a ciò che sentiamo, a ciò che desideriamo; significa gioire del bello e del buono prima di lamentarsi del triste, del meno buono o del brutto. Significa credere che l’oggi è pieno di piccole e grandi meraviglie e che lo sarà anche il domani, perché la vita dà a chi cerca. Se questo non è uno dei segreti della felicità, è vicino. Nutrito da questi viatici, come potrebbe un bambino essere veramente infelice?

Il segreto

Alcuni anni fa un’indagine, che ha coinvolto migliaia di madri con almeno un figlio tra i 6 ed i 14 anni, ha dato risultati sorprendenti.

Il 72% delle mamme sogna un figlio calciatore; il 49% lo desidera attore; il 44% presentatore televisivo; il 35% imprenditore.

Queste le risposte per i figli maschi. Per le bambine le cose non cambiano: il 64% delle mamme le vuole cantanti, il 56% presentatrici televisive; il 43% ballerine; il 39% attrici/modelle; il 22% buone madri e buone mogli.

Insomma, le mamme desiderano figli emergenti, di successo. Figli famosi. Che dire?

Il genitore controcorrente ha buon gioco a rispondere. Il figlio che ha una madre ed un padre con attese tanto alte, infatti, è destinato al 90% alla tristezza. Sì, perché, quasi sicuramente, si sentirà in colpa per non essere in grado di realizzare i sogni dei genitori; quasi sicuramente sprecherà il tempo più bello della vita ad inseguire mete impossibili.

Ma vi è un’altra ragione, ben più profonda, che porta a dare ragione al genitore controcorrente. Non tutti gli uomini nascono per diventare famosi, tutti nascono per essere felici!

Il bisogno di gioia è scritto nel nostro patrimonio cromosomico genetico.

Ecco perché la pedagogista Elisabetta Fiorentini non ha dubbi: “Per un bambino, la gioia è importante come il pane e il companatico. Se non di più». Dunque la gioia del bambino non è da prendersi sottogamba!

Lo psicopedagogista Franco Frabboni è tassativo: “Se un bambino non ride, bisogna preoccuparsene!”. Parole vere e severe che hanno forti ricadute operative che il genitore controcorrente pratica in questo modo:

non obbliga il figlio a dimostrare d’essere un genio;

non lo costringe a fare l’adulto in anticipo;

si ricorda d’essere stato bambino pure lui;

non lo tiene inscatolato in casa come le statuine del presepio; 

lo sveglia con un bacio, non accendendo la televisione; 

lo coccola;

gli dà più calore che calorie;

ha sempre in mente il saggio proverbio africano: “Quando due elefanti si combattono, chi ci rimette è l’erba del prato”.

Magnifico programma, impegnativo, ma anche esaltante: far felice un bambino, nobilita l’uomo.

La domenica mattina

Da bambina ero felice ogni giorno di scuola, quando tornavo a casa e mia madre mi vedeva sulla soglia e interrompeva all’istante tutte le attività domestiche, si puliva le mani, si toglieva il grembiule, si rimetteva una ciocca di capelli vagante nell’orecchio e diventava madre. “Sono sicura che stai morendo di fame”, diceva, e questo le dava il via libera per prepararmi uno spuntino, un lungo panino imburrato e una tavoletta di cioccolato. Si sedeva accanto a me, guardandomi divorare, e quando una briciola di pane si attaccava al bordo delle mie labbra, faceva un gesto per rimuoverla sulla sua stessa bocca! Ciò che rende felice un bambino è giocare a nascondino e trovare il nascondiglio giusto, il sottile brivido tra il piacere di sfuggire a chi cerca e il desiderio di essere scoperto.

«Sono i giochi della domenica mattina, quegli abbracci sinceri, le risate e i pianti che vengono portati via, la sensazione potente di essere in una vera famiglia dove non può accadere nulla di brutto o doloroso. Gli stessi gesti, le stesse grida, lo stesso stupore deliziato e la voce languida del bambino che si ferma: “Fermati, papà, fermati ancora, ancora!” Mi stupisco sempre quando vedo e sento la gioia di un bambino al ricordo di un momento felice o imprevedibile con uno dei due genitori» scrive il professor Jacques Salomé. «Per esempio, una delle mie nipoti, Emeline, di sei anni, mi ha raccontato, ridendo di gusto, la reazione di suo padre a uno dei suoi scherzi. “Una domenica mattina, papà era ancora a letto, mezzo addormentato, gli sono saltata addosso, so che gli piace, e gli ho chiesto (con voce molto dolce): “Vuoi che ti lavi i denti? Suo padre, ancora insonnolito, acconsentì con un sussurro. Poi, dopo qualche secondo, in un lampo di lucidità, chiede alla figlia: “Dove hai trovato lo spazzolino? – Nel bidone della spazzatura dei vicini! Poi papà si è svegliato all’improvviso e ha detto “Uh, che schifo!” Aprì completamente gli occhi e mi chiese: “E l’acqua, dove l’hai trovata? – Sono troppo piccola, non potevo aprire il lavandino e quindi l’ho presa dal water!” Poi nonno, avresti dovuto vedere papà, si è alzato, saltando verso il soffitto, ridendo “Non è vero, non è vero! Non avrei mai dovuto mettere al mondo una ragazza così intraprendente!” Ed Emeline conclude, ridendo tra le braccia del padre: “Papà dice sempre che bisogna accontentarsi di quello che si ha!”

La felicità di un bambino è legata alla stabilità emotiva dei genitori e all’affidabilità e coerenza delle loro risposte. Quando, ad esempio, non si parla di lui, ma a lui! Quando non facciamo per lui, ma con lui! Quando si hanno desideri verso di lui, e non su di lui!».

Autore: Pino Pellegrino

Fonte: www.biesseonline.sdb.org

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