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mercoledì 24 novembre 2021

Preferisco non illudermi

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

PREFERISCO NON ILLUDERMI, ALMENO COSI’ NON RESTO DELUSA

Queste ragazze ne hanno viste tante, il loro carattere è temprato dalle delusioni e spesso è la rabbia accudita e rafforzata dalla lamentazione che le istiga alla stasi e al non sperare nulla per il futuro. 

<<Chiara preferisco non credere e partire sconfitta in partenza, almeno non mi illudo; che chi si illude resta deluso due volte>>

Il mio turno inizia così, ammetto che sapevo che sarebbe iniziato così.

Il futuro è temibile tanto quanto il presente è statico agli occhi di queste ragazze. Il mondo le da per scontate e spesso loro si comportano come tutti credono sia giusto comportarsi. 

Il mio turno inizia così, ammetto che sapevo che sarebbe iniziato così.

Il futuro è temibile tanto quanto il presente è statico agli occhi di queste ragazze. Il mondo le da per scontate e spesso loro si comportano come tutti credono sia giusto comportarsi.

<<Odio quando mi gridano contro, odio. Io resto calma fino ad un certo punto, poi non ce la faccio più, non mi faccio trattare così>>

Insegnare ad una ragazza che, prima di potersi avvalere di questa frase, deve farsi una posizione, dimostrare che non è quel che viene descritta, che deve giocarsi le carte dell'educazione, dell'orazione, del carisma, dell'intelligenza, della sapienza e della gentilezza prima di difendersi con toni bruschi e cupi, anche di fronte alle parole più ingiuste non è facile.

Queste ragazze ne hanno viste tante, il loro carattere è temprato dalle delusioni e spesso è la rabbia accudita e rafforzata dalla lamentazione e dal "dato per scontato" che istiga alla non azione ed alla....stasi.

Ti arrabbi con loro come educatore perché sei cosciente del fatto che è ingiusto sentirle arrese alle parole degli altri, che hanno visto troppe schifezze per sentirsi dire certe cose, che è ingiusto dopo tutto il lavoro fatto lasciarsi andare così. La pigrizia e la stasi adolescenziale sono di per loro pericolose, specie se avvalorate dalle parole di professori che non sanno, di amici con altrettanti problemi che tradiscono alle spalle, di familiari che abbandonano le speranze di un futuro sparendo nel nulla.

Una discussione lunga sul futuro che dipende unicamente da loro, dalla loro capacità di scegliere chi essere, di cosa fare.

Tante scuse, tante frasi sciocche, punizioni ipotetiche ed imminenti che penzolano sulle loro teste se le cose non cambiano, fino a quando iniziano i discorsi produttivi, o meglio le riflessioni...

<<Stasera esco e non mangio>>

Vado in cucina, la bimba finalmente dorme, la ninna nanna ha avuto la meglio. C'è del pane duro che diventa panzanella con la rucola e molto altro.

Preparo i crostini al rosmarino e olio per la zuppa di lenticchie e crostini con la mozzarella e lo speck e con la mortadella.

<<Anche se non mangi, ti siedi a tavola>>

Il profumo dello speck ripassato in padella riempie la cucina.

A tavola ci sono tutte, il piatto suo è a posto. Lei lo prende in silenzio, lo posa sul tavolo, lo riempie di quel che c'è nei vari vassoi da portata ed inizia a mangiare velocemente finché il sapore non le riempie l'anima e le rallenta la masticazione.

Un'altra ragazza a tutta voce sommerge la silenziosa degustazione.

<<Chiara ora viene il mio compleanno, dobbiamo fare i rustici, tre feste e poi ci dobbiamo organizzare>>.

Un'altra adolescente richiede torte, rustici ed altro, il tutto mentre la mia mente richiama bisognosa l'organizzazione su Google calendar e di mille sveglie per ricordarmi di tutto quello che bisogna fare.

<<Poi viene halloween, che facciamo? I biscotti???>> 

Intanto la prima celebrità di questo turno:

<<Io non esco più. Ci vediamo un film?>>

Stasera in 3 sono sul divano a guardare Quo Vado e ridono. Ne manca solo una, ma va bene così.

Nessuna di loro usa il telefono. L'aria è calma.

Domani è un altro giorno...

L'ultima frase della discussione è stata la mia.

<<Chi sogna e non tenta resta deluso tre volte>>

 

Dott.ssa Pittari Chiara

(Pedagogista, Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 17 novembre 2021

L'occasione da prendere al volo

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati 

L’OCCASIONE DA PRENDERE AL VOLO

Quando una ragazza in Casa Famiglia,  da sempre oppositiva e riluttante alla condivisione, ti mostra uno spiraglio per entrare nel suo mondo, non puoi certo lasciarti scappare l’occasione

 

<<Chiara facciamo le crepes?>>

Sperimentazioni.

Oggi pensavo a quanto il lavoro e la voglia di impegnarsi riescano a nobilitare l'animo.

Eppure questa ragazza, da quando è arrivata, non ha mai voluto fare qualcosa assieme, è sempre stata oppositiva alla socializzazione; riluttante alla condivisione, estranea al movimento.

 Eppure questa ragazza oggi ha avanzato una richiesta d'azione.

"Cogliere l'attimo, osservazione e sperimentazione" diceva il mio manuale.

L'impasto era troppo liquido e con i grumi.

Aggiungiamo la farina e mescoliamo minuziosamente.

L'impasto non si cuoce, si attacca al fondo. Riduciamo la fiamma. Cambiamo la pentola.

Questa crepe è troppo grande e poco cotta, metteremo meno impasto.

Le prime crepes erano informi, crude.

Man mano la loro forma si è arrotondata, il giallino pallido si è imbrunito di vivaci macchiette di cottura.

Lo spessore si è assottigliato ad ogni nuovo tentativo.

Ultime crepes: Forma impeccabile, colore esatto, consistenza giusta.

Il tentativo di riuscita, ha dimostrato questa ragazza oggi, è possibilmente ipotizzabile lì ove vi sia la voglia di modellare il proprio agire.

Una ragazza che finora era rimasta in cucina solo per pranzare e cenare, azioni a cui è costretta, oggi ha posto una richiesta.

Oggi ha richiesto un tentativo di messa in gioco al rischio di non riuscire, al rischio di critica.

Il "provare" è il principio dell'autocorrezione e l'autocorrezione è il prologo della riuscita.

L'educazione passa attraverso il tentativo, la richiesta e la voglia di buono.

Un turno spesso inizia in un modo e si evolve in tutt'altro. Una merenda assieme di tre personcine  usualmente litigiose fra loro.

Litigheranno ancora, su questo non v'è dubbio.

Eppure in un neutro pomeriggio d'autunno questa casa eccheggiava di risate e serenità.

Ogni tanto queste ragazze meritano un "brava", meritano un tentativo.

Mi chiedo se qualcuno abbia mai detto alla nuova arrivata un "sei stata brava, continua così". La mente risuona delle parole delle relazioni e mi dico che forse la risposta è no...

Le adolescenti ai fornelli sporcano l'impossibile, ascoltano musica alternativamente piacevole, ben lontana dalle canzoni di Lucio Dalla, mentre fanno qualcosa che a loro piace. Anche se sbagliano tecniche, anche se i loro modi non sono propriamente ortodossi, meritano che ci sia qualcuno che dica loro di tentare. Anche se ci vogliono 25 minuti per preparare il piatto della presentazione perché è "importante" che sia bello, vale la pena aspettare.

Una merenda semplice ma serena.

Oggi per la prima volta, siamo state assieme. Questa ragazza mi ha concesso di entrare nel suo mondo attraverso le sue canzoni, mi ha concesso di ascoltarla mentre parlava delle sue passioni perché la cucina è questo che fa: crea possibilità.

Io Intanto osservo ed imparo qualcosa di nuovo.

Si, mi dico, questa è stata una merenda davvero importante. Golosa ed importante.

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 10 novembre 2021

La mancanza di cultura segna i ragazzi

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LA MANCANZA DI CULTURA SEGNA SPESSO I RAGAZZI

Situazioni di profondo disagio spesso derivano da mancanze culturali, da genitori poco o affatto istruiti che non riconoscono il valore della scuola. Un ragazzo educato al pensiero non si omologherà alla massa che gli dirà di obbedire alle regole della strada, del dittatore di turno, della violenza di gruppo.


"La mancanza di cultura genera miseria".

Stasera rifletto su una delle principali motivazioni che spingono l'inserimento di un minore in comunità.

<<Il ragazzo o la ragazza dice parolacce, parla solo in dialetto, è oppositivo, fuma e fa uso di sostanze, ha atteggiamenti promiscui, vive in condizioni igieniche non adatte, abbandona la scuola, vive per strada. Nell'ipotesi più orribile il minore ha subito un abuso. Il minore è vittima di triangolazione genitoriale>>.

Molti dei nostri ragazzi derivano da situazioni di profonde mancanze culturali. Finanche i problemi economici hanno spesso una matrice sociale e culturale.

Genitori poco o affatto istruiti che non riconoscono il valore della scuola come istituzione che educa al "pensiero" poiché incapaci essi stessi di pensare. Genitori, deliranti di onnipotenza, poco o affatto in grado di gestire un conflitto sono in grado di smuovere universi pur di non ammettere un fallimento, piuttosto di ammettere "l'umiliazione" di una scusa, piuttosto che imparare a "litigare".

Genitori non educati all'igiene, al rispetto, alla "cura".

Molti dei nostri ragazzi sono cresciuti essendo figli di tutto questo.

Ricordo il manuale di Pedagogia Generale; recitava: "la famiglia è la prima e la più importante agenzia educativa".

La prima e la più importante agenzia educativa e spesso fa acqua da tutte le parti. Come può educare?

Figli della strada.

La strada, penso ai miei libri su Padre Pino Puglisi, istiga i ragazzi alla durezza, alla sopravvivenza, alla freddezza, all'odio verso le istituzioni da cui spesso si sentono abbandonati e non protetti, istiga i ragazzi alla delinquenza, quale facile inclinazione all'ottenimento di risorse economiche necessarie alla sopravvivenza e garanti di una vita degna di chi ha sofferto tanto. In strada si parla il dialetto perché quella è la lingua d'appartenenza; in strada non v'è bellezza. In strada gli adulti sono datori di lavoro del malaffare o nemici dell'infanzia che un tempo fu negata.

Molti dei nostri ragazzi derivano da ambienti di povertà economica derivanti dall'incapacità di genitori di rimboccarsi le maniche, dalla non voglia di agire, dalla voglia di lamentarsi del tutto.

Molti dei nostri ragazzi sono figli di genitori privi di cultura, che si annoverano fra la voglia di evadere dai doveri genitoriali e dalle regole. Privi di qualsivoglia gentilezza perché non sono anch'essi mai stati educati ad essa.

Un ragazzo abbandonato, che sa di essere solo, che ha vissuto per strada sa che deve sopravvivere non "vivere". Un ragazzo che vive per strada dipinge le strade dei suoi colori perché le pareti di casa sono i muri abbandonati delle periferie. Una ragazzo abbandonato parla il dialetto perché nessuno gli ha mai parlato del viaggio fantastico di Dante Alighieri, nessuno gli ha mai detto della voglia di Leopardi di scappare dai suoi genitori e da quella casa prigione, nessuno ha mai parlato dell'orgoglio di Socrate, nessuno gli ha mai detto il perché del definire la Guerra ed i totalitarismi pericolosi perché uccidono, il Perché il Brunelleschi realizzò una cupola impossibile, il perché l'arte dona all'uomo speranza di bellezza, il perché le poesie furono il principio della canzoni a cui ci si appiglia con forza, nella speranza di sentirsi meno soli..nessuno gli ha mai letto da bimbo un albo illustrato, e lasciato che si sognasse su quelle meravigliose immagini.

Ci sono casi e casi e su questo non v'è dubbio. Ma spesso i nostri ragazzi, con i loro racconti, dimostrano che la misera è figlia indiscussa della non conoscenza, della non cultura.

Il pensiero educa al confronto, educa alla messa in discussione, educa alla riprogettazione, educa alla non lamentazione, educa alla ricerca, educa alla bellezza.

In che modo vi chiederete?

Ebbene un ragazzo educato alla bellezza di perdersi in un quadro, non imbratterà mai un monumento. Un ragazzo educato alla buona musica saprà scegliere di non parlare male dei primi ribelli che scrissero le prime note della musica classica perché la ribellione insita in quella musica la sentirà vibrare nell'anima. Un ragazzo educato al pensiero non si omologherà alla massa che gli dirà di obbedire alle regole della strada, del dittatore di turno, della violenza di gruppo. Un ragazzo educato alla cultura del sesso non diventerà genitore in così tenera età, rischiando per questo di non essere in grado di gestire due o tre figli nati anch'essi nell'ignoranza che vivranno inevitabilmente per strada creando tortuosi circoli di continue ed inevitabili richieste d'intervento per il sostegno delle marginalità sociali.

Stasera ascoltavo una ragazza sbraitare contro un mondo di gente che non la comprende ed è colpevole gravemente di questo, ed è colpevole perché non è stata educata ad ascoltare il grido di una ragazza cresciuta troppo in fretta.

Il dialetto è meraviglioso quando è amore verso il proprio paese non quand'è difesa da un mondo per cui o sei così o sei fuori.

La non cultura genera miseria.

La cultura genera conoscenza, indipendenza, unicità, riconoscimento della specialità e della differenza, ricerca...

Ora mi chiedo se non siano queste le competenze in grado di combattere bruttezza, degrado ed abbandono...

Mi ostino all'idea che bisogna leggere libri, non arrendersi alla bruttezza di chi non conosce bellezza, insistere nella cultura perché educa alla vita.

Stasera pesco questo libro dalla libreria degli educatori.

Lo osservo e penso.

Penso che i nostri ragazzi sono attori itineranti su palcoscenici distrutti.

Il nostro lavoro è nascosto nel tentativo di donare loro gli strumenti per costruire teatri sempre più belli, in cui esibire la loro storia ed il proprio coraggio con orgoglio.

La cultura costruisce teatri, strade, musei, giardini, case, quartieri e speranze.

La cultura dona ad in nostri ragazzi la possibilità di esibirsi sul palcoscenico della vita con un copione differente da quello preimpostato, diverso da quello che ha visto i loro genitori crollare sotto il peso delle loro stesse scelte, della loro propensione a desistere, della loro lontananza dal bello, dal valore, dalla giustizia che un bambino merita.

Uno che racconti della complessità di un mondo che spesso si dimentica quanto sia difficile restare sotto i riflettori della vita mentre tutti ti osservano e nessuno ti guarda.

Dott.ssa Pittari Chiara

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Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

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mercoledì 3 novembre 2021

Le parole che dovremmo dire ai nostri ragazzi

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

LE PAROLE CHE DOVREMMO DIRE AI NOSTRI RAGAZZI

Dovremmo dirgli che non importa se i desideri non si realizzano, ma l’importante è desiderare. Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare. Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico. Che possono essere quello che vogliono. Ma non a tutti i costi.


Ci sono cose da dire ai nostri figli.

Come ad esempio che il fallimento è una grande possibilità. Si ricade e ci si rialza. Da questo s’impara. Non da altro.

Dovremmo dire ai figli maschi che se piangono, non sono femminucce. Alle femmine che possono giocare alla lotta o fare le boccacce senza essere dei maschiacci.

Dovremmo dire che la noia è tempo buono per sé. Che esistono pensieri spaventosi, e di non preoccuparsi.

Dovremmo dire che si può morire, ma che esiste la magia.

Ai nostri figli dovremmo dire che il giorno del matrimonio non è il più bello della vita. Che ci sono giorni sì, e giorni no. E hanno tutti lo stesso valore.

Che bisogna saper stare, e basta. E che il dolore si supera.

Ai nostri figli maschi dovremmo dire che non sono Principi azzurri e non devono salvare nessuno. Alle femmine che nessuno le salva, se non loro stesse. Altrimenti le donne continueranno a morire e gli uomini a uccidere.

Ai nostri figli dovremmo dire che c’è tempo fino a quando non finisce, e ce ne accorgiamo sempre troppo tardi.

Dovremmo dire che non ci sono né vinti né sconfitti, e la vita non è una lotta.

Dovremmo dire che la cattiveria esiste ed è dentro ognuno di noi. Dobbiamo conoscerla per gestirla.

Dovremmo dire ai figli che non sempre un padre e una madre sono un porto sicuro. Alcuni fari non riescono a fare luce.

Che senza gli altri non siamo niente. Proprio niente.

Che possono stare male. La sofferenza ci spinge in avanti. E prima o poi passa.

Dovremmo dire ai nostri figli che possono non avere successo e vivere felici lo stesso. Anzi, forse, lo saranno di più.

Che non importa se i desideri non si realizzano, ma l’importante è desiderare. Fino alla fine.

Bisogna dir loro che se nella vita non si sposeranno o non faranno figli, possono essere felici lo stesso.

Che il mondo ha bisogno del loro impegno per diventare un luogo bello in cui sostare.

Che la povertà esiste e dobbiamo farcene carico.

Che possono essere quello che vogliono. Ma non a tutti i costi.

Che esiste il perdono. E si può cedere ogni tanto, per procedere insieme.

Ai figli dovremmo dire che possono andare lontano. Molto lontano. Dove non li vediamo più.

E che noi saremo qui. Quando vogliono tornare.


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mercoledì 27 ottobre 2021

Sentirsi abbandonati

 Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

"Sentirsi abbandonati..."

‘’Ho paura di essere abbandonata...ho paura. Al telefono non mi rispondono più quando chiamo...’’.

‘’E se Natale lo passassi da sola? Dimenticata da tutti? Non si possono lasciare i bambini o i ragazzi da soli...a Natale’’.


Ogni sera, recentemente, lo squillo interminabile di un telefono mi annuncia che lei è lì sulla poltrona che attende, attende e attende che qualcuno risponda a quella chiamata ma...nulla; stasera non v'è risposta.

Subito dopo cena una ragazza mi chiede quando potrà vedere il ragazzo che vive in un altro paese, quando potrà tornare a casa, quando potrà riavere fra le mani la sua vita di sempre.

<<E se Natale lo passassi qui? Dimenticata da tutti? Non si possono lasciare i bambini o i ragazzi da soli...a Natale>>

Proprio oggi in preda alla più romantica voglia di Natale, preparavo i biscotti e pensavo agli addobbi, ai dolci, ai regali, alle sorprese nascoste sotto il mio meraviglioso albero di natale ...proprio stasera quello stesso Natale mi ha imposto un gran pena al cuore.

Io attendo il Natale per i biscotti, per godermi la bellezza dei ricordi della mia famiglia... perché il Natale si attende con gioia da che ero bambina. Stasera una ragazza con gli occhi segnati e gonfi di pianto mi ha chiesto, andando avanti di mesi, che ne sarà di lei...se quel giorno atteso tutto l'anno sarà la sola a rimanere in casa famiglia.

Quel telefono che squilla nell'attesa di una risposta.

Quel telefono che squilla nella speranza che ci sia qualcuno lì per lei.

Quel telefono il cui squillo almeno fa compagnia la notte prima di dormire.

Ed in un secondo lo spirito del mio adorato Natale mi pare lontano anni luce seppure oggi in me era così vivo.

<<Ho paura di essere abbandonata Chiara...ho paura. Al telefono non mi rispondono più quando chiamo...>>

Una ragazza nella penombra di una stanza grida quelle volte in cui ottiene risposta; grida l'ingiustizia di questa ‘reclusione’, grida la sua stanchezza, grida la sua rabbia.

Una ragazza stasera osserva la cameretta nuova appena arrivata che sarà montata per lei l'indomani...la guarda e non la sente minimamente sua.

Il telefono continua a squillare...

Stamane pensavo al Natale con le sue luci, i suoi colori...la voglia di passarlo in famiglia.

Stasera penso alle parole che mi mancano nel vedere la paura di essere soli al mondo negli occhi di una ragazza troppo giovane per vivere tutto questo.

L'indipendenza è l'unica vittoria per lei...arrivarci sarà dura.

Spero che domani la cameretta montata la accolga in un familiare abbraccio.

Lei non sa che proprio in quella stanza montiamo il nostro gigantesco albero a dicembre.

Mai stanza fu più appropriata, penso, per destinare il posizionamento dell'albero di Natale e dei lumi, dei regali e della speranza che lo decorano...mai come quest'anno spero che quel bagliore serva a donare un po' di luce nelle notti e nelle paure buie.

Sentirsi sole al mondo, a 16 anni.

Sono tanto lontane quelle luci stanotte, persino l'odore dei biscotti alla cannella si è dissolto nella memoria in rispetto di quello sguardo di stasera che fissava quel maledetto telefono...

Dormono tutte.

Ed io penso...

Dott.ssa Pittari Chiara

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mercoledì 20 ottobre 2021

La vita è un viaggio, non una destinazione

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

 LA VITA E' UN VIAGGIO, NON UNA DESTINAZIONE

Cosa fa un educatore? Vive una parte della sua storia assieme ai ragazzi...e un po' alla volta...si trasforma o magari scopre se stesso.

 

Le distese dei campi di grano scorrono veloci e sterminate sotto i miei occhi. Il treno sembra che ad un certo punto voglia inseguire la macchina su cui siamo; poi si muove per la sua strada...la macchina prosegue diritta nella sua direzione.

La mia collega vigile controlla la strada e spiega con la delicatezza tipica di una madre, alla ragazza a lei seduta accanto, dell'importanza che diventi ordinata, puntuale ed autonoma.

Abbiamo avuto un incontro con l'assistente sociale e stiamo tornando da Foggia.

Ascolto i loro discorsi eppure l'altra parte del mio cervello non riesce a smettere di pensare.

Con lei stiamo...sto...crescendo e tanto. È stata una fra le prime ragazze che ho conosciuto quando ho iniziato questo lavoro, la prima che mi ha dato il più lungo filo da torcere...una fra le tante che ha smontato e smonta tuttora le mie certezze e che spesso al rientro a casa continua a farmi girare i pensieri alla ricerca di risposte. Di domande ne fa tante e detto fra noi, molte delle sue stesse domande spesso...me le pongo anche io.

Fra poco si dovrà allentare la mano che con forza e delicatezza la stringe a me, a noi.

Lei a tavola racconta di politica, di moda, si fa domande su tutto.

Alle volte sembra studiare e rubare parole, espressioni dall'aria e dalla gente per farle proprie, incuriosita dal mondo. La ascolto quando parla ed a tratti me ne sento così... immensamente... fiera.

Il suo disordine corrode i miei turni, i suoi scatti d'ira sono vulcani esplosivi capaci di sotterrare una casa...eppure questa ragazza...sta crescendo. La vedo crescere, la vedo specchiarsi prima di uscire e chiedere consiglio su come stia, se vada bene l'abbigliamento o sia consono per l'occasione. Mi parla delle sue canzoni, dei suoi innamoramenti. Certe volte con picchi di coraggio a scapito d'orgoglio ammette le sue paure.

Quest'anno sarà il più intenso per noi, per lei. Dovremo lavorare a mille perché il termine o la ‘scadenza’ si sta avvicinando.

A tratti ho paura... ho imparato a riconoscere questo sentimento.

Questo è un lavoro che non si spiega con le carte, non si racconta con semplicità. Ancora non so dirmi con certezza di cosa mi occupo quando attacco il turno.

A tratti la ascolto e...racchiudo alcune parole nella mia scatola dei ricordi in cui ho nascosto anche i miei sogni per lei.

Un giorno la riaprirò ed oltre a lei...ci troverò me stessa e le mie speranze.

Certe volte torno a casa con mille pensieri, domande sul futuro, domande su quel che accadrà loro.

A fine turno mi concedo un bicchiere di vino, spesso una canzone e sembra quasi che in quel frangente i ricordi si uniscano fra loro in una scia argentata che scorre nella mia mente come i ricordi nel pensatoio di Silente.

Cosa fa un educatore?

Vive una parte della sua storia assieme ai ragazzi...e un po' alla volta...si trasforma o magari scopre se stesso. Non saprei .

Schiere di palazzi si rispecchiano sui finestrini... siamo arrivate a casa.

 

Dott.ssa Pittari Chiara

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Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.

mercoledì 13 ottobre 2021

L'importanza delle parole

Rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

L’IMPORTANZA DELLE PAROLE

 

Le parole  sono importanti, possono ferire, procurare dolore ma possono avere anche una forza rigeneratrice. Con gli anni, nel nostro lavoro, impari a dosarle, le scegli con cura,    parole piene di speranza, che guariscono ferite e accarezzano l'anima. Se poi alle parole dai testimonianza, pur con tutta la fragilità del tuo essere educatore, allora troverai sicuramente la chiave che apre un cuore blindato come quello dei nostri ragazzi.

 



PAROLE

 

Gioco in difesa,

ma quanta fatica!

Gli avversari cercano un passaggio,

ma io sono brava

non mi lascio lusingare dalle belle parole!

Io non mi apro!!! …

………….

Le parole mi hanno lasciata sola.

Mi piace il loro suono:

Bene, Amore, Fiducia…

Arrivano dritte al cuore

e lo sento palpitare.

È, questo nuovo sentire ,

ciò che chiamano VITA ???

Vorrei arrendermi

a queste emozioni nuove,

ma ho paura…

faccio resistenza…

Sono di nuovo sola,

non devo più giocare in difesa.

Le parole?!? …

… le ho solo assaporate

ma ne ho già nostalgia

 

De Martino Stefania

(Educatrice presso la Casa Famiglia Murialdo)

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‘Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati’

 

Cos’è la rubrica: Danzanti col vento...storie e racconti di educatori appassionati

Da un po’ di tempo la mente di noi educatori è talmente colma di pensieri e riflessioni che spesso straripa . Lo scrivere è diventato per noi salvataggio indelebile, la messa al sicuro dei momenti della vita che trascorriamo con in nostri ragazzi.

Noi educatori spesso la notte scriviamo pagine di una vita vissuta fra le mura condivise con degli sconosciuti che a tratti riescono a sentirsi parte di una casa, parte di una famiglia

Un giorno abbiamo deciso di raccontare e di raccontarci per mostrare anche oltre le nostre mura, la bellezza di una giornata trascorsa assieme ai nostri compagni di strada, la paura verso i giorni che verranno, gli aneddoti divertenti dei giorni di sole e le tempestose giornate di pioggia.

Raccontare è per noi un dono ed è prezioso perché permette di rivederci nello specchio e comprendere che vi è sempre da imparare, perché noi danziamo  e danziamo col vento.